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G20 Made in Italy tra speranze e criticità

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Dopo il World Economic Forum sarebbe bene si accendessero i riflettori sul G20, in considerazione della rilevanza politica degli eventi che ne costituiscono l’agenda e che finora sono stati oscurati dalla crisi del governo Conte e dai primi passi del governo Draghi. La riflessione di Alberto Bencistà.
G20 Made in Italy tra speranze e criticità
I lavori del G20 sono iniziati l’1 dicembre 2020 sotto la presidenza italiana e si concluderanno con il vertice dei leaders mondiali a Roma, il 30 e 31 ottobre prossimi, che sarà presieduto da Mario Draghi in quanto presidente del consiglio italiano.
La prima riunione ufficiale del G20 si tenne a Berlino nel 1999 e vi parteciparono i ministri delle finanze del G7 per valutare le conseguenze della crisi economica del 1977 (cominciamo a perdere il conto delle crisi economiche) ma su proposta degli Stati Uniti fu allargato ai capi di Stato e di governo dopo la crisi finanziaria del 2008, e dal 2010 si riunisce con cadenze annuali. Dal 2015, con l’adozione da parte delle Nazioni Unite dei 17 Sustainable development goals e dopo la firma dell’Accordo di Parigi sul clima, l’agenda del G20 ha cominciato a concentrarsi su questioni di più ampia rilevanza globale. La lotta al cambiamento climatico, le migrazioni, la digitalizzazione, l’occupazione, i sistemi sanitari, la parità di genere e gli aiuti allo sviluppo hanno iniziato ad essere temi trattati al forum internazionale.
Il programma del 2021 è condensato nelle tre parole: people, planet, prosperity. Tre «P» strettamente interconnesse e tra loro complementari perché, come si legge nel documento ufficiale del summit: «L’umanità si trova oggi ad affrontare ingenti sfide globali, con impatti diretti sulla vita e il benessere della popolazione mondiale. Il G20, consapevole del proprio ruolo, è fermamente impegnato nella ricerca di risposte coordinate, eque ed efficaci, capaci di porre le basi per un futuro migliore e sostenibile».
In effetti, nei mesi che ci separano dal vertice finale di Roma saranno organizzati incontri sulle questioni più rilevanti e urgenti ai massimi livelli della rappresentanza politica ed economica e ne cito solo alcuni: il 3 maggio, a Roma, i ministri della cultura, il 4 quelli del turismo e il 21 si svolgerà il vertice sulla salute. Ancora, a Napoli, il 22 luglio sarà la volta dei ministri dell’ambiente e a Firenze, il 19 e 20 settembre, si incontreranno i ministri dell’agricoltura con il seguente ordine del giorno:
• sostenibilità e resilienza dei sistemi agroalimentari;
• contributo all’agricoltura dei paesi in ritardo rispetto all’obiettivo fame zero;
• contributo al dibattito preparatorio per il vertice Onu sull’alimentazione.
Le aspettative e le speranze suscitate dal G20 sono molte, ma non possiamo nascondere neppure le critiche a un’iniziativa che ha alcuni punti deboli, quali l’assenza pressoché totale delle nazioni dell’Africa (solo il Sudafrica ne fa parte) e la natura esclusivista del forum, che è composto da Stati che si sono autonominati ed esclude ben 173 nazioni che fanno parte dell’Onu. A maggior ragione, le associazioni non governative e i variegati movimenti della società civile dovrebbero far sentire la loro voce e le loro proposte in occasione degli incontri ufficiali, pensando anche all’altro evento del 2021, e cioè la COP26, ovvero la conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici che si terrà in Scozia dall’1 al 12 novembre, e che avrà due appuntamenti a Milano: l’evento giovani, dal 28 al 30 settembre, e il Precop, dal 30 settembre al 2 ottobre.
 
Alberto Bencistà è presidente di Toscana Bio e rappresentante della Toscana di Federbio.
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Articolo tratto dalla rubrica Spunti di vista

Leggi la rubrica sul mensile Terra Nuova Aprile 2021
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