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Il treno dei desideri

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La progressiva dismissione di chilometri di rete ferroviaria ha portato a un aumento dell’inquinamento, con il progressivo aumento dell’uso dell’auto come mezzo per andare a lavoro. E allora perché non tornare a investire nelle reti ferroviarie locali per invertire la tendenza?
Da bambino ero molto affascinato dalla stazione che troneggiava all’ingresso del mio piccolo paese. In realtà si trattava di un unico binario che finiva a poche centinaia di metri dalle prime case.
Quella stazioncina, buttata lì come un punto esclamativo nel nulla, era una sorta di ponte tra il Gargano e il resto del mondo. Da lì arrivavano tutte le novità e da lì partivano i nostri migranti in cerca di fortuna in Svizzera e in Germania. Via via negli anni, quel ponte si è gradualmente rinsecchito, i treni sono diventati sempre più radi, finché un bel giorno quell’unico binario è stato ricoperto dall’asfalto.
Un destino comune a tantissime altre stazioni e tratte della nostra rete ferroviaria. Dal 2002 a oggi sono stati dismessi ben 1323 chilometri di linea ferroviaria, soppiantati da autostrade e superstrade o umiliati dall’alta velocità. Peccato che tutta questa velocità si porti dietro viaggiatori indesiderati, come le polveri sottili e il biossido d’azoto. Nel 2017 sono state 39 le città italiane che hanno sforato i limiti di legge per l’inquinamento atmosferico, tanto da far avviare alle autorità europee una procedura d’infrazione a nostro carico, senza considerare l’incremento di produzione di CO2 e gli incidenti stradali. Ma mentre i finanziamenti statali e regionali continuano a premiare per il 60% il trasporto su ruote, ogni giorno 5,51 milioni di pendolari salgono su un treno che, come nella celebre canzone di Celentano, sembra andare all’incontrario o quasi, vista la velocità media che si attesta intorno ai 33 km orari.
Il numero dei pendolari, in continua crescita, sembra contraddire il record tutto italiano dell’auto come principale mezzo di trasporto per recarsi a lavoro (69% contro 61% della media europea), ma a ben vedere si tratta di un primato in gran parte dovuto alla plateale inefficienza, all’affollamento e alla vetustà dei mezzi pubblici. Prova ne è che, laddove la qualità del servizio pubblico migliora, aumenta il numero di viaggiatori. È quanto è accaduto in questi anni in Alto Adige, Friuli e in alcune linee abruzzesi.
È evidente che non ci potrà essere una riduzione significativa dell’inquinamento veicolare e delle emissioni di CO2 finché non ci sarà un ribaltamento degli investimenti a favore delle linee ferroviarie locali.

Editoriale tratto dal mensile Terra Nuova Marzo 2018

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