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Riportiamo la nascita a casa

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«Il modello medico ha reso il parto spontaneo impossibile e ha sottratto alle donne le loro competenze» dice Verena Schmid, ostetrica con esperienza quarantennale. Il parto in casa per molti è ancora un tabù e c’è chi ne continua a mettere in discussione la sicurezza. Ma i vantaggi sono dimostrati da evidenze empiriche e scientifiche.
L’ospedale come scelta pressoché obbligata per questioni di sicurezza, la medicalizzazione per «esser certi» di avere tutto sotto controllo, l’epidurale come diritto da garantire per non sentire dolore: sono queste le direzioni in cui in Italia si sta scegliendo di procedere, a livello istituzionale e accademico, sul tema della nascita e del parto. E paiono accantonate, volutamente e senza troppe esitazioni, le aperture, che pur qualche anno fa hanno segnato un’epoca di dialogo e accenno di cambiamento, verso una scelta libera e consapevole della madre sul luogo del parto, verso una demedicalizzazione dell’evento nascita, verso una valorizzazione del ruolo dell’ostetrica e di pratiche che riducano al minimo l’interventismo.
Anche laddove ci sono leggi regionali che dovrebbero garantire e normare il parto a domicilio con rimborso delle spese, è estremamente difficile esigerne la completa applicazione e le donne sono soggette a una forte pressione, da parte della società, dei media e di molti medici.
«Eppure, un paradigma differente non solo esiste ed è applicabile, ma rappresenta quanto più si avvicina alle esigenze effettive di sicurezza, intimità e consapevolezza che nella donna devono essere esaudite per fare in modo che la nascita torni a essere un momento fisiologico della vita, vissuto con gioia e fiducia» spiega Verena Schmid, ostetrica di grande esperienza e fondatrice dell’associazione Marsupio, una delle prime in Italia a seguire le donne nel parto a casa.

I luoghi della nascita

Quindi, non solo e sempre l’ospedale per far nascere i bambini, non solo e sempre il modello medico, ma anche molto altro.
«Ormai sono centinaia gli studi che attestano la sicurezza del parto a domicilio» prosegue Verena Schmid. «Ed è addirittura superiore alle altre opzioni in termini di soddisfazione delle donne e di capacità di reagire bene al travaglio e con il bambino. Inoltre, nel parto extraospedaliero gli interventi e le relative complicanze sono inferiori rispetto all’ospedale. Chiaramente, non bisogna riprodurre a casa il modello usato nelle strutture sanitarie, occorre invece affidarsi a una prospettiva differente, di salutofisiologia, come spiego anche durante le mie docenze».
«I risultati dell’applicazione del modello medico alla nascita parlano chiaro: il parto spontaneo, libero da interventi medici e farmacologici, è quasi scomparso. Si è ormai ridotto al solo 6% circa, mentre, secondo l’Oms, l’85-90% delle donne dovrebbe avere una gravidanza fisiologica e la possibilità di partorire in modo naturale. Il modello medico ha reso il parto normale impossibile e le donne inabili a partorire, negando loro le condizioni e il supporto necessari per poterlo fare; tale modello considera la donna come un utero da svuotare e la sua personalità come un ostacolo per arrivare al bambino, vera meta della nascita. Il parere della madre non è richiesto e semmai è di intralcio. Il suo stato psicofisico durante e dopo la nascita non interessa, se non in termini di patologia. Nella visione salutogenica, invece, la rimozione della donna come soggetto dalla gravidanza e dal parto è considerata pericolosa, poiché è lei la portatrice di risorse e competenze. Ovviamente il modello medico è prezioso nella cura delle patologie (quelle reali, rare, non quelle inventate) e nelle emergenze. C’è da considerare però che, in ostetricia, laddove ci sia una buona cura salutogenica della gravidanza, la necessità di cure mediche dovrebbe riguardare solo circa il 10-15% della popolazione e un consulto medico per un’indagine diagnostica nelle situazioni limite potrebbe interessare un altro 10-15% circa».

