Il pacifismo è ridotto a semplice «non-azione». L’editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
«La resistenza passiva, se fosse adottata deliberatamente dalla volontà di una intera nazione con lo stesso coraggio e la stessa disciplina che oggi si manifesta nella guerra, potrebbe raggiungere una protezione di ciò che c’è di buono nella vita nazionale che eserciti e marine non potrebbero mai raggiungere, senza richiedere il coraggio, le perdite e l’immensa brutalità implicate nella guerra moderna»
Bertrand Russell, 1915
Se ti ritrovi di fronte un russo che ammazza o violenta tua figlia, tu che fai? Gli metti un fiore nella canna del mitra?»: questo il commento di un mio amico dopo che pubblico la citazione di Russell sul mio profilo Facebook. Un commento che riassume la diffusa banalizzazione del concetto di pace. In pratica «il presupposto stesso di una vita in Terra derubricato a cialtroneria intellettuale», come ben descrive Luigi De Giacomo (Rete Beni Comuni). Il pacifismo è ridotto a semplice «non-azione» e chi lo professa è addirittura stigmatizzato con l’onta del disertore.
«Il racconto che prevale di questa guerra è di tipo geopolitico o militare. Pochissimo o nullo è stato lo spazio dato alla presenza di un
movimento per la pace sia in Russia che in Ucraina» scrive il giornalista Raffaele Crocco nel suo ultimo libro
Ucraina 2022: la guerra delle vanità. «In Ucraina sono stati documentati tentativi di
resistenza civile non armata di chi si metteva senza armi davanti ai carri armati russi. Tentativo inutile? Forse, ma significativo della voglia di dare risposte senza uccidere, di resistere senza armarsi».
Crocco prosegue riportando i tanti casi di resistenza nonviolenta dei civili ucraini, che ad esempio hanno cambiato i cartelli stradali per ostacolare il transito dei carri armati, ma anche dei civili russi, con le massicce manifestazioni contro la guerra a cui sono seguiti in Russia almeno 13 mila arresti, tra cui molti minorenni.
Il Movimento per l’obiezione di coscienza russo raccoglie ogni singola azione per la pace e contro la guerra, sia essa individuale o collettiva: un «lungo elenco di scelte coraggiose*» scrive Peacelink «che testimoniano che l’opzione militare e armata non è mai l’unica, che sono in atto diverse azioni di lotta e di resistenza civile che dovrebbero essere maggiormente conosciute e diffuse dai media, oltre ad essere riconosciute e sostenute dai vari governi nazionali e dagli organismi internazionali, che finora hanno concentrato la loro attenzione quasi esclusivamente sulla difesa militarizzata e sugli ulteriori investimenti necessari per alimentarla e incrementarla».
La cosa di cui ha più bisogno in questo momento il movimento per la pace è di essere raccontato, in tutte le sue forme e in tutte le sue coraggiose messe in atto. Colleghi giornalisti, vi esorto a prestare ascolto.
* Tra le azioni più note: le dimissioni della direttrice del Teatro Statale di Mosca, Elena Kovalskaya, e del direttore del Teatro Bolshoi di Mosca, Tugan Sokhiev; la petizione dell’attivista Lev Ponomarev, sottoscritta da quasi 1.200.000 persone; la lettera aperta alla Federazione Russa della prestigiosa Università di Mosca MGIMO del Ministero degli Affari esteri.
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