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La scuola di Alice

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Alice Project è una scuola interculturale e interreligiosa che pone al centro la conoscenza di sé stessi e l’amore verso il pianeta fondata nel 1994 in India da Valentino Giacomin.

La scuola di Alice

Per decolonizzare l’immaginario, per uscire dal mito della crescita, occorre partire da una formazione, da una scuola davvero diversa, profondamente diversa. Noi crediamo che questa scuola esista e sia la scuola di Alice.
Come Alice nel paese delle Meraviglie, il nuovo paradigma educativo, fondato su un’intuizione di Valentino Giacomin, aiuta i bambini a scoprire la realtà del mondo interiore, prima – e meglio – delle nozioni del mondo esteriore insegnate dalle scuole ordinarie.
Si tratta di una scuola rivoluzionaria che è nata in Italia nel 1980 e che dal 1993 ha sede in India. In questa nuova pedagogia l’insegnamento delle materie tradizionali come la matematica, la letteratura, le scienze, le lingue, è affiancato infatti dal Programma Speciale che consente di giungere ad una più vasta consapevolezza dell’attività della propria mente. Attraverso la pratica della meditazione, dello yoga, di tecniche di visualizzazione e il recupero di un’amplissima tradizione di racconti a sfondo etico, la scuola di Alice conduce gli studenti a riscoprire in se stessi il meraviglioso mondo interiore dove si generano tanto l’invidia e l’orgoglio quanto le qualità della saggezza e dell’equanimità. Fin dai primi anni di apprendimento scolastico, anni decisivi per la strutturazione di un corretto modo di percepire la realtà dei fenomeni esterni e del proprio mondo interiore, la pedagogia di Alice conduce i ragazzi a sviluppare in se stessi le doti della serenità e della pace.
Riprendendo la parte migliore di tutte le tradizioni spirituali – dal buddismo al cristianesimo, dall’induismo all’islamismo, dal giainismo al taoismo – la Scuola dell’Educazione Universale vuole riportare il cuore dei ragazzi a percepire l’essenziale, l’unità e l’interconnessione di tutte le cose, compresi loro stessi. Ed è in fondo questa profonda connessione che dona ai ragazzi (e agli uomini) il sentimento di appartenenza e di felicità.
Lo scopo di Alice Project è infatti quello di creare persone felici, davvero felici, persone che sappiano scoprire e conservare all’interno di se stesse quel sentimento di contentezza e di gioia che non passa con il mutare degli eventi.
Oggi, di fronte a fenomeni così diffusi come la crisi economica e, purtroppo, il dilagare dei suicidi per problemi legati a fallimenti, alla perdita del lavoro, ad insuccessi di vario genere, la pedagogia di Alice può fornire davvero strumenti importanti. Insegnando che la realtà non si riduce affatto alla materia e che la vita non va valutata solamente in base al successo sociale ed economico, la scuola è in grado di fornire ai giovani una grande stabilità psico-emotiva. Questa stabilità emotiva è l’unica che potrà consentire loro di superare le difficoltà del mondo globalizzato di oggi. Anche se ci saranno carenze di lavoro da affrontare, difficoltà derivanti dai cambiamenti climatici, siccità e carestie, gli studenti di Alice potranno sempre ritornare alla calma della mente, ricorrere al bagaglio interiore di serenità che hanno coltivato fin da bambini e fare tesoro degli insegnamenti dei tanti saggi che ci hanno preceduti nell’affrontare i momenti difficili della vita.
Non è affatto un caso che l’unica nazione che ha scelto di porre al vertice di tutte le sue politiche non il PIL e la crescita economica, ma la Felicità Nazionale Complessiva, il Buthan, ha chiamato il Progetto Alice per collaborare ad un nuovo sistema di istruzione nazionale.

Alcune domande al fondatore della Scuola di Alice:

