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Ricucire lo strappo

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Quando si è animati da valori di solidarietà, viene quasi spontaneo volgere lo sguardo verso sud. È una sorta di simpatia immediata verso quelle terre baciate dal sole e da una maggiore spontaneità di relazione e aiuto reciproco. Alla fine però si finisce sempre per parlare di Sud del Mondo, un sud lontano, esotico, irraggiungibile. E ci si dimentica del nostro Sud, fulcro economico e crocevia delle antiche civiltà, diventato poi terreno di conquista e di rapina, da parte di un Nord un po’ troppo smemorato.
L’economista svedese Gunnar Myrdal parla di un fallimento solenne, dell’Italia verso il suo Sud. «Un fallimento innegabile, immenso, che dovrebbe rappresentare un caso di coscienza per ogni italiano onesto». È quel Sud in cui oggi ci limitiamo a tornare in agosto, in cerca di tradizioni e di folclore a basso costo. Un Sud da cartolina, che ci immaginiamo arcaico e arretrato, ma che è stato rastrellato e spogliato ad arte delle sue ricchezze, della sua industria, della sua economia.
Un Sud fintamente bucolico, che abbiamo cercato di addomesticare. Quel Sud esportatore di manodopera a basso costo, che ha costruito mattone su mattone il miracolo economico italiano del dopoguerra. Un Sud tenuto in vita con le flebo dell’assistenzialismo, pedina necessaria per salvare la faccia ai nostri politici, quanto basta per riuscire a piazzare le merci del Nord che fanno grande il nostro Paese.
Capitale umano, cultura, paesaggi, meraviglie dei mari e della terra. Quanta ricchezza ci può ancora essere in questo Sud? Forse non ha più senso rivendicare le ingiustizie subite per mano degli antichi oppressori. I nemici contro cui deve lottare il nostro Meridione sono la pochezza della politica, gli interessi del mercato globale, il senso di impotenza e di stanchezza che permea la coscienza comune.
Ma forse è proprio nel nostro Sud che possiamo trovare gli anticorpi, per far fronte al contagio della rassegnazione. Perché insieme alla depressione, nel Sud della Penisola, non è raro incontrare sorprendente vitalità, soprattutto nel mondo e nel settore che da anni siamo fieri di rappresentare. Sono le avanguardie rurali che dalla Sicilia alla Campania ci parlano di un nuovo modo di fare agricoltura, tra biodiversità e recupero delle filiere del pane. Sono le lotte dei cittadini salentini contro il gasdotto e l’espianto degli ulivi secolari. Sono i nuovi esperimenti di coesione sociale che animano i borghi della Calabria o della Sardegna, per nuove forme di turismo a beneficio delle comunità.
Ecco che si levano dalle spiagge assolate del Sud quei granelli di sabbia in grado di inceppare gli ingranaggi del potere. Se questo Paese si vuole salvare dovrà volgere lo sguardo a Sud, per ricucire quello strappo che continua a farci male.
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