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Tinture per capelli sotto accusa

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Sono pericolose soprattutto le colorazioni permanenti, che modificano la struttura del capello in profondità e resistono agli shampoo, ma non da meno lo sono ritenute quelle definite «tono su tono».

Attenzione alle tinture per capelli

Le tinture per capelli si distinguono in tre categorie principali:
Shampoo o lozioni dopo shampoo: si depositano sulla cuticola del capello senza penetrarla. Assicurano una colorazione temporanea.
Tinture tono su tono, o colorazione semipermanente: garantiscono una tenuta di colorazione superiore per 6-8 lavaggi, dopodiché si eliminano completamente. Non consentono di cambiare il colore in maniera radicale, ma solo di qualche tono più scuro. Non possono essere usati come schiarenti. Meno aggressive delle permanenti, ma possono contenere colori tossici.
Tinture permanenti a ossidazione: penetrano nella struttura del capello, hanno un pH alcalino dovuto alla presenza di ammoniaca e all’ausilio di un ossidante (acqua ossigenata). Tecnica molto aggressiva che permette a tenuta prolungata del colore. Rappresenta l’80% del mercato della colorazione.
Decolorazione: si usa sia per le meches che per i colpi di sole. Si utilizza un agente schiarente a base di acqua ossigenata che aggredisce la cuticola del capello e ne disperde il colore. Indebolisce i capelli rendendoli fragili.
Mamme incinte o colorate
In via generale i ginecologi sconsigliano di tingere i capelli, in particolare nel primo  trimestre di gravidanza, che è un periodo molto delicato durante il quale si formano tutti gli organi dell’embrione. Nei mesi successivi il feto si presenta praticamente formato, ma naturalmente lo sviluppo di tutte le più importanti funzioni vitali prosegue anche in tutti i  mesi successivi della gravidanza. E’ quindi consigliabile evitare le tinture e il colore per capelli durante tutta la gravidanza con prodotti convenzionali. Fanno eccezione l’henné e pochi altri, per il resto tutti contengono sostanze e agenti chimici che penetrano nel  corpo attraverso il cuoio capelluto.
Per essere al sicuro dalla contaminazione non è sufficiente scegliere un colore per capelli privo di ammoniaca (tono su tono o semipermanente), perchè anche le restanti  componenti del colore sono sostanze di natura sintetica. Certo le quantità di queste sostanze che attraverso il cuoio capelluto vengono assorbite dall’organismo sono infinitesimali, ma si tratta pur sempre di sostanze tossiche e poichè il feto si nutre direttamente attraverso il corpo della madre, è meglio evitare qualsiasi sostanza che non  sia naturale.
Studi sperimentali eseguiti, purtroppo, su animali, hanno dimostrato un rischio di  teratogenicità: la possibilità di generare feti malformati, in particolare in presenza di  residui di aminofenoli ed etanolamina. Si ritiene che la parafenilendiammina (PPD) sia anche uno dei più potenti allergeni da contatto, sia in base a quanto valutato in studi  sperimentali eseguiti su animali da laboratorio, sia in base all’esperienza clinica.

