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Storie parallele di amicizie straordinarie

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Un’aquila e un’agente della Forestale. Un orso e uno scrittore di libri per bambini. Due storie commoventi di affetto e vita condivisa tra uomini e animali.

Storie parallele di amicizie straordinarie

Lei per dieci anni è stata la migliore amica di un’aquila, lui di un orso per ventisei. Lei abita nella Riserva naturale Vincheto di Celarda, in Veneto; lui in un’enorme casa tra le cime del Montana, negli Stati Uniti. Margherita Celotto e Ben Mikaelsen non si conoscono, eppure se si incontrassero riuscirebbero a capirsi con uno sguardo, perché la vita ha riservato a entrambi un’esperienza straordinaria.
Un’amicizia esclusiva
«Gli animali selvatici hanno paura dell’uomo» spiega Margherita. «Anche quelli che consideriamo pericolosi, desiderano stare il più distante possibile da noi. Per questo quando sono tenuti in cattività negli zoo, nei circhi o in altri ambienti dove vengono accuditi da persone diverse, vivono nel terrore. Se però vengono affidati a una persona soltanto, e con questa costruiscono una relazione di fiducia, il loro stress diminuisce o addirittura svanisce, e viene sostituito da un nutrimento affettivo che fa loro talmente bene che possono vivere a lungo ed essere felici».
Falcina, l’aquila, si lasciava avvicinare solo da lei. Margherita ogni giorno entrava nella voliera senza protezioni, le portava da mangiare, le parlava, le lavava le piume e puliva il suo nido. Ben scambiava abbracci con l’orso Buffy. Ma gli orsi tra loro si coccolano? «Non credo» ci dice Ben. «Quelli in libertà competono per accaparrarsi le risorse limitate e proteggono i0l territorio. Buffy è la prova di come un orso potrebbe costruire una relazione dopo che gli altri suoi bisogni primari sono stati soddisfatti».
Margherita ci racconta di quanto Falcina si divertisse a venire lavata. «Se ne stava ferma, poi si scuoteva tutta. Si rilassava». Buffy non ha mai fatto le coccole a nessuno che non fosse Ben. Falcina si è rifiutata di mangiare nei pochi giorni, nell’arco di dieci anni, durante i quali Margherita si è assentata dalla riserva. «Non andavo via praticamente mai, come potevo se lei poi non mangiava?». Falcina riconosceva non solo la sua voce, ma anche i suoi passi.
Rispettare la natura selvaggia
Certo, un’aquila e un orso non sono come un cane o un criceto. Sono animali selvatici tra i più potenti nella scala gerarchica che garantisce gli equilibri della natura. Dopo anni di vicinanza con l’uomo, Falcina e Buffy avevano conservato ancora qualche traccia dei loro istinti primari?
Margherita ricorda che Falcina mangiava solo quando era sola, fatta eccezione per quando era con lei. «Per un animale selvatico nutrirsi è un momento delicato» ci spiega «perché è vulnerabile, può venire attaccato più facilmente. Per questo portavo da mangiare a Falcina solo la sera, quando la riserva viene chiusa ai visitatori».
Ben invece ricorda le reazioni aggressive di Buffy quando aveva paura. «Avevo imparato a spostarmi e a lasciargli lo spazio per reagire nel suo modo violento. Durava sei o sette secondi, poi era come se si fosse appena svegliato». Ben e Buffy andavano a passeggiare per i boschi attorno casa. Buffy non poteva andarci da solo perché, ancora cucciolo, era stato vittima di esperimenti in laboratorio e gli erano state tolte le unghie. Per descriverlo, Ben sceglie la parola «innocenza». «Era trasparente, mi restituiva quello che gli davo».
Falcina invece è sopravvissuta a un incendio nel Parco delle Dolomiti. Stava covando ed è rimasta nel nido fino all’ultimo. «È stata soccorsa ed è arrivata a noi cieca da un occhio. Siccome ho cominciato ad accudirla quando era ancora troppo debole per difendersi, mi ha permesso di starle vicina da subito e non mi ha più allontanato» racconta Margherita.
