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Mammuccini di FederBio: «Non c’è sovranità alimentare senza agroecologia»

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«La sovranità alimentare non è compatibile con i sistemi agricoli intensivi che hanno compromesso la fertilità del suolo, determinato la perdita di specie selvatiche e di varietà locali, di biodiversità genetica»: così Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, nella rubrica pubblicata sul numero di gennaio della rivista Terra Nuova.
Mammuccini di FederBio: «Non c’è sovranità alimentare senza agroecologia»
Ecco il testo integrale dell’intervento di Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, nella rubrica pubblicata  sul numero di gennaio della rivista Terra Nuova.
«Il concetto di sovranità alimentare, così come pensato dai movimenti contadini che lo hanno coniato, è nato circa trent’anni fa in contrapposizione a un modello agroalimentare globalizzato, guidato da un approccio liberista e dominato dalle multinazionali dell’agribusiness. Infatti, dopo che a livello internazionale l’Organizzazione mondiale del commercio decise d’inserire i prodotti agricoli nell’accordo generale sul commercio, le scelte sulla produzione e sul commercio dei prodotti agroalimentari avrebbero seguito le regole neoliberiste del mercato globale.
E cosi il cibo, invece che un diritto umano da garantire a tutte le persone è diventato una merce al pari di tutte le altre. Da quel momento presero avvio movimenti di base del mondo contadino, per difendere l’agricoltura familiare, i piccoli agricoltori e i sistemi locali di produzione del cibo che da sempre avevano garantito il cibo per le comunità locali, senza dover sottostare alle regole del commercio internazionale, e che consideravano il cibo prima di tutto un diritto fondamentale delle persone.
Ma nel concetto di sovranità alimentare è compresa non solo una critica all’approccio economico e sociale dell’agricoltura industriale, ma anche una critica profonda all’approccio agronomico fondato sulle monocolture, sull’uso della chimica di sintesi per il massimo sfruttamento della terra e delle risorse naturali. Infatti, gli accordi sul commercio avevano determinato a suo tempo una spinta decisiva verso il modello di agricoltura intensiva che come unico obiettivo aveva l’aumento delle rese.
Oggi è evidente che un sistema di questa natura ha impoverito gli agricoltori con il continuo abbassamento dei prezzi dei prodotti agricoli, ha scaricato sulla collettività i costi dell’inquinamento, del disinquinamento e della difesa del benessere delle persone, e ha garantito solo gli interessi delle multinazionali dell’agribusiness. La sovranità alimentare non è quindi compatibile con i sistemi agricoli intensivi che hanno compromesso la fertilità del suolo, determinato la perdita di specie selvatiche e di varietà locali, di biodiversità genetica, tutti elementi fondamentali e strettamente connessi alle conoscenze degli agricoltori e delle comunità rurali, che costituiscono punti chiave per ricostruire sistemi territoriali di produzione e consumo di cibo imperniati sulla sovranità alimentare, parte integrante del concetto di agroecologia. Sovranità alimentare e agroecologia sono quindi due facce della stessa medaglia, strettamente coerenti con il biologico e il biodinamico, che puntano a creare sistemi alimentari legati al territorio e alle comunità locali, mettendo in primo piano i diritti delle persone e dell’ambiente e creando sistemi democratici e di partecipazione pubblica per la definizione delle politiche del cibo. È di questa espressione della sovranità alimentare che c’è assolutamente bisogno, per sistemi locali del cibo sostenibili in grado di garantire la fertilità del suolo per il contrasto al cambiamento climatico, il funzionamento anche di fronte alle emergenze e la capacità di sostenere anche i segmenti più deboli e vulnerabili della popolazione».
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