Le conseguenze della medicalizzazione

«Dall’esame della letteratura scientifica e dalla valutazione della pratica clinica ed extraospedaliera, emergono gli innumerevoli rischi ai quali la medicalizzazione del parto espone madre e bambino» aggiunge la Schmid.
Vediamole insieme:
• Taglio cesareo. In donne sane l’incidenza del taglio cesareo dovrebbe essere sotto il 3%, nell’esperienza extraospedaliera si aggira attorno al 1,5-2%. Nella popolazione totale, comprese le gravidanze a rischio, secondo Marsden Wagner, epidemiologo dell’Oms, offre benefici al massimo sul 7% delle partorienti. Secondo le ultime indicazioni dell’Oms, non dovrebbe superare il 10%. Attualmente la media nazionale italiana è del 36%, con un aumento del rischio per la madre e per il bambino.
• Induzione del parto. In un caso su quattro la donna rischia un’induzione del parto che spinge spesso il bambino a nascere prematuro dal punto di vista funzionale; sarà quindi meno in grado di collaborare attivamente al processo del travaglio e potrà avere maggiori difficoltà di adattamento postnatale.
• Parto vaginale operativo. In un caso su otto la donna rischia un parto vaginale operativo, con ventosa ed episiotomia, molto traumatico sia per lei che per il nascituro. A volte questa manovra è dovuta all’imposta posizione supina che rende difficile il periodo espulsivo, ma anche da atti di accelerazione indebiti nelle prime fasi del travaglio.
• Inibizione degli ormoni sessuali prodotti durante un parto fisiologico. Sono finalizzati all’analgesia, alla trance, alla protezione metabolica ed energetica, all’adattamento postparto e al bonding (legame, ndr).
• Separazione tra madre e bambino. Ha ripercussioni a livello fisico, biologico/ormonale e affettivo/relazionale; questa pratica minaccia l’attaccamento sicuro del bambino.
• Soppressione del sistema di gratificazione. Si impedisce l’innesco del meccanismo fisiologico e psicologico che premia la donna per lo sforzo sostenuto; ciò causa l’aumento delle depressioni post partum, in particolare nelle donne che hanno scelto il «parto indolore» con epidurale, e si assiste a una diminuzione dell’autostima e dell’euforia.
• Puerperio difficile. Spesso ci sono difficoltà di adattamento del bambino e dell’allattamento; viene creato dolore e distress. Sono inibite le endorfine e l’ossitocina, ormoni analgesici ed euforizzanti.

Il modello salutofisiologico

«Tutt’altri paradigma e approccio sono invece quelli sui quali si basa il modello salutofisiologico» continua Verena Schmid. «Quando si mette la donna al centro del suo parto, ci si focalizza sulla persona, sui processi dinamici e vitali, su una visione sistemica del funzionamento dell’organismo e della sua interazione con l’ambiente, sui concetti di coping e capacità interattiva della persona nel gestire la propria salute. Si valorizza l’intuizione come sapere femminile profondo. È centrale qui la figura dell’ostetrica, che accoglie, non giudica, accompagna e non comanda, guida e non impone, vede e non interpreta. In questo modello la donna è sovrana, il suo partner ha un importante ruolo di sostegno, di protezione, fornisce energia maschile al bambino in utero e alla donna».

«L’ostetrica è una facilitatrice, la gerarchia è inversa rispetto al modello medico e diventa circolare: la donna con il suo partner (o chi per lui) sta al centro del cerchio, gli operatori ai margini, attorno a loro, sono una risorsa».

I benefici della salutofisiologia

«I benefici di un approccio demedicalizzato e fisiologico alla nascita sono innumerevoli» spiega Verena Schmid, che li elenca nel suo libro Il parto in casa e in casa maternità (Terra Nuova Edizioni).
Eccone alcuni:
• Le induzioni del parto sono rarissime.
• L’accompagnamento salutofisiologico dei prodromi, prevenendo il distress e rispettando i tempi di questa fase fondante del travaglio, riduce gli arresti del travaglio nella prima fase.
• Il rispetto delle fasi di transizione spontanee previene la sofferenza fetale.
• La protezione dell’intimità dell’ambiente, insieme al sostegno empatico, il movimento libero, la disponibilità dell’acqua prevengono le malposizioni fetali.
• I trattamenti antistress e le prese manuali per sbloccare il bacino risolvono in genere le distocie del parto e le malposizioni.
• L’attesa dell’inizio del periodo espulsivo fino alle spinte spontanee, il non direzionare la spinta, il contatto della donna con il bambino, il sostegno maschile del partner e la salvaguardia delle condizioni che permettono il riflesso di eiezione del feto rendono il periodo espulsivo sicuro e in genere breve, una volta che entra nella sua fase attiva.
• L’espulsione naturale della placenta (senza farmaci e interventi manuali), nel rispetto dei tempi fisiologici, è più sicuro quando il cordone viene lasciato integro.
«E non dimentichiamo» aggiunge Schmid «che, secondo l’Oms, l’ostetrica è la figura assistenziale più efficace in termini di benefici e costi per la cura della gravidanza e del parto normale, che comprende anche la valutazione della salute e il riconoscimento di eventuali complicanze. L’assistenza dell’ostetrica abbassa il rischio di sviluppare complicanze, di subire interventi medici inappropriati e produce parti più sani».

