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La velocità del turismo lento e delle comunità

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Il turismo lento è un valore aggiunto importantissimo, è un cambio di paradigma del muoversi. Ce ne parla Giacomo Miola, vicepresidente di Slow Food Italia, in questo intervento pubblicato sul numero di aprile della rivista Terra Nuova, intervento che condividiamo anche con chi ci segue sul web.
La velocità del turismo lento e delle comunità
Il turismo lento è un valore aggiunto importantissimo, è un cambio di paradigma del muoversi. Ce ne parla Giacomo Miola, vicepresidente di Slow Food Italia, in questo intervento pubblicato sul  numero di aprile della rivista Terra Nuova, intervento che condividiamo anche con chi ci segue sul web.
«Il concetto di “slow tourism” ha conquistato negli ultimi anni un posto talmente solido nell’immaginario e nel lessico comune da necessitare di sempre meno spiegazioni o approfondimenti. Analizzando però a fondo la questione, ci si accorge che l’enorme mole dei contenuti rappresentativi di questo slogan, che aleggiano in rete e non solo, rappresenta una molteplicità di espressioni e di declinazioni che, per ovvie ragioni, si spingono ben oltre l’espressione del sostantivo «turismo» associato all’aggettivo «lento».
La più grossa rivoluzione culturale sta nel fatto che per la prima volta la comunicazione turistica ha cominciato a spostare in maniera importante l’attenzione dall’elemento spazio all’elemento tempo, rivalorizzando il «come» al di là del «cosa».
Ora, quello che sembra essere un fenomeno nato pochi anni fa, affonda di fatto le sue radici già nella metà degli anni ’80 del secolo scorso, quando ha iniziato a farsi importante la riflessione sugli stili di vita e il loro impatto sugli ecosistemi, quando alcune avvisaglie da parte della natura hanno cominciato ad essere più importanti. Prototipi ed espressioni di viaggio lento cominciavano già allora. Era il periodo in cui Slow Food stava cambiando pelle, passando da associazione locale, il cui nome «Arcigola» si ispirava a un associazionismo dedito al buon cibo, a una organizzazione internazionale che per prima ha considerato nella sua nuova veste il tempo come elemento cruciale per occuparsi fattivamente di cibo in ottica sistemica e globale. Slow Food già raccontava che rallentare, dopo decenni di accelerazione nei processi di produzione, trasformazione e consumo del cibo, era diventata l’azione chiave per invertire alcune cattive tendenze. Oggi lo fa ancora e la nostra esperienza quotidiana ci insegna che il tempo è uno dei fattori più preziosi da tener in considerazione quando si progetta il futuro del Pianeta. Quando progetti e progettazione incontrano le comunità locali e si sviluppano insieme, ecco che allora si autodetermina in qualche modo la velocità (o la lentezza) di ciò che si va a costruire, dove il livello di velocità diventa così determinante da incarnarne la principale caratteristica, rappresentando a pieno la dimensione antropologica delle comunità nei luoghi. Ogni popolazione, ogni comunità ha sviluppato modalità e stili di vita a velocità diverse su luoghi profondamente bio-diversi. Da questo si comprende che il vero «slow tourism» in termini assoluti non esiste ma che esso diviene tangibile solo se in grado di stabilire connessioni tra il territorio, ovvero chi il turismo lo offre, e i viaggiatori, sempre più consci del senso prezioso del tempo».
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