La storia del Pioppo Pio
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Avevo ragione, la primavera arrivò puntuale, tutt’attorno gli amici esultavano mostrando le loro nuove acconciature che si arricchivano ogni giorno di più, mentre io restavo nudo. Il destino mi aveva fermato e io mi sentivo come un vegliardo che se ne sta in disparte mentre i polloni gli svettano accanto incuranti della profonda saggezza che abita le vecchie cortecce. Sapevo bene che la mia storia sarebbe finita in un caminetto, ma mi diedi tempo e aspettai un paio di primavere; la prima per accettare l’idea del mio nuovo status, la seconda per permettere a un fico di farmi visita e godere insieme di una manciata d’albe.
Il famoso pioppo, seccato in piedi in fondo alla passeggiata a lago di Manerba, quasi al confine con San Felice, in una notte di luna piena e fichi secchi, dettò paro paro i suoi desiderata.
Non potete segarmi al piede e buttarmi perché ho ancora tanta bellezza da dare a questo mondo. Intanto, per essere chiari, sto ospitando un coraggioso fico nato all’altezza del mio ginocchio, ma tagliandomi appena sopra questo germoglio e regalandomi un tetto, potrò continuare a donarvi protezione, sapienza, fiducia, sorrisi. Come? Guardate l’immagine a latere e fate di me una mini biblioteca poliglotta sempre aperta e a libera disposizione dei passanti. Chi vorrà potrà prendere in prestito un testo da leggere in spiaggia o donarmi un libro perché altri lo possano apprezzare.
Vorrei che ci fossero alcuni classici della letteratura e della spiritualità insieme a pagine divertenti, scanzonate, appassionate, salutari, piacevoli e leggere. Se poi de coccio siete, de coccio resterete, ma io sarò sempre qui ad offrirvi occasioni di lettura e di condivisione per farvi assaporare la bellezza che da sempre riverso su di voi. E così, sotto lo sguardo benevolo del monte Baldo, insieme al cielo adorno di nuvole che non si oppongono al vento, al rosa del tramonto che dipinge il golfo, alla piacevole frescura del lago, io continuerò ad essere amore incondizionato. E voi, con me.
Perché, anche se le sferzate della vita possono ferire la nostra corteccia, strapparci le foglie, gelarci la linfa nelle vene e spezzare i nostri rami, finché esisterà un tronco, sarà sempre possibile rinascere».