Il giornalista e documentarista Andrea Tomasi è l’autore di un’originale story romanzata che, tra fantasia e colpi di scena, porta l’attenzione sul problema dell’inquinamento da Pfas nel nostro Paese.
Quattro donne, furiose con lo Stato italiano, decidono di mettere in atto
un progetto folle: il rapimento di un uomo politico, noto e mediaticamente esposto. Matteo Salvini. La storia,
tra documentazione giornalistica e narrativa in chiave comica, è raccontata nel libro
Le insospettabili che rapirono Salvini, del giornalista e documentarista Andrea Tomasi, già autore della videoinchiesta
Pfas, quando le mamme si incazzano (disponibile su YouTube). Tra discussioni, colpi di scena e complici inaspettate, le insospettabili sono protagoniste di
un racconto «on the road» assieme al prestigioso «ostaggio»: un rapimento rocambolesco
per denunciare il rischio Pfas e farsi sentire da grandi media, opinione pubblica e legislatori.
I Pfas sono inodori, incolori, insapori e molto pericolosi; si tratta degli impermeabilizzanti che vengono utilizzati per realizzare prodotti di largo consumo come pentole antiaderenti, abbigliamento sportivo, pellicole, estintori, detergenti. Queste sostanze perfluoroalchiliche hanno arrecato danni alle falde acquifere e in Veneto quattordici ex manager della società Miteni di Trissino sono finiti sotto processo per inquinamento delle acque e danno innominato. La Regione ha dovuto installare filtri a carboni attivi per contenere il danno. I Pfas sono legati a diversi problemi di salute e la contaminazione, come spiega lo stesso Tomasi, riguarda 350.000 cittadini, destinati a diventare 800.000.
Andrea, com’è nata l’idea di questo romanzo?
Il docu-romanzo è uno strumento per arrivare anche a quelle persone che non hanno idea di cosa siano i Pfas, sostanze che
rappresentano un problema ovunque, in Italia, in Europa, negli Usa. Sono attorno a noi e sono sulle nostre tavole, visto che una buona parte di ciò che mangiamo ogni giorno proviene dalla zona contaminata che si trova nel «triangolo delle Bermude» delle province di Vicenza, Padova e Verona. Con la videoinchiesta
Pfas, quando le mamme si incazzano, realizzata con Wasabi Filmakers, ho avuto il piacere e l’onore di conoscere il gruppo delle Mamme No Pfas: madri, ma a onor del vero anche padri, che combattono
per difendere la salute e l’ambiente dei loro figli, dei nostri figli. Così è nata l’idea del romanzo
Le insospettabili che rapirono Salvini: quattro donne che non sono Mamme No Pfas, ma sono loro amiche ed estimatrici. L’obiettivo del libro è di parlare dei pericoli derivanti da questi «inquinanti perfetti», che hanno compromesso per sempre una falda acquifera grande come il Lago di Garda. La sfida era quella di scrivere un racconto «leggero»: si tratta di un romanzo per tutti in cui la realtà drammatica della
contaminazione ambientale si mescola con il registro della
fiction.
Ti sei ispirato in qualche modo ad altre opere di «eco-narrativa»?
Non sono un esperto di eco-narrativa. Anni fa sono stato colpito dalla lettura di un libro di Giancarlo Narciso, Solo fango, in cui cronaca e finzione si uniscono per raccontare il dramma della strage di Stava, quando in Val di Fiemme, in Trentino, a causa della fame di denaro e dell’incuria di pochi morirono 268 persone, travolte da acqua e detriti dei bacini di decantazione di Prestavel. Era il 19 luglio 1985: una specie di Vajont. Nel caso Pfas si vede plasticamente come la storia si ripeta: quando l’industria diventa predona, la politica connivente rassicura e i cittadini si fidano ciecamente, i danni spesso gravi non tardano ad arrivare.
In che modo secondo te un’opera di finzione può avere delle «carte in più» da giocare rispetto alla denuncia «semplice», giornalistica o l’attivismo?
La finzione narrativa ti permette di raccontare di più, di spiegare che cosa sta succedendo veramente senza finire nei guai, perché il terreno su cui si trovano a camminare i giornalisti d’inchiesta, come si può immaginare, è «minato». Insomma, con la narrativa posso far capire meglio di quali ingiustizie siamo tutti vittime. L’inchiesta giornalistica classica può provocare paura e indignazione. Nel romanzo, perlomeno in questo tipo di romanzo, si somma anche l’ingrediente del sorriso: a volte usare toni alti, energia buona, può essere più utile ed efficace in certe battaglie.
