Da tutto il mondo si chiede con urgenza il cessate il fuoco in Ucraina e la negoziazione tra le parti; una nuova coalizione per la pace fa sentire la propria voce. Indetta una settimana di mobilitazione.
«L’obiettivo principale? Salvare vite, fermare la distruzione del territorio e contrastare il rischio di un incidente o di una guerra nucleare»: così Sergio Bassoli, coordinatore dell’esecutivo di Rete Italiana Pace e Disarmo e della coalizione Europe for Peace, tratteggia l’impegno assunto dall’Internazionale della Pace, alleanza composta da associazioni, reti e movimenti di 45 nazioni che si è costituita lo scorso giugno.
«La conferenza internazionale che si è tenuta a Vienna a giugno è stato il primo appuntamento internazionale, segno che la strada da percorrere per riorganizzare un movimento pacifista globale è in salita» spiega Bassoli. «Abbiamo raggiunto il consenso sulla dichiarazione finale: richiesta del cessate il fuoco e dell’apertura di un negoziato con la partecipazione di tutte le parti. L’invito ai governi è di sostenere tutte le iniziative di mediazione e di dialogo che possano far tacere le armi. E abbiamo convocato una settimana di mobilitazione mondiale per la pace in Ucraina da sabato 30 settembre a domenica 8 ottobre, perché tutte le donne e gli uomini che rifiutano la guerra possano scendere in piazza e nelle strade di tutte le capitali del mondo».
Contesto geopolitico ed equilibri mondiali
«La guerra finirebbe subito se si trovasse un accordo tra USA e Cina sul futuro del governo del pianeta» prosegue Bassoli. «Gli attori globali che si stanno sfidando sul piano economico e politico sono loro. E l’Unione Europea, che avrebbe i titoli per essere un grande attore regionale e un costruttore di pace, rimane all’angolo, depotenziata dal protagonismo degli Stati membri, priva di una politica estera e condizionata dalle scelte e dagli interessi dell’amministrazione americana, rappresentati dalla coalizione militare della NATO. Il tutto sotto gli occhi di una ONU impotente che taglia fuori gli Stati emergenti o il cosiddetto Global South, quei paesi che, nel corso degli ultimi 50 anni, sono usciti dal sistema coloniale e oggi, forti del fattore demografico e di economie in crescita, rivendicano il ruolo di attori globali con una visione diversa dall’Occidente, estranea alla logica della guerra fredda e dei blocchi contrapposti, impostata invece su una idea di governo multipolare del pianeta. La soluzione della guerra in Ucraina definirà il nuovo equilibrio, le relazioni di forza tra gli Stati e le alleanze a livello globale. Purtroppo chi paga il conto è la popolazione».
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