Il bicchiere ha un perimetro circoscritto. Se si vuole bere bene si deve ampliare la prospettiva e guardare al di fuori del cerchio. È importante quello che c’è dentro, certamente, ma fuori dal bicchiere c’è tutto un mondo da scoprire, a partire dalla vigna, dai paesaggi e dall’impegno delle persone che lo hanno prodotto.
I dettami della filosofia Slow Food parlano chiaro: un prodotto sano deve essere buono, pulito e giusto. Un approccio declinato anche al vino e condiviso da centinaia di viticoltori di tutto il mondo, dalle diverse regioni italiane a quasi tutti i paesi del Vecchio Continente, dalle Americhe fino al Sudafrica, che si riconoscono nella rete Slow Wine Coalition. I principi di fondo sono elencati nel Manifesto Slow Food, che mette l’accento sulla sostenibilità ambientale, la tutela del paesaggio e il ruolo culturale e sociale che le aziende vitivinicole possono giocare nei territori dove operano.
Un settore in fermento
Negli ultimi due anni il mondo del vino ha sofferto l’emergenza Covid, ma senza piegare la testa ha saputo rialzarsi, mostrando di essere in continuo fermento. L’annus horribilis è stato il 2020, con il lockdown che ha messo in ginocchio diversi produttori. Ma nel 2021 c’è stata una netta ripresa, con una crescita che ha riportato il fatturato totale a livelli prepandemici.
In Italia, i duecento operatori che collaborano alla stesura della Guida Slow Wine sono potuti tornare a ispezionare le vigne e le cantine, trovandosi di fronte a un’ulteriore maturazione del contesto produttivo, sempre più pronto a interpretare il proprio lavoro in chiave sostenibile e a rispettare la peculiarità dei territori.
Non si può certo negare che, negli ultimi decenni, la viticoltura abbia imposto un modello di produzione industriale devastante. Una rincorsa alla produttività che ha stravolto la biodiversità dei terroir e distrutto gli ecosistemi a suon di monocolture. Ma, da qualche anno, il vento sembra essere cambiato. È cambiata la sensibilità dei consumatori e la sostenibilità è diventata l’imperativo del secolo, anche se questa parola, come sappiamo bene, rischia sempre di rimanere sulla carta. Tutti gli appassionati del culto di Bacco qualche domanda devono pur farsela.
Chi conosce l’impatto reale della viticoltura non può non percepire le note amare di questo approccio. Per il controllo delle principali malattie fungine, la peronospora e l’oidio, la viticoltura europea, che interessa circa il 3% della superficie agricola, impiega ben 62 mila tonnellate/anno di fungicidi, pari al 65% di tutti i fungicidi usati in agricoltura1. In Italia, un quarto dei 120 milioni di chilogrammi di fitofarmaci usati (30 milioni) finiscono nel comparto viticolo.
Ma il danno non finisce qui: per far spazio alle vigne i paesaggi sono stati troppo spesso sacrificati e ricoperti di cemento. Il consumatore oggi può tornare a scegliere tra un vino industriale e una produzione artigianale di qualità.
Un vino senza veleni
Sappiamo che i produttori del vino, anche quelli più fedeli alla tutela ambientale, non hanno sempre accolto con favore la certificazione biologica. Ma negli ultimi dieci anni la produzione biologica è raddoppiata. Il report Wine monitor, l’osservatorio di Nomisma dedicato al mondo vinicolo, rileva una crescita del 60% in tre anni e un consumo interno che nel 2021 sfiora quota 50 milioni. Il 59% dei consumatori vede nei vini bio una qualità superiore rispetto a quelli convenzionali.
Giancarlo Gariglio, curatore della Guida Slow Wine 2022, ci fa una radiografia precisa dei vini artigianali di alta qualità recensiti dalla guida, la cui percentuale è passata dal 10-15% al 30-40% negli ultimi dieci anni. «Poi ce ne sono molti altri che non sono certificati e si definiscono naturali» spiega, «un po’ per convinzione, un po’ per una sorta di anarchia. Vero è che all’inizio il pregiudizio verso la certificazione era più forte, e non si pensava che potesse qualificare l’etichetta. Ma la spinta dei mercati esteri ha cambiato un po’ le carte in tavola: per americani, tedeschi e scandinavi la certificazione conta eccome!».
Durante l’evento Slow Wine Fair di Bologna, in programma a fine marzo, verranno organizzati tre importanti convegni in digitale: uno sulla sostenibilità ambientale, uno sulla tutela del paesaggio e uno sul ruolo sociale della cantina. «Sono i tre pilastri del nostro manifesto» argomenta Gariglio «e vogliamo che vengano affrontati e condivisi. Succede spesso di veder costruire mega cantine in cemento in zone fragili di alta collina e in pendenza. Noi siamo convinti, invece, che la viticoltura possa fare da volano per il rispetto del paesaggio e il ripopolamento delle campagne. E che possa essere la sentinella della biodiversità».
«Dal prossimo anno nella guida Slow Wine, che seleziona le migliori cantine italiane, non inseriremo più le aziende che fanno diserbo chimico. Sulla guida abbiamo voluto incentivare fin dall’inizio le buone pratiche. Alla fine di ogni scheda diamo informazioni che vanno al di là della valutazione del bicchiere: sulla modalità di diserbo, sull’eventuale acquisto delle uve, sull’uso dei lieviti selezionati, industriali o da fermentazione naturale. L’attribuzione della chiocciola o dell’eccellenza “Top Wine”, che sono i massimi riconoscimenti, implicano l’assenza di diserbo chimico nei vigneti. Non si tratta di una semplice dichiarazione dell’azienda, ma di un fattore che i nostri operatori, opportunamente formati, sono in grado di valutare durante le visite alle aziende».
C’è tanta voglia di ripartire col piede giusto e di reinterpretare il concetto di qualità, oltre i confini ristretti della degustazione. Del resto, anche la percezione del gusto sta cambiando, allontanandosi dagli stereotipi e dalle scorciatoie di sommelier troppo addomesticati. Adesso non resta che sperare in una rapida ripresa dei contatti vis à vis e degli scambi internazionali, per far sì che il vino torni a essere occasione di incontro e condivisione.
Note
1. Viticoltura sostenibile e valorizzazione delle risorse territoriali nella filiera vitivinicola, Edizioni Università di Nova Gorica (2015).
Sana Slow Wine Fair
La prima edizione di Sana Slow Wine Fair si terrà da domenica 27 a martedì 29 marzo alla Fiera di Bologna, con circa 800 cantine provenienti da tutto il mondo che aderiscono alla Slow Wine Coalition. Un evento per vignaioli, professionisti e appassionati del vino, realizzato con la direzione artistica di Slow Food, la collaborazione di Società Excellence e la partecipazione di FederBio. L’evento era in programma alla fine di febbraio: lo slittamento è stato deciso per favorire lo svolgimento in sicurezza e agevolare la partecipazione degli operatori nazionali e internazionali che stanno dimostrando grande attenzione a questo nuovo evento. Sono previsti tre convegni online e degustazioni guidate.
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Articolo tratto dalla rubrica #Cibo Ribelle: i protagonisti