In che cosa il Progetto Alice si differenzia dalla scuola tradizionale?
La scienza occidentale – e di conseguenza la scuola occidentale – è impostata sulla parcellizzazione dei fenomeni che gli studenti devono limitarsi a imparare e credere passivamente. Ci viene inculcata una conoscenza discutibile. Un esempio di questa conoscenza inappropriata lo possiamo trovare nella credenza che l’individuo, in quanto soggetto pensante, sia separato dal suo pensiero e dall’azione conseguente il pensiero. Allo stesso modo si guarda un albero come separato dalla sua foresta, che è separata dalla terra, che è a sua volta separata dal sistema cosmico. Il Progetto Alice insegna a prendere coscienza della Realtà (con la maiuscola, cioè assoluta, per distinguerla da quella relativa, che appare ma non è) attraverso un percorso cognitivo analitico e progressivo. Ci domandiamo, prima di tutto: che valore ha la conoscenza che ci viene proposta a scuola? E’ vero che l’albero può essere frantumato in parti? E’ vero che una foglia è separata dalla totalità dell’albero? E’ vero che esiste un albero indipendente dalla foresta? Esiste una foresta separata dalla Terra? E la Terra può essere pensata come un fenomeno a sé stante rispetto all’Universo infinito?
Noi nel Progetto Alice rispondiamo, senza paura di essere smentiti, che non è vero. Credere che esista oggettivamente un albero diviso in tre parti è una concezione totalmente errata. Ora, se partiamo dal presupposto che dal pensiero nascono le emozioni, le idee, le fantasie, la motivazione ad agire, le decisioni e le azioni, ne consegue che la nostra credenza errata circa il modo di esistere di quell’albero, come di tutti i fenomeni sia fisici che mentali, avrà un impatto tremendo nella nostra vita, su quella degli altri e sull’ambiente stesso. Perché? Ovviamente se il pensiero è sbagliato, sarà sbagliata anche la visione di se stessi, degli altri e dell’Universo e quindi anche l’azione e non sarà possibile costruire, su questa, una felicità stabile e autentica…
…Il Progetto Alice crede che la risposta a questo dilemma tra esperienza ordinaria e realtà profonda, la si possa trovare nella saggezza orientale che indaga sulla verità ultima dei fenomeni e del modo in cui si manifestano nella nostra mente. Non per niente anche il fisico austriaco Fritjof Capra,l’autore di Il Tao della Fisica, sostiene che le straordinarie scoperte della fisica contemporanea “ci obbligano a considerare il mondo in un modo molto simile a quello degli indù, dei buddhisti e dei taoisti… molto simile a quella dei mistici di tutti i tempi e di tutti i luoghi”.
Perché la soddisfazione della vita è l’obiettivo principale della scuola e del Progetto Alice?
Il nostro è un progetto educativo-scolastico e la scuola ha il dovere di insegnare un buon modo di pensare da cui dipende la felicità degli studenti. Gli insegnanti non si possono limitare a dare delle nozioni concettuali, loro devono insegnare il corretto modo di vedere i fenomeni, dando una giusta visione della realtà. Il problema è che la maggior parte degli insegnanti non si rende conto di quanto sia importante il loro ruolo nella possibilità di costruire una vita felice. Le concettualizzazioni così come le oggettivazioni sono convenzioni che servono per comunicare in modo pratico e accessibile a tutti. Così nel Progetto Alice non si negano i metodi della scienza occidentale che ad esempio divide il corpo in migliaia di parti, ma dopo averlo frantumato si spiega ai nostri studenti che non ci sono mani, testa, braccia, corpo, ma il tutto è unito a se stesso e al resto dell’universo. Questa è la scienza olistica…
In che misura crede che il Progetto Alice abbia degli effetti positivi sui problemi sociali attuali e anche a livello internazionale?
Il progetto Alice è nato 30 anni fa, quando già iniziava a manifestarsi una tendenza negativa in ambito economico e sociale. Allora, ci chiedemmo dove ci avrebbe condotti tale trend se fosse aumentato negli anni. È successo proprio questo. Il Progetto Alice aveva l’intenzione di arginare al meglio questa inevitabile discesa. Gli argini di cui c’è bisogno non sono solo didattici, c’è bisogno di un nuovo paradigma che dia ai ragazzi una diversa visione della vita. Forse, allora, potremo fermare la caduta libera. L’India ha la chiave per fermare l’Apocalisse. Sta nella Saggezza dei suoi Rishi, yoghi, mistici… I nostri ragazzi nascono con il destino di essere disoccupati, non c’è dubbio. Il capitalismo è morto e adesso ci troviamo a cercare nuove forme di sviluppo. Il vecchio sistema economico, durato oltre trecento anni, è agli sgoccioli: le banche crollano, il petrolio scarseggia, l’ambiente è saturo di veleni e le fabbriche vengono trasferite nei paesi del terzo mondo alla ricerca di manodopera a basso costo. Cosa faranno tutti gli studenti educati al valore del denaro in un mondo in crisi economica, con un altissimo tasso di disoccupazione?
