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La forza del colore

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Percorsi di autoguarigione e conoscenza di sé attraverso l’arte vissuta in senso antroposofico. Esploriamo le potenzialità della forza del colore.

La forza del colore

Le potenzialità terapeutiche dell’arte vengono valorizzate in maniera particolare dalla medicina antroposofica, sviluppata a partire dal 1920 da Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia, in collaborazione con la dottoressa Ita Wegman. È stato osservato come le attività artistiche siano connesse con i processi vitali e psichici dell’uomo, e possano quindi risvegliare forze di guarigione e potenzialità ancora inespresse.
Fra le molte arti utilizzate in ambito antroposofico, la pittura ed il disegno mettono la persona in contatto diretto con le forze che legano l’uomo al macrocosmo, e stimolano fortemente la vitalità. «Viviamo appesantiti da un mondo che tende a falsare la vita dei sensi, e l’arte è l’esperienza percettiva che può portarci qualità e veridicità» afferma la dottoressa Anna Truci, medico antroposofo.
«Attraverso la pittura si possono sperimentare le leggi che regolano l’esplicarsi della luce, del colore e della tenebra: questo riporta ordine nel mondo delle percezioni e favorisce di riflesso il ripristino dell’equilibrio interiore. Inoltre risvegliare il colore crea nuovo spazio nell’anima, che può tornare a vedersi per come è veramente, e scoprire così capacità, talenti e risorse rimaste in ombra. In questo modo è possibile riprendere le fila del proprio cammino biografico, con nuove risorse a disposizione».
Luce, colore e tenebra
Dall’incontro e la collaborazione con Ita Wegman, la pittrice Liane Collot d’Herbois trasse le indicazioni per gettare le basi della «terapia con il colore» secondo i principi di luce, colore e tenebra: principi presenti nel macrocosmo, che agiscono però, metamorfosati, anche nell’uomo.
«La luce risveglia la consapevolezza ed interiorizzata diventa pensiero» spiega Maria Cristina Bimbi, referente dell’associazione Il Ramo in Fiore di Firenze. «La tenebra crea il calore, ovvero la sostanza, la materia, ciò che ci nutre, e nell’essere umano, attraverso i processi metabolici, dà vita al mondo della volontà. Luce e tenebra/calore continuamente tessono un’atmosfera di colore nel mondo davanti ai nostri occhi, così nell’interiorità umana si origina il mondo dei sentimenti. Questi tre aspetti, nel mondo, interagiscono secondo leggi naturali ben precise, ma non succede altrettanto nell’essere umano, e può accadere che i processi fisiologici o psichici non siano in armonia, portando a disagi e malattie. È allora possibile osservare e sperimentare, attraverso la pittura, i processi che avvengono fra luce, tenebra e colore, in modo da stimolare, nell’uomo, un regolarizzarsi dei vari aspetti a livello fisico e psichico».
Gli effetti terapeutici
È stato osservato che partecipare a questo tipo di esperienze con il colore stimola modificazioni del respiro, del battito cardiaco, ma anche nelle reazioni enzimatiche. Solitamente, dopo un certo numero di sedute, la persona comincia a dormire meglio, ad avere abitudini alimentari e processi digestivi più armonici, a testimonianza del fatto che l’intero sistema si sta progressivamente riequilibrando.
Gli operatori che lavorano secondo questo metodo ricercano sempre un rapporto continuativo con il medico, meglio se antroposofo, oppure il medico di riferimento di ogni cliente. «È importante che l’operatore sia informato sullo stato di salute della persona» prosegue la Bimbi «perché la scelta dei colori da utilizzare va fatta con molta attenzione ed ogni colore ha situazioni nei quali è bene usarlo ed altre nelle quali è bene evitarlo. Inoltre è utile anche per il medico seguire l’evolversi della persona durante un ciclo di esperienze con il colore, in modo da poter osservare quali cambiamenti avvengono. In Germania, Olanda e Inghilterra questo avviene regolarmente, infatti operatori e medici lavorano in stretta collaborazione in un Terapeuticum, e addirittura il cliente viene visitato, dal medico, prima e dopo la seduta».
