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Scuole parentali: è boom ma ci vuole organizzazione

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La situazione di incertezza e disagio in cui versano le strutture scolastiche statali a seguito dell’allarme Covid ha spinto moltissime famiglie a percorrere la strada delle piccole comunità educative di iniziativa genitoriale. «Ma deve essere una scelta meditata e preparata, con un progetto preciso e un’organizzazione chiara e condivisa» spiega la pedagogista Cecilia Fazioli.
Scuole parentali: è boom ma ci vuole organizzazione
Con le difficoltà che ha vissuto e sta vivendo la scuola, e quindi con i disagi che bambini, ragazzi, insegnanti e genitori hanno affrontato e continuano ad affrontare, si è avuto un crescente interesse per la formula della cosiddetta scuola parentale, cioè piccole comunità di bambini, solitamente volute e promosse dalle famiglie, che si dotano di uno o più educatori per condurre esperienze educative autonome rispetto alla scuola statale. La scelta non è di quelle da fare alla leggera, naturalmente, anche perché diventa quanto mai importante che genitori ed educatori condividano un progetto pedagogico chiaro. Inoltre, si apre la questione della forma giuridica da dare a queste comunità, della ragione sociale, dell’organizzazione e della gestione.
In Italia sono sorte negli ultimi anni (e il trend ha di recente conosciuto un’accelerazione) numerosissime realtà educative parentali, di varia ispirazione pedagogica e con forme organizzative anche molto diverse tra loro, oltre che con dimensioni differenti. È assai difficile quantificare queste presenze sul territorio nazionale in quanto non esiste un vero e proprio censimento attivo, ma sicuramente si parla di centinaia e centinaia di realtà che coprono ormai pressoché tutte le regioni (su www.terranuovalibri.it si può scaricare gratuitamente la Mappa della scuola che cambia, iniziativa coordinata da Tutta un’altra scuola (Tus): www.terranuovalibri.it/mappascuolachecambia)
A fornire indicazioni utili, suggerimenti efficaci e pratici nonché informazioni su cui fondare scelta e azione in questo senso, è senz’altro Cecilia Fazioli, pedagogista, counselor, consulente per progetti di scuola parentale, tra i fondatori di Tutta un’altra scuola e autrice del libro La scuola parentale (Terra Nuova Edizioni).

Dottoressa Fazioli, lei ha contribuito a fondare alcuni anni fa una scuola parentale. È pedagogista, ha approfondito la tematica e segue progetti e famiglie come consulente. Come interpreta il fenomeno che si osserva oggi di diffusione accelerata delle esperienze e dei progetti di scuola parentale?

La condizione vissuta con l’allarme Covid e il disagio che si continua a vivere ha alimentato e continua ad alimentare un senso di precarietà, smarrimento, difficoltà a progettare e a sentirsi al sicuro. Questo ha sollecitato tanti genitori a maturare riflessioni circa l’educazione dei propri figli. Qualcuno si è sentito costretto a porsi domande, molti sentono e vivono in modo bruciante le contraddizioni sempre più evidenti in merito alle modalità di frequenza scolastica e  all’organizzazione del tempo fuori della scuola.
Bambini e ragazzi sono fortemente penalizzati perché costretti dentro una dimensione gestita e regolata senza tenere conto delle loro necessità naturali e globali di crescita, in quanto ci si focalizza solo sulla dimensione sanitaria, come se non necessitassero di essere nutriti e protetti sul piano del pensiero, sul piano affettivo, emotivo e relazionale. Quindi, se ci si sofferma attentamente sul percorso evolutivo del bambino e dell’adolescente ci rendiamo conto che è stata smarrita la strada. Non devono essere trascurate pratiche educative che mostrano la necessità sempre più urgente di sostenere l’infanzia e la gioventù allo scopo di valorizzare le relazioni, l’incontro dei corpi, la promozione della salutogenesi.
Chi acquisisce sempre maggiore consapevolezza delle autentiche necessità del bambino e del ragazzo vive con fatica, rabbia, dolore, ribellione lo stare dentro a un’istituzione che fatica a ragionare. Così ci si trova di fronte a insegnanti, genitori e studenti smarriti, disinteressati, delusi. Per dire no a tutto questo, da anni sono sempre più numerosi i genitori che scelgono l’alternativa della scuola parentale, che definirei coschooling, ovvero riunirsi attorno a un bene comune che si vuole valorizzare, proteggere, nutrire quale è l’educazione dei propri figli, in una dimensione collettiva.

Quali reputa siano gli aspetti costruttivi e i problemi possibili?

Quella della scuola parentale è una scelta che fino a poco tempo fa era praticata solo da un pugno di famiglie, che inseguivano autenticamente il desiderio di dare un’opportunità formativa alternativa. Oggi, la scelta della scuola parentale in alcuni casi è dichiaratamente una fuga dal sistema scolastico, che sembra più un presidio sanitario che formativo. È comprensibile la scelta dei genitori che preferiscono creare contesti differenti da quelli ingessati e a volte persino paradossali che si sono visti nelle scuole statali. Diventa quindi necessario scegliere altri spazi dove ragionare e riflettere sulle misure restrittive, affinché siano alimentate la critica e la dialettica. Questa può essere una crescita positiva e le contraddizioni possono essere oggetto di confronto. Ma la scelta di uscire dal circuito scolastico pubblico come fosse una fuga, in velocità e un po’ all’ultimo, porta il rischio di non lasciare tempo per valutare bene il perché di una scelta.

