Un altro modo di fare «scuola», di imparare, di conoscere, di condividere: il modello delle fattorie didattiche è andato sempre più affermandosi in Italia, soprattutto negli ultimi anni, fino a toccare numeri di tutto rispetto. Sono infatti oltre 2500 le realtà che oggi offrono vere e proprie lezioni all’aperto, in mezzo alla natura, alla campagna e spesso anche agli animali.
Le proposte, ma anche le richieste, sono diventate talmente significative da far muovere gli enti provinciali e regionali per fornire sostegno a queste «reti rurali» e spesso anche coordinamento e valorizzazione.
Tre le regioni all’avanguardia su questo fronte: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, con tante altre che si stanno organizzandosi al meglio per dare corpo a questa tendenza, che definisce sempre più anche un modello didattico e culturale.
«Da anni la Direzione Agricoltura della Regione Lombardia, come di altre regioni, ha intrapreso una strada di valorizzazione del ruolo dell’agricoltura, investendo sulla comunicazione e la formazione delle aziende didattiche» spiega Maria Teresa Besana, dell’unità operativa specifica regionale. «Le fattorie didattiche rappresentano il luogo di elezione dei programmi di educazione agroalimentare rivolti a scuola e famiglie. Le esperienze e le attività proposte sono caratterizzate da un forte coinvolgimento di ragazzi e adulti sul fronte emotivo, corporeo ed esperienziale. L’impatto dell’immersione in fattoria ha una ricaduta nel tempo, rintracciando collegamenti e connessioni anche inaspettati nella vita quotidiana di ragazzi e famiglie. Così l’esperienza fornisce preziosi strumenti per guidare i cittadini a una maggiore consapevolezza nel consumo e nell’acquisto alimentare e ricopre un ruolo rilevante per la sopravvivenza delle aziende agricole».
Il contatto con la natura
«Il ricercatore americano Richard Louv, nel suo libro L’ultimo bambino nei boschi, parla di sindrome da deficit di natura, un disturbo endemico tra i bambini e le bambine delle società odierne» continua Maria Teresa Besana. «I sintomi sono depressione, sradicamento dal mondo e difficoltà di concentrazione, accompagnati da perdita della creatività e del senso di cooperazione. La natura oggi più vicina è la campagna, sono le terre coltivate e i boschi delle aziende agricole. Una natura mediata dall’uomo che però può insegnare molto: il senso della cura, l’attenzione e il rispetto verso ciò che vive intorno a noi, ma anche la connessione esistente fra tutti gli elementi che compongono il nostro pianeta. Molte scuole di pensiero, come quella di Giuseppina Pizzigoni, di Maria Montessori e di Rudolf Steiner, valorizzano il rapporto con la natura. Chi meglio di un agricoltore conosce questo rapporto?».
Gli insegnanti
«In Lombardia le fattorie didattiche sono nate nel 2001 e in questi quindici anni si sono molto impegnate a valorizzare le loro idee, a condividere progettualità e linguaggio con gli insegnanti» aggiunge ancora Besana. «Ed è stata compresa dai docenti l’importanza della formazione continua, per trasformare la visita in fattoria in un vero e proprio momento formativo, che può essere preceduto e seguito da un lavoro in classe in collaborazione con l’agricoltore».
La Regione Lombardia ha avviato nel 2010 un percorso con l’università di Milano Bicocca, nello specifico con il Dipartimento di Scienze umane per la formazione. «Il fine è sviluppare un modello metodologico che affronti l’educazione alimentare nella sua complessità, delineando percorsi didattici innovativi da proporre agli insegnanti, capaci di fornire contenuti informazioni tramite un approccio interdisciplinare. Il gruppo di lavoro che partecipa al progetto è composto da agricoltori, operatori delle fattorie didattiche, insegnanti di scuole primarie, studenti tirocinanti del corso di laurea di Scienze della formazione primaria. I risultati sono poi stati diffusi a numerosi insegnanti del territorio tramite corsi, convegni e pubblicazioni».
