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L’arte della disobbedienza

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Abbiamo intervistato Igor Sibaldil. Un eretico del nostro tempo che continua a sfidare il comune modo di pensare, facendo della disobbedienza una virtù fondamentale per la nostra evoluzione.
Stai pensando che gioire è difficile? Che vedere il bello in un mondo come questo è uno sforzo notevole? Che è come mettersi i paraocchi e guardar poco, perché se allarghi il campo visivo è inevitabile che ti spaventi un po’? Ne convengo. E non intendevo incoraggiarti a praticare quella limitazione dell’intelletto che oggi, da poco meno di un secolo, si va propagando con il nome di «pensiero positivo». Non voglio che tu decida a priori di essere contento comunque stiano andando le cose. Mi preme che tu ti abitui a non aver paura di gioire, nonostante il modo in cui va il mondo.
– da «La disobbedienza»
 
Igor Sibaldi è un intellettuale molto prolifico. Ha al suo attivo una trentina di saggi, sette titoli di narrativa e una valanga di traduzioni dei giganti della letteratura russa, da Tolstoj a Gogol fino a Dostoevskij. Ma soprattutto è conosciuto per il grande coraggio con cui ha affrontato i testi sacri e intrapreso un viaggio alle radici del pensiero occidentale, stravolgendo le convinzioni che ancora oggi permeano il nostro modo di pensare e di agire come individui e come società.
In un’altra epoca molti dei suoi libri sarebbero sicuramente finiti sul rogo. Invece, oggi, il suo incalzare eretico sembra molto convincente e traccia nuove affascinanti strade da percorrere per uscire dalla crisi che attanaglia l’uomo moderno.
Nel suo libro Il mondo dei desideri, ci riporta alla dimensione del desiderio, che ai nostri giorni appare come qualcosa di trasgressivo e che inevitabilmente rimanda a quella disobbedienza a cui Igor Sibaldi ci ha ormai abituati. Pensare con la nostra testa vuol dire anzitutto sganciarci da vecchi e nuovi condizionamenti, e rivolgere lo sguardo altrove. Da questa intervista è uscito fuori un confronto interessante per il nostro mondo e i nostri lettori, sicuramente stanchi di una certa inerzia e desiderosi di un’altra prospettiva di vita. E nel contributo che vi proponiamo in questo numero siamo partiti proprio da questo: dai desideri.
• Partiamo dal titolo del tuo libro, Il mondo dei desideri: che cosa intendi con la parola desiderio? Perché pensi sia utile un libro su questo argomento?
De-siderare, con il trattino, è il contrario di con-siderare e di essere as-siderati. La radice di queste parole è la stessa: sidera, cioè astri, intesi come simbolo di tutte quelle potenze superiori che stabiliscono ciò che è possibile e ciò che è impossibile. Se un tempo queste potenze erano, nella realtà, i re, i principi, i sacerdoti, le leggi e le consuetudini, oggi sono principalmente le tendenze inerziali della massa, le dinamiche del mercato, i condizionamenti di vari centri di potere, che non sempre e non necessariamente sono quelli istituzionali.
Con-siderare significa tener conto dei limiti che queste potenze pongono e adattarsi, ubbidire ragionevolmente; essere as-siderati vuol dire venirne paralizzati; de-siderare, invece, è guardare altrove e cercare non solo un altro futuro ma anche un altro presente, riscoprendo in modo nuovo il proprio passato. E mi pare che non ci sia cosa più utile e più urgente oggi, dato che nel nostro mondo occidentale, nella nostra vita di tutti i giorni, chiunque abbia una chiara percezione di sé si sente stretto e compresso come non mai.
• Nel libro si ha l’impressione che quella del desiderare sia sempre e soltanto una questione solitaria, che riguarda i singoli, non i gruppi. Non è possibile che qualche desiderio possa essere condiviso da più persone?
È un ideale di felicità che io non condivido. Anziché parlare di questione solitaria preferisco usare la definizione questione individuale: la differenza è che chi si sente solo ha già deciso, dentro di sé, che l’appartenenza a un gruppo è una condizione necessaria, morale, naturale. (…)

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