L’orso affettuoso
Cosa amava di più Buffy? «Le mie attenzioni. Quando ci coccolavamo sfioravamo il paradiso». Cosa ti manca di più? «La sua essenza. Sulla collina dietro casa ho sepolto tutti i miei animali. Buffy è l’unico per cui ho fatto mettere una panchina di pietra vicino alla tomba. Non mi aspetto di venire capito quando dico che per me era un fratello». Com’è morto? «27 anni per un orso sono come un centinaio per un essere umano. Il suo corpo si stava irrigidendo ed era artritico. Alla fine non riusciva più ad alzarsi. Dopo una settimana in cui lo andavo a nutrire e pulivo intorno a lui, mi sono reso conto che lo stavo tenendo in vita solo per me. L’atto più generoso che potevo offrirgli era un’eutanasia con me accanto. È stata una notte difficile, perché si rendeva conto di quello che stava accadendo e aveva paura. Ne avevo anch’io. La morte è qualcosa che credo non debba venir capita, solo accettata. Ho accettato la morte di Buffy anche se l’ho pianta per diversi mesi, perché ho perso qualcosa di davvero prezioso».
Proprio grazie a Buffy, Ben Mikaelsen è diventato uno scrittore di libri per bambini. Il suo primo romanzo racconta la storia di un ragazzo che salva il cucciolo di un orso rimasto orfano. Anche i libri successivi hanno spesso a che fare con gli orsi. «Quello che ho vissuto è stato così forte che ho sentito la spinta ad elaborarlo e condividerlo con gli altri tramite la scrittura».
L’aquila fiera
Margherita Celotto è un’agente del Corpo forestale dello Stato e si occupa di salvaguardia dell’ambiente. La riserva in cui lavora ha più che altro scopi didattici. Per definire Falcina sceglie la parola «dignità». Una regina fiera, con molta voglia di vivere. «Spesso gli animali non abituati alla cattività si lasciano morire, invece a Falcina la voliera è piaciuta fin da subito. Non ha mai cercato di uscire, mentre certi rapaci si fanno male sbattendo contro la gabbia. Per lei non c’era possibilità di tornare a volare libera senza un occhio, non sarebbe sopravvissuta. All’inizio le lasciavo il cibo per terra e lei scendeva dal posatoio. Poi ho cominciato a rimanere vicino a lei mentre mangiava. Le facevo anche fare un po’ di ginnastica: portavo un trespolo, la facevo scendere a terra dove camminava un po’ e poi tornava sul posatoio salendo le scale e svolazzando».
Com’è morta? «Due anni fa mi sono accorta di una crosta tumorale e l’esito della biopsia è stato positivo. Per due anni l’ho disinfettata con la propoli ogni giorno. Non ha sofferto. Solo negli ultimi due mesi cominciava a infagottarsi e a reclinare il capo. Nell’ultima settimana ha smesso di mangiare e poi di bere. Ho continuato a lavarla e accudirla fino all’ultimo giorno. Quando ho capito che era giunta la fine l’ho portata al piano terra. Il mattino dopo l’ho trovata morta. Avevo quest’idea che se non fosse stata ferita e fosse rimasta libera sarebbe morta bagnata dalla pioggia o baciata dal sole, tra i suoni della natura. Mi sembrava un modo di portarle rispetto, permetterle fino alla fine di godersi il cambiamento delle stagioni, il vento, il sole, le intemperie, gli odori e i rumori della natura».
Cosa resta?
Buffy e Falcina sono morti di recente ma, quel che più importa, sono vissuti a lungo e sono stati felici. Una tale longevità, rara per orsi e aquile allo stato selvaggio, dimostra che il nutrimento affettivo e il vincolo di fiducia costruiti con un essere umano hanno trasformato il loro destino, arricchendolo. Ai loro amici umani hanno regalato un’esperienza di armonia difficile da sperimentare negli ambienti umani. Sono storie, queste, che testimoniano di un altro mondo possibile.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Giugno 2013.

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