Anche l’informazione deve essere bio. L’editoriale di settembre del direttore di Terra Nuova.
Proviamo un attimo a pensare alla
rivista Terra Nuova come a un alimento. Certo, non la potete sgranocchiare, ma in fondo è cibo da «mangiare con gli occhi», che
nutre la mente e lo spirito.
Questa metafora può essere utile per capire le profonde trasformazioni che sta vivendo oggi il mondo dell’informazione. Internet, proprio come è accaduto con la rivoluzione verde in campo agricolo, ha portato a un incremento senza precedenti nella produzione di informazione. Questo ha senz’altro avuto degli effetti positivi che tutti conosciamo (ampia accessibilità, aggiornamento in tempo reale, connettività…), ma sta avendo anche degli effetti negativi, di cui probabilmente siamo meno coscienti.
Così come i prodotti dell’agroindustria, anche l’informazione può essere «geneticamente modificata»: si pensi che oggi l’intelligenza artificiale rende i video modificabili con la stessa facilità con cui si modifica un testo. E può contenere «veleni»: i commenti feroci sui social, il fenomeno degli hater, senza contare che dietro a tutto questo odio via web possono anche esserci finanziamenti. L’informazione può essere controllata dalle grandi imprese: lo era anche in passato, ma ormai gli algoritmi influenzano ogni nostra ricerca, e siamo pure convinti di essere noi a scegliere dove navigare e cosa comprare online.
Si parla di informazione-spazzatura, di bulimia informativa, di dipendenza da internet.
In più oggi siamo portati a pensare che la produzione di informazione, e in generale di cultura, costi poco o nulla, essendosi smaterializzata, proprio come è successo con la musica.
«Bella la vostra rivista, però 4 euro è un prezzo alto» mi ha detto una ragazza a una fiera, un contesto in cui ci avventuriamo fuori dalla comunità dei nostri (fortunatamente tanti) lettori più fedeli, che ben conoscono il lavoro e i costi che ci sono dietro a un mensile indipendente. La ragazza non aveva alcun tono polemico, ma il suo commento mi ha colpito perché mi sono reso conto che tutto l’impegno profuso per l’uscita dell’ultimo numero di Terra Nuova, il lavoro dei giornalisti, dei fotografi, dei grafici, degli editor, dei correttori di bozze, dei tipografi, degli spedizionieri, dei promotori e degli amministrativi – questa è, in estrema sintesi, la filiera dell’oggetto che tenete tra le mani – così come le ore di godimento offerte dalla lettura della nostra rivista, erano valutate meno di una pizza margherita.
Una delle sfide dei prossimi anni sarà proprio quella di diffondere una dieta culturale improntata sulla qualità, sull’approfondimento e sulla bibliodiversità. Insomma, anche l’informazione deve essere «bio».
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