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Scelte radicali

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Per cogliere l’essenza serve una sintesi che restituisca una dimensione necessariamente complessa. L’editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
Scelte radicali
I mezzi di comunicazione che utilizziamo, il nostro stile di vita, i fatti che bussano incessantemente alla porta del nostro quotidiano, hanno creato in noi un grande bisogno di semplificare. E non sempre è una cosa positiva.
L’industria, quella agroalimentare in particolare, ha fatto della semplificazione il proprio principio fondante. E nell’arco di un secolo ha ridotto drasticamente le varietà coltivate, banalizzato i sapori, reso superflua addirittura la preparazione del cibo.
La stessa cosa sta succedendo con l’informazione, quel «cibo per la mente» di cui ci nutriamo ogni giorno, di solito attraverso un dispositivo mobile, convinti di scegliere liberamente, come quando al supermercato soppesiamo tanti cespi d’insalata assolutamente identici. E in questo immenso supermercato dell’informazione finiamo di solito per andare alla ricerca dei sapori standardizzati a cui siamo stati educati: fast-news per riempire la pancia più che la testa, che producono emozioni forti e nette, facilmente riconoscibili, che suscitano reazioni binarie, e che sui social cercano insistentemente di farci rispondere alla domanda: «Da che parte stai?».
Non c’è dubbio che oggi servano una svolta radicale e delle scelte coraggiose, ma la polarizzazione delle posizioni, che in seguito all’emergenza sanitaria ha subito una visibile impennata, in realtà finisce col contribuire a quell’impoverimento del dibattito che tiene in vita lo status quo.
Va anche detto che, a livello individuale, dietro a queste estremizzazioni c’è spesso una disperata ricerca di senso, una sorta di istinto di sopravvivenza dell’anima. Il significato della parola radicale ha a che fare con le radici, in altre parole con l’intima essenza di qualcosa. E l’essenza non può essere semplificata, né tantomeno ridotta a una questione di bianco o nero. Per cogliere l’essenza c’è bisogno di sintesi – e di semplicità nella sua accezione più positiva – ma la sintesi deve contenere e restituire una dimensione necessariamente complessa.
«C’è bisogno di una biodiversità dell’intestino, ma allo stesso tempo di una biodiversità della mente» mi ha detto Vandana Shiva in una recente intervista. «Mente e corpo sono fortemente collegati, e per coltivare gusti autentici non si può prescindere dalla presa di coscienza di un’ecologia a tutto tondo. E questo parte dall’avere fiducia nella pluralità del pensiero e delle idee».
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Editoriale tratto dal mensile Terra Nuova Settembre 2020

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