È possibile partorire in maniera naturale e nella propria casa dopo aver subìto un taglio cesareo? «Assolutamente sì» è la risposta che arriva dal Comitato per la buona nascita
1, che raccoglie donne, ostetriche e ginecologhe, riunitesi per rivendicare la possibilità e il diritto della partoriente di scegliere, in sicurezza, modalità e luoghi del parto. Ed è quanto sostiene anche Verena Schmid, ostetrica, formatrice e docente internazionale, curatrice del libro
Partorire dopo un cesareo. Esperienze e consigli per una scelta informata (Terra Nuova Edizioni), che illustra il grande lavoro di sensibilizzazione su questo argo-mento svolto proprio da comitati, movimenti e operatrici in Italia.
Eppure, la resistenza è ancora tanta, c’è irrazionalità nelle prese di posizione contro il cosiddetto Vbac, cioè il parto vaginale dopo taglio cesareo, e si tende a medicalizzarlo in maniera ingiustificata. Lo spiega bene Verena Schmid in questa intervista.
Quanto è forte il pregiudizio nei confronti del Vbac e quali le resistenze?
Il Vbac è a basso rischio in una donna sana, il successo è alto, più alto che nelle primipare, e un successivo cesareo è molto più rischioso di un parto vaginale spontaneo.
Però le raccomandazioni, appunto irrazionali, lo trattano come un parto ad alto rischio e le donne subiscono questo pregiudizio negativo sotto forma di pressione e medicalizzazione. Nel modello medico attuale, il Vbac è considerato rischioso e quindi, se viene offerto, viene concesso sotto stretto controllo.
Le linee guida prevedono come luogo esclusivo l’ospedale, poiché la mentalità medica disapprova ancora di più il Vbac a domicilio. La percezione del rischio nel modello medico è correlata alla misura di controllo che sente di avere sulla donna. Laddove la donna fa le sue scelte e si sottrae al controllo, esso, in modo del tutto irrazionale, dichiara il rischio e fa terrorismo psicologico.
Le donne che vogliono partorire dopo un cesareo, invece, vogliono vivere la nascita del loro bambino come un’esperienza integrale, capace di riscattare il loro senso di frustrazione. Non tollerano più soprusi, l’essere messe in secondo piano.
Cosa affermano le evidenze scientifiche?
Le evidenze scientifiche analizzano solo alcuni aspetti, tralasciandone altri. In particolare si focalizzano sull’incidenza di rottura d’utero, rischio peraltro molto basso, che però si quadruplica quando il parto viene indotto o quando c’è l’epidurale. Si potrebbe dire che il rischio di rottura d’utero in una donna con Vbac, che ha un travaglio non medicalizzato, non è superiore a quello di una donna primipara senza precedente cesareo. Naturalmente, le cause nelle due situazioni sono diverse. Ma dal punto di vista della sicurezza non c’è praticamente differenza, almeno in termini statistici. Eppure le linee guida raccomandano il parto in ospedale sotto stretto controllo medico.
Ci sono poi contraddizioni nelle stesse ricerche e nell’interpretazione dei risultati, come l’inosservanza di variabili importanti e la non valutazione delle modalità di assistenza. Quasi tutte le ricerche si sono concentrate su parti ospedalieri che comunque non sono fisiologici.
Dunque, la sicurezza di un parto naturale dopo un cesareo, anche a domicilio, è ben documentata?
Penso che la sicurezza di un Vbac e di un parto in genere non si possano separare. Le regole di protezione della fisiologia rendono più sicuri entrambi. Dati sui Vbac a domicilio ce ne sono pochi. Mentre il parto in ospedale è ben indagato, il parto a domicilio lo è molto meno.
Inoltre il «divieto» per le ostetriche di assistere un Vbac a domicilio ha reso rare queste esperienze, almeno in Italia. Ma possiamo prendere ad esempio paesi più aperti, dove se una donna vuole partorire a domicilio la sua scelta viene rispettata. Abbiamo raccolto molte esperienze.
Da circa sei, sette anni ci sono anche alcuni dati a confronto tra Vbac e Hbac (parto a domicilio dopo cesareo).
Emerge con chiarezza che più è medicalizzato il luogo del parto, meno successo ha il Vbac. Si va da una quota di successo del 23-27% nei reparti di ostetricia a un 75-80% delle case maternità, a un 85-98% nei
parti a domicilio. In Italia pochi ospedali offrono la possibilità di un Vbac, in particolare nel Sud, dove i cesarei raggiungono cifre molto alte, anche oltre il 60%. Quando il cesareo è stato fatto senza indicazione
medica, spesso la donna si sente derubata della sua esperienza del parto.
Attraverso la perdita intuisce il valore del partorire e quindi cerca in un secondo parto il riscatto e la guarigione dal trauma del cesareo. Non trovando una risposta accogliente da parte delle istituzioni pubbliche,
sempre più spesso si rivolge a un’ostetrica per un parto domiciliare, anche per essere rispettata nelle sue scelte. Si tratta di una scelta sicura, perché la motivazione della donna, la sua partecipazione attiva al
parto e la facilitazione di un’ostetrica offrono le migliori possibilità affinché il parto si svolga in modo fisiologico.