I motivi che portano una persona ad avvicinarsi alle esperienze con il colore sono svariati: «Alcune persone vengono perché attraversano momenti difficili ed hanno vissuto eventi che li hanno segnati e non permettono loro di fare passi avanti» spiega la Bimbi. «Ma vengono anche molte persone affette da malattie croniche, quali morbo di Parkinson, tumori, glaucoma, e che cercano un sostegno da affiancare alle cure mediche tradizionali. Spesso i malati di tumore vengono regolarmente durante  cicli di chemioterapia, poiché la pittura li aiuta a contenere certi effetti collaterali».
Le sedute normalmente si articolano in cicli di 15 incontri individuali, il cui ritmo può essere modificato quando le problematiche più urgenti sono rientrate, ma è possibile anche partecipare a dei lavori di gruppo, che hanno un’impostazione più generica ed ampia.
La ricerca di Fiorenza de Angelis
Un metodo originale di pratica artistica e clinico-terapeutica è frutto dell’incontro tra la pittrice fiorentina Fiorenza de Angelis con il dottor Robert Gorter, medico antroposofo e immunologo, che ha dato vita nel 1994 a Firenze all’associazione Scuola di Luca, il cui percorso si basa sugli studi che Fiorenza de Angelis ha sviluppato da L’essenza dei colori di Rudolf Steiner. «L’arte porta in sé per natura un elemento risanante» afferma il dottor Roberto Calosi, attuale presidente dell’associazione Scuola di Luca. «L’uomo può manifestare squilibri, disfunzioni e malattie a livello del suo corpo fisico, o delle funzioni vitali o anche dell’anima, ma il suo io non può ammalarsi, poiché è la sua parte spirituale. Quando un uomo si esprime artisticamente, lo fa con il suo io, ovvero con la sua parte sana. È risanante che una persona possa prendere parte in un processo nel quale, come nella vita, può essere artista, ovvero spregiudicato, puro, fanciullesco, privo di premesse da cui partire, come se la persona potesse ricollegarsi allo stato di grazia dei primi tre anni di vita».
L’arte rappresenta una possibilità per armonizzare i differenti aspetti dell’essere umano, e ripristinare le forze vitali, in modo da fare recuperare alla persona la capacità di non identificarsi con la propria malattia. «Talvolta succede che il disturbo sia più forte della personalità dell’individuo, e questo emerge dai lavori prodotti, che sono una chiara manifestazione del disagio» spiega Calosi. «Il senso di questo lavoro però non è buttare fuori qualcosa, bensì permettere alla persona di farsi un’immagine di quello che ha dentro, così da poterlo guardare e prenderne la responsabilità. Nutrire un senso di responsabilità per sé e per il mondo è uno dei punti d’arrivo di questa terapia».
Il ruolo dell’operatore è molto delicato, perché non deve giudicare né imporre, ma accompagnare, come qualcuno che ci cammina accanto. «L’operatore deve avere una solida autoeducazione morale e la capacità di leggere oggettivamente, quindi spiritualmente, la pittura realizzata» prosegue Calosi. «Non esistono ricette standardizzate, e quindi la capacità di osservazione è fondamentale, per poter accompagnare il cliente nei vari passi. Dal modo in cui una persona dipinge, dai suoi movimenti, dal tipo di colore che emerge dalle sue realizzazioni, si può vedere il temperamento, comprendere le forze vitali e le disarmonie».
La formazione
Nel giugno di quest’anno avrà inizio la prima formazione italiana con il metodo Liane Collot d’Herbois. Si tratta di un percorso impegnativo, che prevede otto settimane all’anno per quattro anni, con numerosi tirocini e la produzione di numerosi elaborati. Il corso è realizzato dall’associazione Il Ramo in Fiore, in collaborazione con la Emerald Foundation, unico ente accreditante per la formazione, ed evento significativo per l’Italia: sono infatti pochi i corsi che, a livello mondiale, formano operatori secondo questo metodo. La Scuola di Luca propone invece da ormai 16 anni un iter di dieci fine settimana all’anno per cinque anni. La parte medica della formazione occupa circa il 40 per cento di quella complessiva (40% artistica e 20% esperienziale). Inoltre la Scuola di Luca è attiva nell’iter di accreditamento presso l’Accademia europea per le terapie artistiche su base antroposofica di Dornach (Svizzera), ed annovera alcuni docenti già riconosciuti dalla stessa Accademia.
Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Aprile 2010

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