«Piantare più alberi non è solo una scelta altruistica, per lasciare un mondo ricco di biodiversità, è anche una scelta utilitaristica, poiché gli alberi producono grandi quantità di ossigeno e assorbono velocemente l’inquinamento di superficie». La riflessione di Paolo D’Arpini della Rete Bioregionale Italiana.
La Pianura Padana era nell’antichità una sola immensa foresta, cresciuta dentro un reticolo di fiumi, torrenti, rogge, paludi, dal Piemonte fino a Ravenna. Di questo immenso polmone verde resta ben poco, uno degli ultimi boschi residui che resistono all’attacco dell’uomo è la Foresta del Cansiglio, che fu protetta dalla Repubblica Veneziana, ora minacciata da speculazioni edilizie e tagli indiscriminati.
La scomparsa dei boschi nella pianura padana si deve soprattutto alla conversione di queste foreste in terre coltivabili; iniziato migliaia di anni fa, questo processo è divenuto sistematico durante il periodo romano e si è concluso in epoca moderna.
Al giorno d’oggi la pianura padana è quasi interamente coltivata o urbanizzata o industrializzata, residui di boschi radi sono presenti solo lungo i fiumi; si tratta spesso di boschi di poco valore, la cui composizione è profondamente alterata dalle attività umane.
In questi giorni si parla molto dell’aumento del Co2 nell’aria, la presenza di grandi estensioni arboree favorirebbe il suo assorbimento oltre a mitigare il clima.
Una politica di esteso rimboschimento della pianura padana (che tra l’altro risulta essere l’area più inquinata d’Europa) favorirebbe un processo di riconversione ambientale in senso ecologico. Le falde acquifere, i terreni, le città sono pesantemente inquinate dallo sviluppo sconsiderato della civiltà consumista. Le risorse naturali vengono distrutte ad un ritmo così accelerato che se si continua così nel loro sfruttamento ben poco resterà ai nostri posteri per sopravvivere. Le uniche materie prime saranno disponibili in quelle che attualmente sono le nostre discariche. La situazione è melodrammatica mentre i governi del «cambiamento» continuano a favorire la «crescita» ovvero la distruzione ambientale.
L’unica speranza che intravedo, per conservare la vivibilità del nostro Paese, comincia dalla riconversione della pianura padana in foresta perenne, questo tanto per cominciare… poi si potrà passare anche al rimboschimento di altre pianure e dei nostri monti. La forte presenza di alberi farà anche aumentare le piogge, il che riporterà l’Italia ad essere quel paradiso che fu un tempo.
Piantare più alberi non è solo una scelta altruistica, per lasciare un mondo ricco di biodiversità, è anche una scelta utilitaristica, poiché gli alberi producono grandi quantità di ossigeno, oltre ad assorbire velocemente l’inquinamento di superficie.
L’opera veloce di rimboschimento, inoltre, favorirebbe anche nuove forme di lavoro per sostituire i capannoni e le costruzioni abbandonate che infestano Veneto, Lombardia e Piemonte con nuove e rigogliose foreste, un’impresa in sintonia con l’ecologia profonda che i nostri posteri apprezzeranno.
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