Parto a casa e sicurezza

«Il domicilio è attualmente l’unico luogo in cui un parto può avvenire in modo fisiologico, indisturbato, rispettato, senza interferenze, senza interventi medici o restrizioni di tempo, in un clima di fiducia dove il partner è libero di trovare il suo modo di stare accanto alla sua donna e al bambino, dove i genitori decidono l’imprinting, dove il bambino non viene mai separato dalla mamma» spiega ancora Verena Schmid.
«Nelle Case maternità ci possono essere gli stessi vantaggi, benché l’ambiente sia comunque diverso e gli spostamenti possano creare un lieve alzamento del livello di stress. Comunque, a ogni donna il suo ambiente! Tutto è soggettivo, per questo è bene che la donna possa scegliere».
«Vanno, inoltre, sfatati i miti di pericolosità costruiti intorno al parto a domicilio, che ormai, secondo la ricerca scientifica, è un’esperienza sicura e positiva quando la donna è sana e senza complicanze ostetriche manifeste, quando la gravidanza è a termine e il bambino in posizione corretta. Gli esiti per la madre e la sua gratificazione sono migliori di quelli in ospedale e gli esiti per il bambino sono uguali a quelli in ospedale in termini di mortalità, indice di Apgar basso e ammissione in terapia intensiva».
«Inoltre, nel parto a domicilio ci sono meno interventi medici, quindi meno complicanze correlate rispetto all’ospedale, il tasso dei tagli cesarei è sotto il 5%, le donne interagiscono meglio con il neonato e l’assistenza salutofisiologica delle ostetriche è più sicura ed efficace dell’assistenza medica per le donne in salute».
Inoltre, ci sono una o due ostetriche per ogni partoriente per tutta la durata del parto e la reperibilità è 24 ore su 24 per un mese, se necessario.
«La donna fa tesoro delle sue forze, permette al suo corpo di fare ciò per cui è competente» prosegue Verena. «Il travaglio inizia spontaneamente, quando il bambino è maturo per nascere; gli interventi medici e le accelerazioni artificiali del travaglio con le relative complicanze sono assenti; il dolore è minore perché l’ambiente è intimo e il ritmo tra doglia e pausa è fisiologico; il bambino nasce senza asfissia, è subito sveglio e pronto alla relazione. Può mantenere il suo cordone integro fino all’espulsione della placenta, che avviene naturalmente. Le ostetriche seguono poi la madre anche nel puerperio, favorendo l’allattamento al seno, e la donna rimane con la forte sensazione di avercela fatta da sola, con una profonda gratificazione e con un senso di empowerment».
Purtroppo però, il conflitto attorno al parto a domicilio rende questa scelta ancora difficile. Verena Schmid, nel suo libro Il parto in casa e in casa maternità, analizza a fondo tale conflitto e propone strategie diversificate per affrontarlo, superarlo e muoversi verso una vera integrazione dei paradigmi, in modo da poter arrivare presto a offrire alle donne vere scelte libere, senza criminalizzazioni e inutili terrorismi.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Gennaio 2019

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IL LIBRO

Il parto a domicilio è circondato da tanto fascino che sa di antico, ma anche da infiniti pregiudizi del tutto irrazionali, che impediscono di comprenderlo fino in fondo. Ma su quali principi e regole basare la scelta di partorire in casa o in Casa maternità, opzioni ormai ritenute valide al pari delle altre? Gli studi e il modello scientifico definiscono il parto extraospedaliero allo stesso livello di sicurezza del parto in ospedale, ma in grado di offrire una maggiore qualità dell’assistenza e dell’esperienza di partoriente e nascituro.

In questo libro Verena Schmid illustra magistralmente la modernità e la praticabilità oggi del parto a domicilio, a patto che sia eseguito con criteri certi di qualità e sicurezza. Nello stesso tempo l’autrice spiega il profondo conflitto tra i diversi paradigmi della nascita, che contemplano da un lato nuove modalità assistenziali più vicine alla donna e al bambino, dall’altro l’estrema medicalizzazione che assegna all’Italia il triste primato dei cesari in Europa.
Verena Schmid si rivolge alle ostetriche, alle studentesse, alle donne e alle coppie in attesa; a ciascun gruppo offre gli strumenti specifici per comprendere i numerosi vantaggi di un parto fisiologico, realizzabile in tutti i contesti di nascita. Lettrici e lettori, pagina dopo pagina, impareranno a valutare la qualità delle proposte assistenziali a domicilio e in Casa maternità e sapranno così come mettere in pratica le proprie scelte in sicurezza.

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