Spegniamo gli schermi, accendiamo la vita
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Viviamo in un mondo iperconnesso, dove il digitale è entrato con prepotenza nelle nostre vite, anche in quelle dei più piccoli. C’è qualcosa che va cambiato. Ne parla il tema di copertina di Terra Nuova di novembre e a questo argomento è dedicato anche l’editoriale del direttore di Terra Nuova, Nicholas Bawtree.
Viviamo in un mondo iperconnesso, dove il digitale è entrato con prepotenza nelle nostre vite, anche in quelle dei più piccoli. Il tema di copertina della rivista Terra Nuova di questo mese porta alla luce una realtà preoccupante: i nostri bambini stanno letteralmente crescendo davanti agli schermi, con effetti devastanti sul loro sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale. Stiamo delegando alla tecnologia digitale, alle app e all’intelligenza artificiale ciò che una volta nasceva e si alimentava grazie al contatto diretto con il mondo reale, all’esperienza pratica, alle mani sporche di terra e al gioco libero.
L’infanzia è il periodo in cui si gettano le fondamenta del futuro. Eppure, mentre noi adulti ci perdiamo nei pixel dei nostri schermi, i nostri figli stanno crescendo in una bolla digitale che li allontana da ciò che conta davvero: la natura, le relazioni umane autentiche, la scoperta di sé attraverso l’esperienza diretta. Le neuroscienze ci dicono che il cervello dei bambini si sviluppa in base a ciò che sperimentano e conoscono nella vita reale, non alle interazioni virtuali. Eppure i dati parlano chiaro: sempre più bimbi vengono «connessi» fin dalla culla. Dobbiamo chiederci: che tipo di adulti stiamo formando? È assai probabile che i piccoli che oggi passano ore davanti a uno schermo avranno in futuro difficoltà a relazionarsi con il mondo reale, con gli altri esseri umani e con se stessi.
La dipendenza dal digitale non è un fenomeno passeggero, ma una problematica che rischia di accompagnarli per tutta la vita, compromettendo la loro capacità di pensare in modo critico, di gestire le emozioni e di vivere in armonia con la natura e la società. È nostro dovere, come genitori, educatori e cittadini responsabili, dire no a questo abuso di tecnologia. Non si tratta di demonizzare il progresso, ma di riconoscerne i limiti e i pericoli quando viene usato in modo indiscriminato. Dire no agli schermi per i più piccoli è dire sì alla loro salute, al loro benessere, al loro diritto di vivere un’infanzia vera, fatta di contatto con la natura, di giochi all’aperto, di relazioni reali.
Come ci ricorda Katherine Johnson Martinko nel suo coraggioso esempio di vita, è possibile creare uno spazio libero dal digitale per i nostri figli, uno spazio in cui possano crescere sani e felici. Non è facile, certo, ma è necessario. La sfida è grande, ma non possiamo più permetterci di ignorarla. I bambini non sono piccoli adulti: hanno bisogno di vivere il presente nel modo più naturale possibile, per diventare adulti consapevoli e connessi sì, ma con il mondo reale.
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