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Le storielle di Pietro

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Le storielle di Pietro provengono dal mondo contadino, della vita rurale, semplice e spesso divertente della campagna. Un passo da “Il libro di Pietro“.
Le storielle di Pietro
Alcune delle sue storielle descrivono le esperienze del contadino che va in città. Con la sua aria sbigottita e il suo modo di camminare lungo il marciapiede come se fosse composto di zolle anziché di lastre, per non parlare dei suoi vestiti da festa un po’ logori e chiaramente fatti in casa, il contadino era subito riconoscibile per quello che era, uno “scappato dalla campagna”. Più scaltro di lui, il cittadino si sentiva superiore ed era sempre pronto a prenderlo in giro o ad approfittarsene in un modo o nell’altro.
“La storia di Viticchio”
Il Viticchi era un garzone che lavorava per un contadino a Gretole, vicino a Mercatale. Si chiamava Viticchi perché aveva la vita stretta stretta come una vespa. Questo ragazzo risparmiava quei pochi soldi che il contadino gli dava e finalmente riuscì a comprarsi una bicicletta. Usata, naturalmente, una nuova sarebbe costata troppo. Allora gli venne la voglia di andare in giro, se no che l’aveva comprata a fare.
Aveva sempre sentito parlare di Siena e era curioso di vederla. Una domenica disse al contadino: “Vado a Siena!”. “O strullo!” disse il contadino. “Vedono subito che vieni dalla campagna, vedrai come ti prenderanno in giro”. “Ma io so difendermi”, disse il Viticchi e partì. Erano cinquanta chilometri di strada bianca, e c’erano anche i monti del Chianti da attraversare, ma alla fine arrivò, e gira di qua gira di là si trovò nella Piazza del Campo dove fanno la famosa corsa del Palio.
È una bellissima piazza e è circondata da edifici di grande antichità, ma lui non li guardò mica, guardava tutti i piccioni. In campagna un contadino ha dieci, quindici piccioni, non di più: ma qui ce n’erano a centinaia! “Quando tornerò a casa racconterò a tutti quanti piccioni ho visto”, si disse, e cominciò a contarli. Seduto ancora sulla canna della bicicletta, puntava il dito e li contava uno a uno, ma era un’impresa perché non stavano mica fermi e non era abituato a contarne più di dieci. Lo vide un cittadino e capì subito che era scappato dalla campagna.
Questo cittadino era vestito in divisa, ma non credo che fosse un vigile, probabilmente era un portiere. Si presenta al nostro Viticchi e dice: “O giovanotto, che fate?”. E il Viticchi: “Sto contando i piccioni”. “Ma non lo sapevate? Non si possono mica contare! Siete in contravvenzione”. “Porca miseria”, dice il Viticchi sconsolato, “non lo sapevo per davvero. Quanto devo pagare?”. “Beh”, dice quello in divisa, “quanti piccioni avete contato?”. “Ne ho contati cento”. “Allora, c’è dieci e dieci di multa”. E il garzone fu costretto a pagare una lira e un diecino.
Quando tornò a casa raccontò il fatto. “Credevano di farla con me a Siena”, disse tutto contento, “ma io sono stato più furbo di loro! Quando quel vigile mi ha chiesto quanti piccioni avevo contato, gli ho detto cento…” e abbassò la voce, perché aveva paura che lo sentissero anche a Siena “…ma ne avevo contati più di trecento!”.
Il Viticchi credeva di aver fregato il cittadino di Siena, invece era stato fregato lui!
Storiella tratta da  “Il libro di Pietro”: un testo che raccoglie, attraverso gli occhi di un contadino toscano, una preziosa raccolta di memorie che ci regala il ricordo più autentico della civiltà contadina.

 

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