La scuola ha una responsabilità enorme, soprattutto adesso. Se gli studenti avessero avuto una scuola come il Progetto Alice non verrebbero illusi o spinti a credere in un futuro improbabile, ma verrebbero preparati a quella che noi chiamiamo emergenza esistenziale. Studiare per imparare ad essere disoccupati senza disperazione. Sembra un’assurdità, vero? Forse la scuola di Alice è l’unica al mondo a insegnare ad accettare anche l’evento disoccupazione, come la malattia e la catastrofe naturale…
Perché anche in India sono state adottate da tempo scuole di modello occidentale?
Prima che arrivassero gli occidentali, in India ogni cosa era sacralizzata, ma in pochi anni, grazie all’invasione brutale di noi europei, sono stati distrutti o compromessi valori millenari come, ad esempio, la loro solidarietà, l’antico sistema educativo dei villaggi. Abbiamo portato i nostri modelli di vita. I modelli di vita basati sulla competizione, la corsa al successo e spesso, anche l’ossessione del sesso. Abbiamo – come dire – volato basso o meglio, giocato sporco, puntando ai chakra bassi delle masse (cioè le pulsioni umane più elementari, ma anche meno evolute, come per esempio quelle alimentari o quelle sessuali). Quando si lavora sui chakra bassi si fa in fretta a convincere la gente a cambiare costumi, stile di vita, valori e credenze. Questo è il regalo lasciato dalla dominazione degli inglesi: una cultura aliena con il virus della degenerazione. Spero che questo virus venga presto debellato da una intelligente reazione da parte di persone illuminate, come Vandana Shiva, ad esempio.
Crede che i suoi studenti riescano a mettere in pratica i suoi insegnamenti una volta entrati nel mondo del lavoro o dell’università?
Questo non posso saperlo. Noi gli insegniamo a nuotare, gli diamo gli strumenti per sopravvivere dal punto di vista psicologico, poi sono loro a decidere cosa fare delle loro vite. Certo, fuori troveranno gli ostacoli, ma sono sicuro che li affronteranno in modo costruttivo. Loro sanno che la felicità non dipende da condizioni esterne, ma dallo stato mentale, quindi hanno delle solide certezze di base che possono utilizzare quando vogliono. Questo era il lavoro che facevo anche in Italia, alle elementari. Avevo capito che c’era bisogno di un nuovo paradigma educativo che dimostrasse quanto fosse errata la didattica tradizionale. Io dicevo che stavamo imbrogliando gli studenti nell’affermare l’esistenza inconfutabile e unica della realtà esterna. Ho iniziato a coltivare i principi base della mia didattica – assieme a Luigina De Biasi – consapevole che quei semi germoglieranno prima o poi nella vita di ognuno. Sta poi agli studenti decidere se utilizzare o meno quello che hanno imparato a scuola. Comunque negli anni, mi sono giunte conferme bellissime. Per esempio, quella di un mio ex allievo delle elementari a Fontane di Villorba. Per un filo strano di coincidenze, sua moglie è riuscita a rintracciarmi dopo 40 anni e mi diceva che Michele ha conservato un ricordo meraviglioso del maestro che gli ha insegnato piccoli segreti che tuttora lo aiutano nel quotidiano. Dice che gli hanno salvato la vita! Un altro ex studente dell’alta borghesia indiana che ha frequentato la nostra scuola fino alla quinta elementare, e che ora studia in America, ci ha scritto dicendoci che ricorda ancora i pensieri filosofici che gli abbiamo insegnato, e che ‘medita e pratica esattamente quegli esercizi che faceva alla scuola dell’Universal Education’.
Gli studenti non fanno fatica a comprendere i nostri concetti, ma gli insegnanti sì. Gli studenti spesso non hanno nulla da perdere nello sposare la nostra filosofia che capiscono perfettamente. Sono piuttosto gli insegnanti ad avere difficoltà, perché per comprendere devono mettere in discussione anni e anni di false certezze, di esami e di radicate cognizioni di realtà. Gli insegnanti devono prendersi la responsabilità di quello che sta succedendo fra i giovani: la mancanza di rispetto e di disciplina sono una conseguenza dell’inconsistenza dell’insegnamento. Oggi la mancanza di coscienza profonda sta mietendo disastri. I ragazzi che non hanno certezze, attaccano la loro cultura tradizionale oppure cercano droghe o svaghi frivoli per compensare quello che non è dato dalla saggezza. A volte, si rifugiano in sette religiose, cercando risposte alle loro insicurezze e ai loro bisogni di trascendenza. Ma c’è il rischio che cadano dalla padella (della loro crisi esistenziale) alla brace (dell’inganno dei falsi guru, della ‘perversione religiosa’, del fanatismo, del settarismo). Se noti, io non parlo di religione, ma di conoscenza. Se vuoi, spostiamo il dialogo anche all’ambito religioso. Shiva, Buddha o Cristo rappresentano tutti la mente libera dall’Io, dall’egoismo. Tutte le religioni rispondono al quesito della vita eterna nello stesso modo: abbandonare tutto quello che si ha (dagli oggetti materiali, all’Io) per camminare più leggeri sulla Via, sul Sentiero spirituale.
Testo tratto dal libro A scuola di felicità e decrescita: Alice Project in vendita in offerta su www.terranuovalibri.it, lo shop online di Terra Nuova Edizioni.
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