Sono ormai mesi che l’attenzione dei media e l’impegno dei nostri politici sono concentrati sull’imminente scadenza referendaria. Il paese appare diviso, così come sono spaccate al loro interno maggioranza e opposizione.
Nel grande frastuono di slogan, proclami e accuse lanciati da una parte e dall’altra, si ha la sensazione che comunque vada a finire sia stata sprecata una buona occasione. C’è sicuramente bisogno di ridurre i costi della politica e di velocizzare l’iter per l’approvazione delle leggi, ma la riforma della Costituzione, così com’è stata proposta, rischia di portare più danni che vantaggi: è vero, si riducono i costi del Senato, ma solo di poco; invece di diminuire, cresce la probabilità di conflitti di competenza tra Camera e nuovo Senato e tra Stato e Regioni; infine vengono ridimensionati drasticamente i poteri delle autonomie locali e accresciuto, grazie anche alla nuova legge elettorale, il potere nelle mani del Governo, di un solo partito e di un solo leader.
Mentre la maggioranza si disfa e destra e sinistra si confondono a favore del Sì o del No, c’è una parte del paese che fa le valigie perché non trova possibilità di lavoro in Italia. Nel 2015 sono stati oltre 107 mila gli italiani espatriati in cerca di fortuna: 6232 in più rispetto al 2014. A partire sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni. Non è un fenomeno nuovo, ma negli ultimi dieci anni la fuga all’estero ha registrato un’impennata preoccupante: +54,9%. Un’emorragia dolorosa, che porta intelligenza, creatività e forza lavoro di qualità lontano dai nostri confini.
D’altra parte, che fiducia possono avere i nostri giovani nei confronti di un governo che di fronte a un tasso di disoccupazione giovanile tra i più elevati d’Europa, non trova niente di meglio che rispolverare la vecchia chimera del ponte sullo Stretto di Messina? L’opera pubblica per eccellenza, panegirico di tutti i mali. Una fenice ingegneristica che dagli anni Sessanta a oggi viene ripescata regolarmente da governi in crisi di consenso e leader in cerca di voti facili. Un miraggio che sa di già visto: la promessa di 100 mila posti di lavoro. Più di 33 nuovi occupati per ogni metro di ponte! Un volo pindarico che supera di diverse lunghezze le prodezze di Cetto La Qualunque portato sugli schermi da Antonio Albanese.
Ci chiediamo con quale spirito i giovani costretti a espatriare per lavoro, e più in generale gli oltre 4,8 milioni di italiani che vivono all’estero, si recheranno presso i nostri consolati per votare la riforma della Costituzione di un paese che, pur essendo fondato sul lavoro, non è riuscito a garantire loro un futuro dignitoso.
Editoriale tratto dal mensile Terra Nuova Novembre 2016
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