Quelli del “mi fai un favore?”

Per nascita, saremmo persone tutte diverse. Non esiste uno, una come noi: incredibile, vero? Siamo creature con molteplici e variegate sfumature e invece ora va di moda ridimensionare il peso specifico di una personalità, comprimerla per poterla chiudere in una cartellina in ordine alfabetico e usarla come risorsa utile solo a generare profitto. Veniamo ridotti a essere un contatto giusto a cui chiedere favori.

Ancora nel 2024 esiste gente che continua a subire quel ridicolo rito preparatorio che viene allestito prima di domandare un favore: si tratta di un’arte neanche troppo sofisticata in cui vengono sprecati minuti preziosi in inutili convenevoli, in paroline al gusto di fragolina di bosco, barboncino pettinato, in domande premurose sul nostro stato di salute per prepararci a dire sì, adulazioni che affollano tutto quel gigantesco spazio di tempo che c’è prima di arrivare finalmente al dunque.

Non solo la gente ci usa, ma non si sbriga neanche a dirci in che modo vorrebbe usarci! E noi siamo lì, coi minuti contati, sapendo benissimo che quello stronzo sta per chiederci qualcosa, ma niente, ci tocca aspettare che termini quel teatrino-zuccherino messo in piedi per chiederci un favore, un servizio, un bene in regalo, in sconto, in prestito, e Dio sa quanto vorremmo gridare: «Dimmi cosa ti serve, parassita maledetto!», ma non abbiamo il coraggio, perché siamo ancora troppo borghesi.

L’augurio quindi è di prendere coraggio e, al prossimo «Ciao Tesoro, come stai?! Ti vedo sui social, sempre con il viso illuminato da questa luce speciale che ti avvolge, ma come fai?!», avremo lo stomaco abbastanza allenato per poter dire: «Si, devo dire che sto bene, a parte oggi che mi sento particolarmente maldisposto nei confronti degli altri, ma dimmi pure: volevi dirmi qualcosa?». Le persone hanno imparato a usare gli altri come gli americani trattano i cani: li avrete visti.

Si abbassano, mettono i palmi delle mani sulle ginocchia e mormorano cose sceme tipo: «Oh you’re so cute, little puppy!».

La procedura di convenienza è identica; questi approfittatori sanno benissimo come premere i tasti dei nostri istinti per ottenere in cambio servizi: sanno come metterci seduti, a cuccia, ci danno il premio, ci accarezzano, ci chiudono nel recinto, nel trasportino, ci chiedono la mano, che è molto più pericoloso che chiedere la zampa. Stiamo attenti, restiamo in guardia e ringhiamo, quando sarà necessario.

Arianna Porcelli Safonov è performer di monologhi di satira e critica al costume sociale. Laureata in Storia del costume, ha scritto due libri umoristici, Fottuta Campagna e Storie di matti (Fazi Editore). Dal 2018, collabora con l’Università di Pavia, con una docenza legata alle tecniche di improvvisazione applicate agli ambiti manageriali.

www.ariannaporcellisafonov.com

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