Da un lato le rosicchia il mare, dall’altro i gestori balneari. E tra rifiuti e inquinamento, alcune delle nostre coste non sono certo quelle di una volta. Eppure, in Italia, di spiagge libere e pulite ne esistono ancora molte. Il nostro litorale è lungo circa 8 mila chilometri, la metà dei quali è balneabile. Un patrimonio che, in ottica ecoturistica, ha molto da offrire ai visitatori. La Coldiretti stima che il settore del turismo sostenibile valga circa 12 miliardi di euro l’anno e che il 10% degli italiani amanti delle vacanze ecologiche sceglierebbe il mare. Ma in che stato versano i nostri litorali?
Coste in ritirata
Nonostante le innumerevoli meraviglie di cui è costellata, in diversi tratti l’Italia rivierasca è vittima dell’erosione costiera. L’avanzamento del mare rispetto alla terra, causato anche da processi naturali, vede tuttavia nel fattore umano la principale fonte di squilibrio. Dal dopoguerra a oggi, infatti, il prelievo di sabbia e ghiaia dagli alvei dei fiumi non si è mai arrestato, registrando una sensibile crescita negli ultimi anni. Anche la costruzione di canali artificiali e dighe ha diminuito l’apporto di detriti. A peggiorare la situazione contribuisce l’utilizzo sconsiderato della fascia costiera per la realizzazione di infrastrutture e insediamenti, moli portuali e barriere frangiflutti. Queste pratiche comportano prelievo di inerti dalle spiagge e distruzione della vegetazione e delle barriere naturali costituite dalle dune.
Il contributo umano all’erosione costiera viene anche dalle operaziol’estrazione di idrocarburi «offshore» causa subsidenza, vale a dire l’abbassamento di vaste aree di fondale prima mantenute «gonfie» dalla presenza di petrolio o gas misti ad acque di strato.
La depressione del suolo marino e costiero alimenta l’avanzamento del mare, che contribuisce a rosicchiare tratti di spiaggia. Un fenomeno particolarmente evidente sui litorali dell’Emilia-Romagna (dove è la prima causa di erosione), nelle cui acque territoriali sorgono 47 piattaforme per l’estrazione di idrocarburi. Negli ultimi 60 anni, i monitoraggi Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale) mostrano che a Rimini la fascia costiera si è abbassata di oltre 70 cm. Da Cesenatico al Delta del Po è sprofondata di oltre un metro, gli effetti sono anche gli ecosistemi fluviali, a causa dell’aumento dell’ingressione marina1, agevolata dal prelievo di sedimenti a fini edilizi, che contribuisce ad abbassarne il letto.
Secondo il professor Enzo Pranzini, del Dipartimento di scienze della Terra dell’Università di Firenze, «l’arretramento della spiaggia, in condizioni naturali, può far perdere parti di territorio di grande interesse naturalistico, come le dune costiere, ma è quando la linea di riva non può arretrare, per la presenza di edifici, strade o ferrovie, che il sistema si degrada maggiormente.
In questi casi l’arenile non può riformarsi e la costa sabbiosa si trasforma in una costa rocciosa».
L’ombra della privatizzazione
Sulle spiagge del Belpaese gravano anche problemi di carattere normativo. La privatizzazione dei litorali è infatti un tema scottante, che riguarda gran parte della penisola. Lo Stato non si è mai tirato indietro quando si è trattato di regalare demanio pubblico a operatori privati: il risultato è che su circa 4 mila chilometri di costa balneabile, ogni 350 metri sorge uno stabilimento balneare gestito da privati. In alcune regioni la situazione è anche più critica. Nonostante la Liguria abbia imposto il tetto del 40% di spiagge libere, secondo il Wwf appena 12 Comuni rivieraschi su 63 rispetterebbero il limite. La Francia, per fare un paragone, ha un limite molto più conservativo: solo il 20% del suo litorale può essere dato in concessione.