Ci racconti brevemente la trama del libro? Mi raccomando non ce lo spoilerare!
Ci provo… Quattro amiche, informate su ciò che per anni è accaduto sotto il loro occhi (danni gravi all’ambiente, ai cittadini e, in particolare, ai bambini), decidono di mettere in atto un «piano criminale» per fare in modo che i grandi media e la politica si occupino del problema Pfas: chiedono regole certe e la bonifica dell’area. Per destare l’attenzione di tutti decidono di rapire uno degli uomini più in vista della politica italiana: Matteo Salvini. In un’operazione rocambolesca, che vede anche la partecipazione di una suora, riescono a raggiungere l’obiettivo. Il prigioniero viene caricato su un vecchio camper e portato in giro per mezza Italia: è un racconto on the road, tutto al femminile, con una serie di colpi di scena.
Una domanda che sorge spontanea: perché la scelta del personaggio noto e, soprattutto, di Matteo Salvini?
Ci ho pensato a lungo. Le insospettabili avevano bisogno di fare colpo a livello nazionale e internazionale. Matteo Salvini è senza dubbio l’uomo politico più noto, più odiato, ma anche più amato. È a capo di un partito importante che peraltro, in Veneto, dove c’è l’epicentro del problema Pfas, è maggioritario. È un personaggio divisivo e il più esposto a livello mediatico e sui social. Insomma Salvini, che tu lo ami o no, non lo puoi ignorare. Quindi è «l’uomo giusto».
Non temi che Salvini la possa prendere male?
Conto sulla sua intelligenza e sul suo istinto. Nel libro le parole che pronuncia sono tratte da interviste e comizi. Nel romanzo si spiegano le ragioni di questo «rapimento anomalo».
Incentrando la storia intorno a un rapimento, non vedi il rischio di prestare il fianco a critiche anche tra chi appoggia la causa? In che modo bisogna prestare attenzione in questo caso a non prendere letteralmente quella che è chiaramente intesa come un’opera di finzione? Si pone qui una problematica che incontra spesso la satira, ma che è importante ribadire…
Il rischio esiste. La mia speranza è che si colga l’essenza e che si possa apprezzare il mood del romanzo. Il tono è leggero per raccontare una cosa pesante, anzi pesantissima. Alla fine della lettura chi non sapeva nulla di questa storia ne saprà di più e chi voleva capire la «rabbia e l’orgoglio» delle mamme che si battono per difendere i propri figli avrà qualche elemento in più per solidarizzare. Io mi sono affezionato alle quattro insospettabili che decidono di passare all’azione, ma mi rendo conto di non essere un esempio di obiettività.
Nell’invenzione della trama e nella stesura hai coinvolto anche membri del movimento «No Pfas» o di altre realtà o singole persone?
Mi sono consultato con una Mamma No Pfas, Michela Zamboni, e ho letto e riletto i documenti delle inchieste giornalistiche, nonché le carte del processo in corso in tribunale a Vicenza. Inoltre, proprio perché si tratta di un racconto al femminile, per la parte narrativa mi sono affidato a una serie di consulenti donne. Con il loro «via libera» mi sento molto tranquillo.
Questo libro è stato sostenuto dall’Associazione 46° Parallelo che produce l’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo. Com’è nata questa collaborazione?
Ho collaborato e collaboro con
46° Parallelo, diretto dall’amico e collega Raffaele Crocco, anche autore del libro
Ucraina 2022: la guerra delle vanità. Per ogni copia del mio libro venduta, un euro andrà all’associazione che racconta i conflitti del mondo: guerre in senso stretto, ma anche guerre per la terra e per l’acqua, dove a farne le spese sono sempre gli ultimi, cioè noi.
Quali saranno le prossime occasioni per poterti incontrare direttamente e partecipare a una presentazione del libro?
L’agenda è in costruzione. Contattatemi, sono raggiungibile anche su Instagram.
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IL LIBRO
Commedia nel dramma. Il rapimento è invenzione, ma la contaminazione è verità.
Quattro donne – furiose con i manager di una fabbrica che ha contaminato l’acqua, intossicando territorio e popolazione – realizzano un “piano criminale” per portare il caso all’attenzione dell’opinione pubblica.
Rapiscono un politico eccellente, il più odiato e il più amato: Matteo Salvini.
Lo tengono prigioniero su un vecchio camper e lo portano “in tour” dal Nord al Sud Italia.
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