Per quanto io ritenga che «la scuola del Covid» non risponda ai bisogni dei bambini e degli adulti e metta a rischio la partecipazione, la motivazione e la volontà, allo stesso tempo temo che anche la scuola parentale nata su motivazioni deboli, perché non approfondite, porti in tempi brevi a difficoltà, conflitti e abbandoni. La lunga esperienza personale e le consulenze di questi anni mi hanno restituito un osservatorio, seppure non esaustivo, che mostra un’enorme fatica di chi intraprende e organizza progetti di scuola parentale. A differenza dell’homeschooling, la scuola parentale chiede a gran voce di saper stare in gruppo, coordinarsi e contribuire tutti per sostenere il progetto.

E gli indubbi vantaggi?

I vantaggi di questa scelta stanno nell’esercitare appieno il proprio ruolo genitoriale, nel sentirsi protagonisti delle proprie decisioni. Oggi siamo perennemente indotti ad affidarci allo specialista di turno, ci dicono che solo l’esperto può sapere per noi che cosa fare. Ritengo invece che la genitorialità vada sostenuta a partire dalla consapevolezza che si costruisce nel confronto, anche con lo specialista, ma a patto che quest’ultimo eserciti il suo ruolo informando, e nel contempo accolga il pensiero di chi ha difronte.

Ci sono errori noti da evitare o «tranelli» da riconoscere per tempo?

Auspico che chi sceglie la scuola parentale in questo momento, riservi spazio al confronto, si dia tempo per documentarsi, altrimenti i rischi sono dietro l’angolo. Da genitore apprezzo vedere quanti scelgono l’istruzione parentale, ma occorre essere preparati e non cadere nel tranello del tutto subito e facile. Percorrere strade alternative affatica e bisogna attrezzarsi con i giusti strumenti, prima di tutto una bussola per orientarsi e non perdersi, che contenga alcuni elementi fondamentali, a partire dalle domande che è bene porsi. La prima domanda, la cui risposta può apparire banale è: qual è la mia motivazione?
Interrogarsi vuole dire generare riflessioni, dubbi, valori necessari per il confronto all’interno della coppia genitoriale e poi nel gruppo che si costruisce attorno al progetto. A mio avviso, la motivazione non può essere semplicemente il rigetto della scuola con la mascherina; sarebbe troppo riduttivo. Certo, oggi si parte anche dalla questione sanitaria, ma non ci si può arenare in riflessioni solo dettate dagli eventi del momento. Occorre piuttosto cogliere quanto accade oggi per interrogarsi. È nella natura umana aver bisogno, a volte, di essere sollecitati dagli ostacoli per cambiare rotta e quindi oggi ci si trova difronte all’opportunità di crescere nella consapevolezza genitoriale.
Altro errore da evitare è quello di non condividere i principi educativi; non basta dire «il progetto è montessoriano», «libertario» o «in natura» e con questi titoli credere di sapere dove andare. Fondamentale è il percorso, come lo si vuole costruire, perché dia ampio spazio di approfondimento alla costruzione di un sapere comune. Va chiarito cosa si intende riguardo a relazioni, spazi, tempi e contenuti dell’educazione. Nel mio libro sollecito a dare forma all’identità della scuola, che si traduce nella costruzione del progetto pedagogico.
Quest’ultimo richiede conoscenze, capacità di elaborazione con un linguaggio chiaro e preciso. Una volta definito chi siamo e perché, principale involucro protettivo, solo in un secondo tempo si procede sul piano legale e fiscale. Troppo spesso noto il contrario, ma senza la costruzione di un buon progetto pedagogico è come costruire una casa senza fondamenta.

L’educazione è complessità, che non si sposa con superficialità e nemmeno velocità. Quanto è fondamentale la figura del pedagogista?

Nei progetti di scuola parentale trovo ci sia ancora resistenza a rivolgersi alla figura del pedagogista, ma è fondamentale per attribuire qualità ai percorsi. L’amore e la cura genitoriale hanno necessità di una figura che muova intenzionalmente passioni, volontà, desideri, corpi verso una direzione conosciuta, ma da scoprire. Il motto è quindi non accontentarsi, la posta in gioco sono le vite e i destini delle future generazioni.
Credere che organizzare il tempo dei bambini con attività tutto il giorno e tutti i giorni sia un modo di preservare il proprio tempo e i propri spazi è un’illusione. Rendersi fautori e protagonisti delle proprie scelte significa ribadire la libertà di contribuire al pieno sviluppo della persona umana.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Novembre 2020

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IL LIBRO

La scuola parentale è una scelta possibile sancita dalla Costituzione, anche se poche famiglie la conoscono. Il termine “parentale” indica proprio che si tratta di una forma di organizzazione e proposta educativa che parte dalla volontà e dalle riflessioni dei genitori; di quei genitori, soprattutto, che cercano una vera e propria alternativa alla scuola statale.

Questo libro offre la possibilità di conoscere che cosa sono le scuole parentali e quali sono i valori pedagogici fondanti. Il volume contiene anche indicazioni legali e amministrativo-burocratiche, per affrontare correttamente ogni passo nella costruzione e gestione di un progetto educativo. E propone un paradigma fondato sulla dimensione partecipata e partecipativa al progetto educativo, che si potrebbe riassumere nel termine co-schooling, sottintendendo l’educazione come bene comune.
È una guida utile a genitori, educatori e insegnanti che desiderano mettersi in gioco e pensare fuori dagli schemi.

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