È arrivato il momento di costruire un’arca per salvare le parole importanti e riscoprirne il significato più autentico. L’editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
Le parole sono importanti, e nelle pagine di questa rivista ci lavoriamo ogni giorno per provare a descrivere un futuro possibile.
Le parole sono pietre, che possiamo scagliare contro l’altro oppure utilizzare per costruire un mondo migliore.
Grazie alle parole possiamo ri-conoscere quello che ci circonda per contribuire alla sua tutela.
Nelle parole della nostra lingua «cantiamo» un’identità radicata ai luoghi che viviamo, come le vie dei canti della cultura aborigena.
Le parole possono essere anche pericolose, per il semplice fatto di essere, come dice la parola, parole.
Come esploratori di mondi ostili, alcune lottano per trovare un proprio posto e una propria dignità, salvo poi essere prese in ostaggio e perdere significato.
Ci sono parole che si rivelano specchietti per le allodole, utilizzate per convincerci che basta dare un’aggiustatina alla realtà.
Oggi le parole certamente non mancano, anzi mai come adesso pervadono la nostra vita in ogni forma. Così rischiamo di dimenticarci l’importanza dell’ascolto profondo e di quello che le parole non potranno mai sostituire: la nostra presenza e quella dell’altro.
Di fronte al diluvio di informazioni che ogni giorno ci travolge, è arrivato il momento di costruire un’arca per salvare le parole veramente importanti, per far conoscere quelle emarginate e per riscoprire il significato più autentico di quelle che nel corso del tempo sono state abusate o strumentalizzate.
È da queste parole che possiamo partire anche per far fronte a un diluvio assai meno metaforico. Per il cambiamento climatico fuori, bisogna pensare anche a un cambiamento climatico dentro.
Quali sono, per voi, le parole da far salire su quest’arca? E qual è il motivo per cui scegliereste proprio quelle?
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