L’innovazione per il futuro dell’agricoltura non sta nel ricorso alle nuove tecniche dell’ingegneria genetica, ma nell’adozione di un approccio olistico. Le considerazioni di Maria Grazia Mammuccini.
L’Europa, con le strategie Farm to Fork e Biodiversità, ha adottato una svolta strategica, investendo sulla transizione ecologica dell’agricoltura e puntando a triplicare entro il 2030 le superfici coltivate a biologico e a ridurre del 50% l’uso di pesticidi. Raggiungere questi obiettivi costituisce una sfida di grande rilevanza, poiché significa introdurre pratiche agroecologiche già utilizzate nel biologico anche per il resto dell’agricoltura.
Ricerca e innovazione saranno decisive per affrontare un cambiamento di questa portata ed è essenziale che siano fortemente ancorate ai principi dell’agroecologia e che garantiscano ai prodotti biologici una chiara distintività a partire dalle tecniche di selezione genetica.
Sono molti, infatti, coloro che per ridurre l’uso dei pesticidi propongono il ricorso alle nuove tecniche d’ingegneria genetica anche per l’agricoltura biologica. Ma una strategia a sostegno del biologico e della transizione ecologica dell’agricoltura non è compatibile con gli ogm e neanche con i prodotti derivanti dalle nuove biotecnologie. L’agricoltura biologica si fonda sull’agroecologia e quindi su un approccio sistemico e inclusivo che vede l’azienda agricola e il territorio rurale come sistemi integrati basati sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali e agronomiche orientate, prima di tutto, all’incremento della fertilità del suolo, al mantenimento di un alto livello di biodiversità e alla salvaguardia delle risorse naturali.
L’innovazione per il futuro dell’agricoltura per noi è questa: adottare un approccio olistico puntando sulla resilienza dei sistemi agroecologici piuttosto che su quella della singola pianta ed è in questa direzione che è necessario investire maggiori risorse in termini di ricerca, innovazione e sistemi di conoscenza.
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Articolo tratto dalla rubrica Mondo Bio
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