Tinture per capelli sotto accusa…

Il parrucchiere all’angolo mi aveva avvertito: «Per favore non scriva rosso, biondo, bruno o castano. Sia più preciso. Il biondo può esser platino, caldo o color miele. I neri con  riflessi violacei, il castano tendente al rosso, al mogano, al prugna». Questa precisazione dovrebbe bastare per chiarire che quella dello stilista parrucchiere è un’arte raffinata e antichissima, da non prendere alla leggera. L’arte è quella del trucco e della dissimulazione.
Argomento apparentemente frivolo, ma che oggi gode di un gradimento senza precedenti. Per alcune persone si tratta di imbalsamare la propria immagine ad un’improbabile eterna giovinezza, per altri dare l’idea del cambiamento. «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» diceva il Gattopardo. In questo caso diventa l’arte del trasformismo: riflessi in tono, meches, ciocche contrasto, effetti cangianti, effetto tappeto d’asfalto in stile presidenziale ecc.. I difetti estetici si aggiustano facilmente. Per merito di questi maghi del bell’apparire su certe chiome quasi non si distingue il colore naturale da quello artificiale.
Abbiamo provato ad interpellare diverse donne, che ci confermano come tingersi i capelli è diventata una formalità. Il colore è considerato non più come una strategia per dissimulare il passare degli anni, ma è una risposta veloce al desiderio di cambiare aspetto, stupire, assecondare nuove aspettative, conformarsi alla moda. Ma non illudiamoci che la colorazione sia un vezzo tutto al femminile. Secondo un recente studio riportato dal Corriere della Sera sarebbero un milione e centomila i maschi che hanno deciso di dipingersi la chioma, una cifra in costante aumento.
I soggetti interessati  sono soprattutto gli uomini di mezza età. Potranno scegliere tra un modello di restauro  classico in stile Gheddafi, oppure, per chi è davvero trendy, un effetto sale e pepe alla George Clooney. Pensate, dei pigmenti che ingrigiscono i capelli bianchi per creare un effetto cenere. Così che anche il brizzolato non possa essere lasciato al caso, ma possa essere sfruttato ad arte.
I colossi della cosmetica hanno lanciato una serie di prodotti specifici per uomini sopra i 40/50, mentre la seduzione della moda agisce su fasce sempre più giovani di teenager. I ragazzi di oggi, decisamente più disinvolti dei loro padri, non si accontentano più dell’ormai mitica gelatina, ma scelgono tra i riflessi e i colpi di sole.
Gli indici di gradimento delle tinture intanto salgono insieme ai fatturati. Secondo l’Associazione italiana delle imprese cosmetiche (Unipro), la colorazione dei capelli vanta un giro d’affari di circa duecento milioni di euro, il 32 per cento dell’intero mercato professionale dell’acconciatura. Con una crescita nell’ultimo decennio del 30%.
Pericolo tinture
La corsa verso il capello colorato purtroppo cresce insieme a quella dei bollettini medici: le reazioni allergiche delle tinture per capelli aumentano vertiginosamente. I prodotti convenzionali in commercio causerebbero una serie di reazioni, che vanno dal semplice arrossamento della pelle ad un’intossicazione più acuta che coinvolge tutto l’organismo. Sotto accusa sono principalmente le tinture permanenti, che modificano la struttura del capello in profondità e resistono agli shampoo. Ma non sono escluse nemmeno le colorazioni «tono su tono», che pur penetrando meno in profondità, spesso utilizzano gli stessi pigmenti ottenuti dalla chimica di sintesi.
La Commissione Europea si è pronunciata più volte e si è detta seriamente preoccupata.  Nella direttiva 54 del 2007 ha vietato 22 sostanze contenute nelle tinture per capelli per  le quali le industrie produttrici non hanno fornito alcuna scheda di sicurezza. Lo scorso anno con la definitiva entrata in vigore del decreto del 2/04/2008 alcune tinture per capelli sono state ritirate dal commercio per la presenza di sostanze vietate e riconosciute da tempo come cancerogene.
Si può dunque stare tranquilli? L’Unione Europea non ci rassicura affatto. Pur avvertendoci sulla pericolosità di alcune componenti tossiche ha infatti deciso di non bandirle del tutto dalle tinture. In particolare, la principale sostanza ritenuta responsabile di rossore, pizzicore, irritazione, bruciore o anche difficoltà respiratorie e shock anafilattico, si chiama para-fenilendiammina (PPD). È un potente allergene da contatto, con una spiccata  capacità di penetrare nel fusto e nel follicolo del capello. Non per niente era già stata precedentemente vietata in Francia, Germania e Svezia, i cui consumatori adesso, grazie alla giurisdizione comunitaria, devono sottostare ad una normativa più blanda e contraddittoria.
La para-fenilendiammina (PPD) e la toluene- 2,5 diamina (PTD) vengono infatti  classificati dalla recente disposizione Ue come prodotti allergenici fortemente  sensibilizzanti. Tuttavia non è stato imposto nessun divieto assoluto. A scopo  «precauzionale» la Commissione si è limitata a ridurre le concentrazioni massime  autorizzate. Una sorta di compromesso storico con la lobby dell’industria cosmetica.  Questo tipo di sostanze chimiche, infatti, al momento sono ritenute insostituibili nelle  colorazioni di tipo permanente o ossidative, quelle per intenderci che durano più di 24  shampoo o 6 settimane. La concentrazione massima della PPD (e dei suoi sali) non deve dunque superare il 2%.
