È in un istante che abbassiamo la guardia e ci scopriamo un po’ meno soli… l’Editoriale di Novembre
Quando ogni tanto succede che mi alzo la mattina e arranco nel tentativo di dare un senso alla mia vita, prendendo il treno per andare al lavoro ho come la sensazione di essere l’unico a sentirmi così: mi sembra di vedere attorno a me solo persone felici, o comunque in qualche modo solide nel proprio ruolo. E probabilmente dall’esterno sembro così anche io, che con pudore maschero tenacemente il mio tormento.
In una mattina di queste, qualche mese fa, scendendo dal treno mi è passato accanto un netturbino, al volante della sua Ape, che si è fermato poco più avanti ed ha aperto lo sportello per uscire giusto in tempo perché i nostri sguardi si potessero incontrare per qualche frazione di secondo. Mi ha accennato un sorriso d’intesa, e in quell’istante ho avuto la netta sensazione che avesse indovinato i miei sentimenti e che mi stesse dicendo: «A chi lo dici, amico mio…». Forse per un attimo avevo abbassato la guardia, lasciando passare la comprensione di uno sconosciuto, che è bastata per cambiarmi completamente la giornata.
Nella società attuale sembra che si debba per forza essere, ma soprattutto sembrare felici, a suon di selfie e apparenza. Ma come mi disse una volta un ragazzo in carrozzina: «Ognuno di noi ha una sedia a rotelle nascosta da qualche parte». Se vogliamo cambiare questo mondo, non dobbiamo temere la nostra fragilità. Non dobbiamo avere paura di mostrare agli altri la nostra sedia a rotelle.
Farlo ci renderà più forti.
La presa di coscienza collettiva delle incertezze riguardo al futuro e dei cambiamenti radicali che, volontariamente o involontariamente, interesseranno le nostre vite nei prossimi anni, sta avendo su di noi effetti psicologici non indifferenti.
Trovare il modo di esprimere il nostro disagio, anche semplicemente abbassando la guardia per qualche secondo, ci dà la possibilità di squarciare un velo ed essere riconosciuti da chi condivide con noi gli stessi tormenti e lo stesso cammino. Ci dà modo non solo di sentirci meno soli, ma anche di far sentire meno soli gli altri.
E tutto inizia dalle cose piccole, dagli istanti: è il miracolo del netturbino.
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