Quello italiano è un caso limite in Europa. E infatti ha portato il nostro Paese davanti alla Corte europea di giustizia. Nel 2012, con il «Decreto sviluppo» del governo Monti, l’Italia ha disposto la proroga automatica
delle concessioni balneari su tutta la costa fino al 31 dicembre 2020. La misura è in contrasto con la direttiva Bolkestein, perché favorisce i gestori italiani invece di liberalizzare il mercato dei servizi su suolo pubblico.
Emanata dalla Commissione europea nel 2006, la direttiva obbliga gli Stati membri ad assegnare le concessioni demaniali con bandi pubblici aperti anche agli operatori europei. Dunque le proroghe automatiche accordate fino al 2020 si pongono in diretto contrasto con le norme comunitarie.
La pressione politica volta a favorire i gestori balneari nostrani viene in primis dalle Regioni. La Liguria si è impegnata a lavorare al fianco del governo per prolungare la scadenza delle concessioni per almeno 30 anni, mentre la Toscana garantisce il rinnovo del titolo a chi presenta al proprio Comune un piano di investimenti per migliorare l’offerta di servizi ai bagnanti. Il paradosso è che, per assicurarsi la proroga della concessione, tutto questo rischia di tradursi in nuove costruzio-mentre dal 1984 al 2011 è scesa di quasi 50 centimetri – un record – a Lido di Dante (Ravenna). A patirne ni sulle spiagge, in barba all’urgenza di contenere il consumo di suolo.
Non dimentichiamo poi che, a fronte di una vasta privatizzazione del litorale, lo Stato incassa canoni irrisori: le circa 30 mila concessioni marittime fruttano appena un centinaio di milioni l’anno.
Rifiuti: maglia nera ai fumatori
Sulle spiagge, nonostante le campagne di sensibilizzazione, si trovano ancora rifiuti in quantità. Secondo Legambiente, che ha preso in esame una trentina di lidi italiani, l’80% degli oggetti abbandonati è di plastica.
Tra sacchetti, bottiglie e frammenti, si tratta di una mole di spazzatura dannosa per la fauna marina e gli uccelli, che ne ingeriscono i frammenti.
Per questo motivo, le associazioni ambientaliste ogni anno diffondono i propri avvertimenti volti a stimolare comportamenti virtuosi. Negli ultimi 7 anni, ad esempio, ha preso piede la campagna «Ma il mare non vale una cicca?» di Marevivo, che nel 2015 ha distribuito ai bagnanti 120 mila posacenere tascabili.
L’iniziativa ha permesso di risparmiare al mare una quantità di mozziconi pari a una fila lunga 550 km, come un ponte tra il Veneto e l’Abruzzo. Nelle scorse 7 edizioni, le stime parlano di 20 milioni di cicche che non sono finite nella sabbia.
Un mozzicone di sigaretta, per quanto possa sembrare «innocuo», impiega da uno a cinque anni prima della completa degradazione. Se sommiamo milioni di comportamenti individuali otteniamo un quadro da brivido: i mozziconi sono al primo posto nella lista dei dieci rifiuti più raccolti nelle strade secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), e costituiscono tra il 30 e il 40% dei rifiuti nel Mar Mediterraneo.
Con il «Collegato ambientale» entrato in vigore nel febbraio 2016, l’Italia ha inasprito le sanzioni per chi abbandona piccoli rifiuti come cicche, gomme da masticare, fazzoletti di carta e scontrini. Esattamente il genere di materiali che troppo spesso viene gettato dai bagnanti sulle spiagge. Le sanzioni vanno da 30 a 150 euro, e salgono fino a 300 per i rifiuti di prodotti da fumo.
A seguito dell’approvazione di queste disposizioni, i Comuni sono tenuti a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale – proprio come le spiagge – appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi. Resta comunque il problema dei controlli, sostanzialmente inesistenti.
