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Il manifesto etico della permacultura

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Dal mensile Terra Nuova Novembre 2016, dove trovate l’articolo “Addio al padre della permacultura” in ricordo di Bill Mollison, lo scienziato australiano che ha fondato il movimento, riportiamo i punti salienti del manifesto etico della permacultura.

Che cos’è la permacultura?

La permacultura si può definire come un sistema di progettazione per insediamenti umani ecosostenibili, fondati sulla centralità dell’agricoltura e su un’attenzione particolare al territorio. Si può definire anche come ecologia applicata, i cui principi di riferimento sono estrapolati dall’osservazione della natura. A monte di questa osservazione c’è una domanda precisa: come fanno i cicli naturali a ripetersi instancabilmente nel tempo? In che modo la fertilità di un bosco o di un pascolo naturale si rinnova automaticamente senza bisogno della distribuzione di concimi, lavorazioni e altri interventi colturali? Da questa osservazione, Bill Mollison e David Holmgren hanno ricavato i principi di base della permacultura, termine che nasce dalla fusione di «permanent» e «agricolture», a significare l’importanza di passare da un modello agricolo basato in gran parte su colture annuali energivore a uno schema che invece, su esempio degli ecosistemi naturali, punta alla creazione di colture pluriennali caratterizzati da bassi consumi di energia fossile e impiego ridotto di lavoro umano.

Il manifesto etico della permacultura

I modi in cui possiamo adempiere i principi etici di cura della terra nella nostra vita sono i seguenti:
• considerare le conseguenze a lungo termine delle nostre azioni e pianificare in direzione della sostenibilità;
• dove possibile, utilizzare specie locali o quelle adattate note per essere benefiche, poiché l’introduzione sconsiderata di specie potenzialmente infestanti potrebbe disturbare gli equilibri naturali;
• coltivare la minore estensione di terreno possibile, pianificare sistemi a piccola scala, intensivi ed efficienti dal punto di vista energetico, piuttosto che sistemi su larga scala, estensivi e dispendiosi;
• preferire produzioni diversificate e policolturali (in opposizione alla monocoltura) che assicurano maggiore stabilità al sistema e sono in grado di fornire risposte più rapide ai cambiamenti di tipo ambientale o sociale; • incrementare la produttività complessiva del sistema, considerando le rese fornite da piante annuali, colture perenni, pascoli, alberi e animali, e quantificando come resa anche l’energia risparmiata;
• utilizzare sistemi ambientali (solari, eolici e idrici) e biologici (piante e animali) a basso consumo energetico, per conservare e generare energia;
• reintrodurre la coltivazione di specie alimentari nelle città, come si è sempre fatto nelle società sostenibili;
• aiutare le persone a diventare autosufficienti promuovendo la responsabilità sociale;
• rimboschire e restaurare la fertilità dei terreni;
• usare ogni cosa al massimo livello possibile riciclando tutti gli scarti;
• vedere le soluzioni, non i problemi;
• impegnarsi laddove ha senso farlo (piantare un albero dove potrà sopravvivere; assistere le persone che vogliono imparare).

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Novembre 2016

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