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Nell’orto a Gennaio

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Facciamo mente locale durante i mesi invernali nei quali la terra non richiede lavoro: quali arnesi ci servono per l’orto? Zappa, vanga, badile, rastrello, paletta, zappettino…
Nell’orto a Gennaio: gli arnesi giusti
Mettiamo subito dei punti fermi: gli arnesi, qualunque essi siano, devono essere di buona qualità. Niente cineserie a basso costo. A volte si ha la fortuna di ereditarli, perché da che mondo è mondo gli arnesi si sono sempre tramandati di generazione in generazione fino a quando la parte in ferro non era completamente finita dall’uso.
Per chi fa agricoltura biologica, la vanga sarà sostituita dalla forca foraterra a quattro denti e con il manico a T. Lo svizzero Mario Howard, ben 25 anni fa, scrisse uno dei primi manuali sulla necessità del biologico.
Si parlava di un diverso approccio alla terra, più rispettoso e meno cruento della vangatura, proponendo la forca foraterra per aerarla e non rivoltarla.
A quei tempi questa forca era introvabile: bisognava farsela spedire dalle ditte specializzate della Svizzera oppure dalla Germania, e costava un occhio della testa.
Oggi non è più così. La si trova in tutti i grandi magazzini di giardinaggio, la produce una fabbrica austriaca e costa quanto una buona vanga. Però ha il manico verniciato, e questo non va bene perché con il tempo la vernice si staccherà e se la ciuccerà la pelle delle nostre mani.
Ha anche la forca verniciata di nero con i denti verniciati d’oro, e anche questo non va bene perché con l’uso la vernice si staccherà e se la ciuccerà la terra. E infine il manico a T è fermato da un puntaccio sparato con una pistola, niente a che vedere con il sistema di costruzione a incastri come avevano i manici dei tozzi badili dei soldati americani, che si portavano attaccati alla ruota di scorta delle loro jeep.
Chissà come, alla fine della guerra gran parte dei contadini del Chianti avevano una di queste pale degli americani e ce l’aveva anche Tizzola, mio nonno. Mi è arrivata in eredità.
Come dicevamo, quando un arnese è costruito bene è per sempre, e invece anche il mondo del biologico ha il suo business e le sue contraddizioni, come lo è il criterio di costruzione di questa forca. Nella coltivazione biologica, la zappa è sostituta dal coltivatore a dente di porco o SZ, dove il dente di porco è un dente ben affilato e robusto che serve per aerare la terra. È sostituta anche dalla zappa a pendolo, che serve per sarchiare senza spostare la pacciamatura.
Devo confessare che ho diviso il mio orto a metà: dalla parte del fiume lo coltivo con il metodo che mi ha insegnato Tizzola, mio nonno, che è quello che arriva direttamente dal medioevo con qualche ritocco durante il periodo di Leopoldo dei Lorena (1700). L’altra metà, dalla parte della strada, lo coltivo con il sistema proposto da Howard, che a Cora (Svizzera) si costruì la casa e impiantò uno dei primi orti biologici.
Non so se si è costruito la casa con i criteri della bioedilizia, quello che so è che non è facile scrollarsi di dosso mille anni di storia con i suoi sistemi di coltivazione tramandati da generazione in generazione.
Quello che so è che una cosa è cominciare un’esperienza senza aver mai avuto né legami né insegnamenti dalla cultura contadina, una cosa è partire comprandosi per la prima volta un arnese, come potrebbe essere la forca foraterra senza che mai nessuno ti abbia insegnato nulla, nulla sulle stagioni, sui sistemi di coltivazione, sulla storia della mezzadria: nulla di nulla.
Altra cosa, invece, è aver ricevuto in eredità una quantità innumerevole di concetti e di attrezzi: vanghe, zappe, forconi, setacci, carri, carretti, pennati, roncole, falce, falcetti e badile degli alleati e poi le raccomandazioni sui rapporti in cui c’è da fidarsi
(fra contadini), quelli in cui non c’è da fidarsi (con il padrone) e quelli da vivere senza aspettarsi troppo (con Iddio).
E andare con tutto questo peso di ferraglia, di affetti e di credenze in un garden center a chiedere una forca foraterra con i denti dorati, per ricominciare da capo.
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