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Micro-certezze

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Un pensiero ecologico non è un’ideologia o una moda, ma una visione del mondo che mette al centro la complessità del vivente. L’editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
Micro-certezze
Il cervello umano non riesce a vivere in uno stato di perenne incertezza per il futuro. Questo induce infatti una stimolazione continua della corteccia cingolata anteriore, la parte dove avviene l’elaborazione inconscia del pericolo, che alla lunga può portare a gravi disturbi psichici. È per questo motivo che, come spiega bene il neuroscienziato Sébastien Bohler, il cervello reagisce ricorrendo a brevi momenti di tregua, che potremmo chiamare microcertezze, per compensare il senso generale di smarrimento con eventi circoscritti, prevedibili e rassicuranti. Si tratta di un meccanismo antichissimo che risale ai primati e che consentiva, già ben prima della comparsa dell’homo sapiens, previsioni a breve termine legate per esempio ai piaceri del cibo o del sesso. Oggi dobbiamo farci i conti in ben altri contesti.
Pensiamo alla dieta moderna. Per la prima volta nella storia dell’umanità, il numero di morti per sovrappeso, obesità, diabete e malattie cardiovascolari ha superato quello di chi muore per fame o malnutrizione: stiamo parlando di 3 milioni di vittime l’anno. E recenti studi ci mostrano che la cattiva alimentazione, che è uno dei fattori che maggiormente determina queste patologie, è strettamente legata a sentimenti di incertezza per il futuro.
Come se non bastasse, quelle stesse scelte alimentari contribuiscono a creare danni ambientali e sociali.
Ci troviamo in un circolo vizioso: affondiamo i denti in un succoso hamburger per calmare la nostra angoscia, mentre in tv passano immagini della devastazione ambientale causata dagli allevamenti intensivi.
Ma il problema va molto al di là della nostra dieta. Le micro-certezze sono diventate un elemento sempre più pervasivo nelle nostre vite, alimentando anche altre industrie, come quella dell’intrattenimento, che si tratti di pornografia, di serie televisive o di social media, e quella farmaceutica, con la vendita di psicofarmaci alle stelle.
Anche la politica talvolta sfrutta questo meccanismo, come nel caso dell’emergenza sanitaria in atto. Puntando tutto sulla soluzione vaccinale invece che su strategie integrate, fa leva sul senso di incertezza generale e sul sollievo che deriva dall’idea che la prevenzione farmacologica sia risolutiva, alimentando al contempo una grave lacerazione sociale.
Se vogliamo uscire dalla trappola, dobbiamo prendere consapevolezza del nostro profondo bisogno di dare una prospettiva a lungo termine alla nostra esistenza. Riconquistare il territorio che ci è stato progressivamente sottratto può richiedere un notevole sforzo di volontà, ma se iniziamo con dei piccoli passi ci prenderemo gusto. Scopriremo che il buon cibo riesce a darci un piacere immediato ma anche a tenerci in salute, che coltivare un piccolo orto è ben più delle verdure che raccogliamo, che la medicina naturale va oltre la cura dei sintomi. E che un pensiero ecologico non è un’ideologia o una moda, ma piuttosto una visione del mondo che mette al centro la complessità del vivente, le sue innumerevoli sfumature e i suoi delicati equilibri.
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Editoriale tratto dal mensile Terra Nuova Settembre 2021

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