Batteri indesiderati
Le insidie per i bagnanti si nascondono anche in acqua. Durante l’ultima «Goletta verde», la campagna di monitoraggio di Legambiente, il laboratorio mobile dell’associazione ha analizzato 266 campioni d’acqua, di cui il 45% è risultato contaminato da cariche batteriche (enterococchi intestinali, escherichia coli) «superiori ai limiti imposti dalla normativa», cioè «un punto inlequinato ogni 62 km di costa». In pratica, 120 campioni (provenienti per il 50% da spiagge libere e ad alta affluenza) sono stati valutati «inquinati» o addirittura «fortemente inquinati». Nella metà dei casi, le autorità pubbliche non avevano svolto alcun controllo sanitario precedente.
Stando all’analisi di Legambiente, diverse criticità sono concentrate nelle zone costiere presso le foci dei fiumi o dei canali. La prima causa di inquinamento dell’acqua sarebbe infatti il cattivo funzionamento dei depuratori, riscontrato dall’Istat nel 42% degli scarichi fognari.
La maglia nera spetta alle coste di Marche e Abruzzo, penalizzate da un alto numero di corsi d’acqua, canali e torrenti che sfociano nel mare. Tra le isole invece è da registrare l’ottima performance della Sardegna in contrapposizione alla Sicilia, che presenta 14 punti inquinati sui 26 sottoposti a campionamento. Poche le criticità in alto Adriatico (Veneto e Friuli), così come in Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia, Basilicata e Molise, mentre per Lazio, Calabria e Campania il 50% o più dei campioni si è rivelato inquinato.
Le perle del Belpaese
Se il quadro tracciato pare piuttosto fosco, è anche giusto ricordare che tutte le regioni costiere italiane offrono una moltitudine di belle sorprese in fatto di spiagge libere e pulite. E allora, ecco qualche dritta su alcune
delle mete più attraenti.
Nella stretta e affollata Liguria trovare un angolo semideserto non sarà facile, specialmente in alta stagione.
Tuttavia, le Cinque Terre rappresentano sempre una forte attrattiva: le alternative vanno da Vernazza a Monterosso, fino a Riomaggiore, spiaggia lambita da acque profonde di fronte all’area marina protetta di Capo Montenero.
Scendendo più giù, in Toscana, gli amanti del campeggio possono fermarsi dalle parti di Follonica per visitare le spiagge di Cala Violina e Cala Martina. Qui, la macchia mediterranea arriva fin quasi al mare, e la spiaggia emette suoni armoniosi al passaggio degli avventori. Più a sud, in provincia di Grosseto, il promontorio di Punta Ala è l’ideale per gli amanti delle spiagge lunghe e ampie, in gran parte libere e isolate dal traffico, grazie alle grandi pinete ombrose.
Dalla parte opposta dello Stivale, il Veneto offre una vasta scelta ai campeggiatori lungo la costa del Cavallino, lunga 2 km e completamente libera.
In Emilia-Romagna, il Lido di Classe è noto per conservare da anni la bandiera blu di Legambiente per la pulizia e la bellezza della costa. È lunga 5 chilometri e raggiungibile anche a piedi o in bici attraversando il Parco del delta del Po.
Sempre sul versante adriatico, le Marche sono state spesso sottovalutate. Eppure, i borghi dell’interno e alcune spiagge rappresentano una meta ideale per gli ecoturisti. Una su tutte, ai piedi del monte Conero, è la spiaggia delle Due Sorelle, incantevole tratto di costa delimitato da due scogli gemelli che emergono dall’acqua.
Tornando a ovest, nel Lazio spicca la spiaggia di Passoscuro, avvolta dalla riserva naturale del litorale romano. Ma qualche chilometro più a sud della capitale, non si può negare una visita alla celebre battigia di Sabaudia: davanti il mare trasparente, dietro una palude verdeggiante e ricca di biodiversità.
Anche la Campania offre scorci rurali e selvaggi nel parco del Cilento, dotato di un litorale lungo 100 km. Qui la perla è Punta Licosa, vicino a Castellabate (Salerno), un luogo isolato e dalla natura lussureggiante.
Dal porto di San Marco di Castellabate si snoda un sentiero in terra battuta, che costeggia il litorale di scogli per circa 4 chilometri. Superato il Monte Licosa si scende verso la piccola e incantevole spiaggia antistante l’isolotto omonimo.