Perché secondo te esistono tante resistenze? Per ignoranza o altro?
Le resistenze nascono da un conflitto di paradigma. Il modello medico appartiene a un paradigma maschile, gerarchico, di controllo e standardizzato.
La realtà della nascita appartiene a un paradigma femminile, simmetrico, di contatto e dinamico. Il parto a domicilio fa parte di quest’ultimo.
Anche l’ignoranza ha una sua parte, ma è dovuta alla mancanza di interesse. Il modello medico gerarchico non è interessato all’interpretazione femminile della nascita. Quando sente che qualcosa sfugge al suo controllo diventa autoritario e tende a imporsi con metodi poco ortodossi.
Cosa si può dire alla donna che si trova nella condizione di dover decidere ed è magari soggetta a pressioni che le inducono timori?
La prima cosa che le direi è di leggere il libro, di farsi un’opinione. È importante anche cercare persone alleate, dentro e fuori dall’istituzione, che la rafforzino nelle sue scelte. Poi le suggerirei di mettersi in contatto con il suo bambino e chiederne l’opinione. Gliela farà sapere. Successivamente di farsi accompagnare da un’ostetrica. Infine, di imparare a conoscere le leggi della fisiologia, che sono protettive. Esistono anche metodi di analgesia che non interferiscono con la fisiologia.
Le ostetriche che riconosco l’opportunità del parto naturale dopo un cesareo come accolgono e seguono la donna?
Propongono la continuità dell’assistenza fin dalla gravidanza. È durante la gravidanza che si costruiscono le condizioni per un buon parto ed è anche il tempo in cui acquisire conoscenze, strumenti, attivare risorse,
instaurare un legame di collaborazione con il bambino, coinvolgere il partner in un ruolo attivo, allenare il corpo e la mente ai cambiamenti continui. Le ostetriche seguono la donna già cesarizzata favorendo i processi fisiologici, in più trattano la cicatrice ed elaborano insieme alla donna l’esperienza precedente.
La accompagnano in tutto il suo percorso di maternità, al di là di dove e come avvenga il parto. Cercano di creare aspettative realistiche e, anche quando dovesse ricapitare un cesareo, sostengono la donna in un
ruolo attivo, partecipativo.
Quali sono le accortezze da mettere in campo e quali le possibili controindicazioni?
Se dopo il cesareo non sorge nessun altro problema, la donna può tranquillamente avere un parto fisiologico.
L’ostetrica saprà riconoscere eventuali segnali di difficoltà prima che diventino un problema e prenderà i provvedimenti necessari. In migliaia di Vbac a domicilio non c’è stata nessuna rottura d’utero e il tasso di trasferimenti in ospedale in travaglio (per altri motivi) è stato inferiore nelle donne con precedente cesareo che nelle altre.
Il tema del Vbac solleva anche temi legali, filosofici, di violenza ostetrica e di diritti umani. Il diritto alla scelta del luogo e del modo del parto viene spesso leso, e la donna non viene rispettata nelle sue scelte.
Il Vbac richiede una riflessione sul significato profondo del partorire e sulle filosofie di assistenza. Conoscere i propri diritti è un altro punto di autoprotezione.
Note
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IL LIBRO
In Italia avvengono più parti cesarei che nel resto d’Europa. Partorire naturalmente dopo un cesareo è quindi un tema attualissimo, ma spesso questa possibilità è gravata da paure e pregiudizi, oppure non viene neppure presa in considerazione. Al contrario, questo libro sostiene che una donna precesarizzata sana e motivata, se assistita in modo fisiologico, ha più possibilità di partorire normalmente rispetto a una primipara.
A partire dalla propria esperienza e da numerosi studi scientifici le autrici – ostetriche, medici, avvocate e filosofe – smontano i luoghi comuni e offrono molteplici strumenti per conoscere e per contrattare i propri diritti, e per decidere come scegliere una nascita ben assistita e ben vissuta.
Un volume rivolto alle ostetriche, ai medici e alle future mamme e papà che vogliono informarsi; perché un parto vissuto con le proprie forze può assumere per la donna un valore di riscatto e di guarigione dal trauma precedente.
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DELLA STESSA AUTRICE:
L’idea di partorire con le doglie richiama il dolore. Le doglie, però, non sono solo dolore, ma anche pause di benessere, gioia e gratificazione profonda.
Questo libro dimostra che il dolore delle doglie può essere governato e che la sua gestione attiva dà alla donna un senso di una grande forza e di grandi possibilità personali. In modo chiaro sono spiegate le numerose funzioni positive delle doglie per mamma e bambino, e anche tutte le risorse che un parto spontaneo mette a disposizione, nonché i mille modi in cui il dolore può essere controllato, contenuto e trasformato in pura forza.
I metodi di analgesia e ipoalgesia farmacologici e fisiologici sono descritti in dettaglio, compresi i loro aspetti positivi e negativi, al fine di offrire alle donne il più ampio ventaglio di scelte.
In conclusione l’autrice propone un corso di training per le doglie in quattro sedute, pensato per la coppia affinché anche il partner possa trovare un ruolo attivo di sostegno.
Un testo indispensabile per le operatrici del settore e per tutte le donne e le coppie che desiderano affrontare il parto in modo attivo e consapevole.