Tra i numerosi convegni, incontri e laboratori che hanno animato il Terra Nuova Festival dello scorso giugno, l’appuntamento sui grani antichi è stato sicuramente uno dei più partecipati. Agricoltori, docenti universitari, medici, attivisti impegnati nella salvaguardia di vecchie sementi e consumatori si sono confrontati su un tema divenuto molto popolare negli ultimi anni.
Grani antichi e nuove consapevolezze
In coda al convegno, dialogando con il professor Stefano Benedettelli dell’Università di Firenze, e con Claudio Pozzi della Rete Semi Rurali, ci siamo trovati concordi nel riconoscere una sorta di parallelismo tra quanto accaduto venti-trent’anni fa per il biologico e il successo che attualmente sta toccando i grani antichi.
Oggi, acquisire prodotti biologici e biodinamici è diventato facile e relativamente a buon mercato. Si trovano dappertutto e in tutte le tipologie possibili. Ma la loro grande diffusione non ci è stata certo regalata.
È il frutto dell’impegno e della passione di tanti agricoltori, consumatori e ricercatori che nei primi anni ’80 hanno fatto propria la necessità di abbandonare il metodo di coltivazione convenzionale, consapevoli delle gravi ricadute sull’ambiente e sulla salute, nonché sul valore nutrizionale degli alimenti.
Così come l’inquinamento dell’ambiente e degli alimenti è stato la molla che ha fatto nascere il movimento per l’agricoltura biologica, oggi la pandemia della celiachia ha fatto emergere la superiorità nutrizionale delle antiche varietà di frumento. E così, come è accaduto in passato per promuovere il biologico, quando ci si è dovuti scontrare con la chiusura del mondo accademico, delle associazioni degli agricoltori e del cosiddetto “mondo scientifico”, adesso bisogna difendersi dalle bordate di coloro che sparano a zero sulla “bufala dei grani antichi”.
Ma alla fine a trionfare è sempre il buonsenso, e così come è successo per il biologico, anche la coltivazione delle antiche varietà di grano si sta diffondendo con grande successo, dalla Sicilia alla Lombardia.
Grani scartati nel dopoguerra perché poco produttivi e difficili da forzare sono tornati ad essere coltivati, arricchendo la biodiversità delle nostre campagne. Frumenti come Timilia, Solina, Saragolla, Gentil Rosso, Senatore Cappelli, Khorasan, che solo pochi anni fa rischiavano l’estinzione, sono diventati popolari e ricercati.
Anche in questo caso, la forza dei consumatori, grazie ad agricoltori coraggiosi e medici coscienziosi, è riuscita a imporsi sull’agrindustria che ai grani antichi preferisce frumenti standardizzati e iperproduttivi.
Una vittoria che dovrebbe far riflettere sui grandi risultati che si possono ottenere quando da fruitori passivi di merci diventiamo “consum-attori” consapevoli, in grado di modificare gli equilibri e i dettami di un mercato divenuto sempre più globale e impositivo.
–