Cultura e saperi
«In Veneto le fattorie didattiche nel 2003 erano 62, oggi sono oltre 250» spiega Elena Schiavon, responsabile dello specifico progetto regionale per la regione Veneto. «Il punto di svolta si è avuto nel 2013, quando sono state inserite nell’ambito della legge sulle attività turistiche connesse al settore primario. Per noi è importantissimo, e ci abbiamo creduto da subito, che le fattorie si rivolgano a tutto il territorio, anche fuori dalla scuola, e anche ai turisti. Possono diventare, e di fatto sono già, una grande risorsa per la zona e un sistema per fare cultura; sono un luogo di trasmissione dei saperi dell’agricoltura, della ricchezza dei luoghi, delle tradizioni e dei prodotti tipici. Di fatto sono un’offerta didattica per tutti e consentono ai cittadini, grandi e piccoli, di riscoprire quel legame antico con la terra che oggi sempre più spesso manca. Insomma, sono una modalità attraverso la quale non solo si impara il “sapere”, ma si sviluppano anche il “saper fare” e il “saper essere”. Si acquisiscono processi di apprendimento, si sperimentano emozioni in maniera diretta, si impara a lavorare in gruppo senza trascurare il gioco e il divertimento; si cerca, si scopre, si stimolano i sensi, ci si esprime, si dà e si riceve aiuto stabilendo con l’altro uno scambio di reciproco sostegno. Insomma, si impara facendo, che è il miglior modo di imparare».
Un successo, dunque, anche in Veneto, dove l’approccio si è nettamente evoluto in questi anni lungo il filo della resilienza: da fattorie didattiche per le scuole a luogo di apprendimento e scoperta per tutti, dall’insegnamento ai ragazzi a patrimonio di turismo rurale che arriva a connotare un’intera regione. In Emilia Romagna, altra delle regioni più strutturate sul tema, le fattorie didattiche iscritte nell’elenco regionale sono circa 350, come spiegato dalla responsabile regionale Rossana Mari durante un convegno che si è tenuto il marzo scorso nel bresciano proprio su questo tema. Peraltro, anche in quest’area ormai l’utenza on è più solo scolastica ma comprende adulti, anziani, disabili e famiglie.
Imparare all’aperto
«Scuola e fattorie didattiche, ora, dovrebbero fare un salto di qualità in direzione di un progetto integrato che permetta anche di cambiare il modo stesso di fare scuola. Dobbiamo fornire ai bimbi esperienze autentiche che consentano loro di sperimentare e imparare» ha spiegato, sempre nel recente convegno, Cristina Bertazzoni, esperta di conduzione di gruppi di apprendimento, didattica attiva ed educazione in fattoria. «Bisogna utilizzare le risorse che già ci sono, non c’è bisogno di inventare nulla di nuovo; le fattorie sono esperienza di scuola all’aperto, sotto il cielo; mettiamole in rete perché danno molte possibilità di crescita ai bambini, sotto diversi profili, facilitano un processo di apprendimento qualitativamente vero. La scuola di oggi è ipercognitiva, centrata solo sull’apprendimento come ritenzione di informazioni; la fattoria didattica è il luogo privilegiato per cambiare paradigma, è un crogiolo di persone, cultura gastronomica, natura, è una palestra di educazione all’aperto con cui la scuola deve semplicemente connettersi».
Lettura consigliata:
Nuovi percorsi educativi nella natura
Cosa sono gli agrinidi? Cos’è un asilo nel bosco? Come realizzare percorsi di educazione per l’infanzia nella natura? Come coniugare la propria professione di educatore, psicologo, contadino con l’educazione dei più piccoli in aziende agricole?
Il libro offre risposte a queste domande a partire dalle esperienze degli autori, impegnati in prima persona nell’organizzazione e diffusione di progetti di natura educante.
Scopriremo che la rivoluzione educativa costituita da agrinidi e agriasili, asili nel bosco e aule di campagna è già in atto e conta svariate esperienze in tutta Italia, talvolta anche in città. Una guida pratica rivolta a genitori, educatori e agricoltori, che fornisce istruzioni dettagliate ed esempi concreti a chi vorrebbe inserire nella propria azienda agricola un agrinido o agriasilo oppure aprire un asilo nel bosco.
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“Tutta un’altra scuola”
è l’idea che
Terra Nuovaporta avanti insieme a un gruppo composto da rappresentanti di realtà educative e scolastiche che hanno scelto di mettere il bambino al centro.
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