Non sarà difficile comprendere, a chi opta invece per il mare dell’Abruzzo, perché la Costa dei Trabocchi sia stata difesa con le unghie e con i denti dai movimenti «No Triv».
Una trentina di chilometri più a sud, Punta Penna è l’ideale per chi vuole osservare da vicino i numerosi uccelli marini che nidificano tra le dune.
Scendendo in Basilicata, si possono ritrovare i colori delle isole greche nelle calette di Maratea, lungo il golfo di Policastro. Un mare che non teme confronti lambisce questi piccoli archi di sabbia, riparati dalla vegetazione e raggiungibili tramite sentieri angusti.
Puglia e Calabria concludono il viaggio per lo stivale: la prima, ormai divenuta terra di movida, offre scorci sorprendenti sulla spiaggia di Porto Selvaggio, in provincia di Lecce. Vale la pena raggiungerla a piedi dal sentiero naturale che parte da Santa Caterina. In Calabria, invece, si trovano alcuni dei litorali più suggestivi di tutto il Mediterraneo: da Capo Rizzuto a Capo Vaticano, dove gli scogli rendono i fondali specchiati e l’acqua impareggiabile.
Sulle isole, infine, al turista attratto dalle bellezze del paesaggio potrebbe non bastare un’estate intera in cammino per scoprire tutti i luoghi da visitare. In Sicilia, non si può non far tappa alla spiaggia di Calamosche, nella riserva naturale di Vendicari, tra Noto e Marzamemi, vicino ai resti archeologici di Eloro. Senza dimenticare la Spiaggia dei conigli a Lampedusa, tra le più belle del mondo, dove depongono le uova le tartarughe marine, sorvegliate dai volontari durante tutto il periodo che termina con la schiusa. Da maggio ad agosto, questi straordinari animali approdano sulla spiaggia: dopo 60 giorni, di solito, le uova si schiudono e i piccoli prendono la via del mare.
Dai dintorni di Castelsardo a Porto Ferro, passando per Stintino, la Sardegna è un proliferare di spiagge di pietre e lingue di scogli che si infilano nel mare per decine di metri. Molte di esse sono raggiungibili solo con lunghe camminate nei campi. Ma una volta discesi verso il mare, ne sarà valsa la pena. Con il suo nuraghe circondato dal mare, la Spiaggia della pelosa è sicuramente uno dei luoghi più suggestivi della parte settentrionale della regione. Ideale per lo snorkeling, è consigliabile visitarla la mattina presto, prima dell’assalto dei turisti.
Finché siamo in tempo
Come abbiamo visto, i fenomeni naturali di erosione, da un lato, giocano un ruolo non indifferente nel rendere inospitali spiagge fino a ieri accoglienti. Dall’altro, le attività antropiche non stanno diminuendo il loro impatto: il consumo di suolo continua a crescere anche nella fascia costiera dell’Italia, e le privatizzazioni non sono certo in regressione. Tuttavia, il nostro Paese offre ancora innumerevoli luoghi d’incanto per trascorrere l’estate al mare, ma potrebbe rivelarsi via via più complicato accedervi senza qualche sforzo. Allora, godiamocele finché siamo in tempo.
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Note
1. Fenomeno per cui il mare sommerge tratti più o meno ampi di costa.
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«Fratini d’Italia» è un reportage a fumetti sulla stagione di nidificazione del Fratino: racconta la storia minima di resistenza di questo minuscolo ma determinato cittadino delle nostre spiagge, che reclama il suo diritto di residenza insieme alle tante specie viventi esiliate dall’industria balneare.
Negli ultimi 10 anni in Italia la sua popolazione è dimezzata, ed è quindi considerata una specie in pericolo di estinzione. Per questo il Fratino è diventato un simbolo dell’ambiente costiero e del movimento per la sua tutela.
Centinaia di volontari fanno l’impossibile per proteggerne le uova e i pulcini: riuscirà il Fratino a sopravvivere nel più inospitale degli habitat, la riviera italiana nel bel mezzo della stagione balneare?