Fare il libraio è un mestiere ma anche un po’ una missione. Al Vicolo del Forno di Pordenone la pensano così. Dal 1978, anno di apertura della libreria Al Segno, sono convinti di dover offrire un servizio che vada oltre l’aspetto commerciale per salvaguardare il ruolo del libro quale strumento di crescita civile, culturale, etica.
Fare il libraio è un mestiere ma anche un po’ una missione. Al Vicolo del Forno di Pordenone la pensano così. Dal 1978, anno di apertura della libreria Al Segno, sono convinti di dover offrire un servizio che vada oltre l’aspetto commerciale per salvaguardare il ruolo del libro quale strumento di crescita civile, culturale, etica.
Per un libraio di lunga data è inevitabile pensare a un certo declino culturale dagli anni Ottanta in poi. «In quegli anni è cominciato quello che io chiamavo e chiamo il trionfo del regno della quantità e cioè la propensione a guardare sempre di più alla quantità piuttosto che alla qualità, ai numeri piuttosto che ai rapporti, all’apparenza piuttosto che alla sostanza» sostiene il titolare Mauro Danelli. «Se negli anni Settanta si recitava lo slogan “piccolo è bello”, da metà anni Ottanta abbiamo cominciato a recitare lo slogan “grande è necessario”. Questo ha portato alla scomparsa o alla trasformazione di tanti mestieri, mettendo in forte crisi anche quello del libraio».
Secondo Danelli il libraio non può essere il grigio porgitore di una merce, ma deve porsi come propositore culturale, scorgendo nel lettore prima ancora di una risorsa economica, una «risorsa civile» con la quale costruire una «comunità leggente», composta da persone che imparano a «nuotare nel mare dei libri». La libreria Al Segno rimane tra le poche a non avere ancora introdotto il «non book», e cioè tutti quei prodotti che non sono libri e che possono andare dagli oggetti di cartoleria ai prodotti alimentari. Un percorso che sta snaturando la figura del libraio, trasformandolo in una sorta di droghiere.
«L’ultimo ventennio ha prodotto in Italia un deludente, pare inarrestabile, processo storico di chiusura di tante librerie tradizionali» prosegue Sergio Danelli. «Hanno preso il loro posto nuovi spazi, supermercati, centri commerciali, librerie di catena, editoriali e non, librerie online, magari spazi molto belli, attraenti, affascinanti, ma attori di un processo di “supermercatizzazione” caratterizzato da anonimato e omologazione, con un numero di titoli sempre più basso, col prevalere di classifiche e massiccia esposizione di ciò che si vuole imporre al cliente. Sono i cosiddetti non-luoghi. Vogliamo davvero trasformare la cultura, la trasmissione del sapere, il livello di sviluppo civile in un prodotto omologato? Vogliamo sostituire la ricchezza della varietà di voci in un mondo sempre più liquido, anonimo, superficiale?».
Il libraio di Al Segno ha invece un’idea diversa di quella che deve essere una libreria e si sforza di tenerla in vita. «La libreria tradizionale e indipendente è caratterizzata dal vasto assortimento e dalla qualità del servizio» spiega. «Quantità e qualità di titoli, quantità e qualità di settori, personalità di conduzione. Ogni libreria deve avere una sua anima, a partire da una precisa personalità del suo libraio, che non deve essere un semplice commesso, bensì una persona che non si limita a vendere qualsiasi libro e un operatore che lavora coscientemente con i libri. Perché anche i libri hanno un’anima! Per questo occorre curare attentamente la scelta e la disposizione dei volumi. E bisogna scegliere. Lasciamo spazio alla piccola editoria di qualità oppure ci lasciamo invadere dalle mode della grande editoria? Facciamo pile e pilone dei bestseller oppure mettiamo in evidenza i libri veramente meritevoli? Proponiamo i volumi che fanno guadagnare di più oppure quelli che possono rinforzare il rapporto col lettore? Occorre conoscere i libri e quindi aprirli, tastarli, leggerli, sottoporli a un processo di propria rielaborazione personale da offrire al cliente, affinché l’atto della vendita possa diventare occasione di conoscenza e crescita reciproca».
LIBRERIA AL SEGNO, Vicolo del Forno 2, Pordenone
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