Dalla teoria della seduzione di Freud alla moralità delle orche marine. Dopo aver a lungo indagato la psiche umana e quella delle altre specie, con la stesura di un nuovo romanzo sull’Olocausto, Jeffrey Moussaieff Masson riflette sulla nostra inclinazione alla violenza. Che non trova alcun riscontro in natura. L’articolo di Rita Spàngaro sul celebre psicanalista.
Fisico agile, sguardo vivace e una gran parlantina. Che Jeffrey Masson abbia quasi 76 anni non lo direbbe nessuno. Merito forse della sua passione per gli animali, dei tanti viaggi che lo portano spesso anche in Italia, dove vorrebbe presto abitare, oppure della scelta vegan. Certo è che l’entusiasmo che esprime è contagioso, come del resto la voglia di mettere in discussione anche le idee più radicate. Non sorprende che il libro con cui ha raccontato la vita interiore degli animali, Quando gli elefanti piangono, edito in Italia da Tropea nel 2010 e riedito nel 2015 da Orme Editori, sia divenuto un bestseller a livello mondiale, contando solo negli Stati Uniti un milione di copie vendute.
Difficile, incontrandolo, pensare che non si occupi di animali da sempre. Eppure ha iniziato la sua carriera come professore di sanscrito. Una noia mortale, assicura, cui è seguita l’attività di psicanalista freudiano, fino ad assumere negli anni il prestigioso ruolo di direttore dei Freud Archives. Ma la sua posizione critica nei confronti della teoria della seduzione di Sigmund Freud lo ha presto messo in urto con la figlia del padre della psicanalisi, Anna Freud, portandolo al licenziamento. «Ero diventato l’anticristo nella chiesa della psicoterapia» ammette. «Ma non me la presi. Del resto ero un pessimo psicanalista, ho sempre preferito parlare piuttosto che ascoltare. Ed ero ormai convinto che la psicanalisi fa solo finta di capire le persone». Era quindi arrivato il momento di dedicarsi a qualcosa che lo interessasse veramente: studiare le emozioni degli animali. Amore, gioia, rabbia, gelosia, ansia, dolore.
In poco più di vent’anni Jeffrey Masson ha scritto tredici libri per scandagliare da vicino ciò che provano le altre specie. Dopo aver commosso il mondo con I cani non mentono sull’amore e Il maiale che cantava alla luna, con il libro Le bestie siamo noi, edito in Italia da Sonda nel 2014, lo psicanalista degli animali è giunto alla conclusione che non solo la nostra visione degli altri animali è completamente distorta, ma anche il nostro linguaggio: «Quando diciamo di qualcuno che ha “un cervello di gallina” o che “è un maiale” esprimiamo la nostra ignoranza sulle altre specie e la necessità di sentirci moralmente superiori». E invece, assicura, dagli animali avremmo tanto da imparare. Perché le azioni più «bestiali» appartengono soprattutto a noi. Una verità scomoda, ma che emerge in tutta la sua drammaticità nel romanzo sull’Olocausto a cui sta lavorando, Evian 1938, che lo ha portato a trasferirsi a Berlino per alcune ricerche alla fine dello scorso anno e che proprio in questi mesi lo condurrà in Italia per raccogliere materiale sugli attentati a Benito Mussolini, oltre che per seguire le tracce del suo scrittore preferito: Primo Levi.
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