Per la PTD (il toluene e i suoi sali), la soglia di sbarramento è il 4%. Per resto la direttiva Ue fa un invito al buon senso e alla cautela, con l’aggiunta obbligatoria di qualche avvertenza sulle confezioni. Le tinture in commercio che utilizzano queste sostanze dal primo novembre 2012 dovranno aver scritto sull’etichetta che «i prodotti coloranti per capelli possono causare pesanti reazioni allergiche», che «non sono adatti per persone sotto i 16 anni di età» e che «la presenza simultanea di tatuaggi temporanei con henné possono aumentare i rischi». Sempre in forma scritta viene scoraggiato l’utilizzo di tinture per capelli nel caso compaiano macchie sul viso, irritazioni cutanee o altre manifestazioni allergiche evidenti. Insomma l’uso è scoraggiato se l’intossicazione risulta proprio evidente. Per le contaminazioni più silenziose ognuno si tenga i suoi mali.
Qualche mese fa la rivista tedesca Oeko-Test ha sottoposto alla prova 42 prodotti di  colorazione «permanente» per capelli, classificandoli tutti con il voto «insufficiente». Non ce n’è infatti uno che non contenga il Toluene-2,5 diamina (PTD). In 28 tinture sono state trovate anche tracce consistenti di composti organici non alogenati, molti dei quali sono ritenuti allergenici, cancerogeni e fonte di inquinamento persistente nell’ambiente. Non è andata meglio per 17 tinture «tono su tono». Oltre alle amine aromatiche, in 7 prodotti sono state rinvenute altre sostanze poco gradite. Ad esempio la resorcina, un derivato del benzene, ritenuto responsabile di mutazioni cromosomiche all’interno delle cellule.
Tumori e allergie
Gli studi che associano le tinture ai tumori sono numerosi, alcuni dei quali vengono regolarmente contraddetti da altre ricerche appoggiate all’industria cosmetica. La letteratura scientifica parla di leucemie, linfomi non-Hodgkin e soprattutto, questo lo studio preso in considerazione dall’Unione europea, di cancro alla vescica. Come documenta lo studio della ricercatrice Manuela Gago-Dominguez dell’Università del Sud California, l’esposizione regolare alle tinture provoca un innalzamento di 2 volte del fattore rischio di contrarre questo tipo di tumore. I danni possono dunque derivare dall’accumulo di concentrazioni tossiche, senza la presenza di manifestazioni e sintomi evidenti. Le amine aromatiche vengono assorbite attraverso il cuoio capelluto e il contatto con le mani per poi giungere al fegato, che per metabolizzare queste sostanze produce sostanze tossiche cancerogene.
Non sono esenti da rischi e pericoli anche gli artefici delle colorazioni professionali.  Secondo uno studio prodotto da un network di 17 scienziati di sette paesi, pubblicato nel Volume 99 delle Monografie IARC, il Centro per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale per la sanità, il contatto prolungato con le tinture può sicuramente aumentare la probabilità di contrarre tumori nei parrucchieri.
Ma il capitolo più costellato di punti esclamativi riguarda le allergie. Secondo i dermatologi del St. John’s Institute of Dermatology di Londra, l’incidenza delle reazioni allergiche alle tinture in Europa e nel mondo sarebbe aumentata del 7,1%, con una serie di sintomi che variano da un lieve prurito ad un diffuso arrossamento e gonfiore del viso. La più grande banca dati mondiale per le allergie da contatto, la IVDK di Goettingen, osserva un costante aumento di sensibilizzazione da PTD nel periodo dal 2003 al 2006. La sensibilizzazione è il processo attraverso il quale un individuo sviluppa la capacità di reagire a sostanze che sono generalmente tollerate. Una volta sensibilizzato, in caso di  nuova esposizione, può andare più facilmente incontro a reazioni allergiche.
La reazione più comune ad una tintura, contenente PPD, è l’ipersensibilità ritardata con la comparsa di una dermatite da contatto acuta. Tuttavia sono state osservate anche reazioni di ipersensibilità immediata ed anafilassi sistemica. Fenomeni confermati da un noto studio danese del 20051 che ha documentato reazioni acute di tipo angioedematoso, la cui risoluzione in alcuni casi ha richiesto terapia intensiva. Un altro problema affrontato dai ricercatori danesi è la ricaduta sui soggetti più giovani, visto che in Europa l’età media a cui ci si tinge per la prima volta i capelli è, sia per i maschi che per le femmine, sui 15-16 anni.
L’alternativa naturale
I prodotti convenzionali, soprattutto nel caso di tinture permanenti ossidative, provocano un forte uno stress alla struttura del capello. Le creme coloranti contengono infatti delle sostanze alcaline forti che rompono la struttura del capello e permettono di far penetrare il pigmento all’interno del folicolo. L’effetto cromatico potrà essere anche gradevole, ma è  anche vero che i composti ossidanti come il perossido di idrogeno rendono i capelli stopposi e fragili, tanto da fargli perdere la loro naturale lucentezza.
La conversione alla tintura naturale dunque può essere praticata anche solo per motivi puramente estetici, come metodo per preservare ed in molti casi migliorare la tenuta del capello. Chi cerca un’alternativa ai colori di derivazione chimica deve certo mettere in preventivo dei risultati meno appariscenti. Non è il caso di avventurarsi in drastici cambi di tonalità e bisognerà rinunciare a qualche stravaganza come il viola shocking o altre colorazioni innaturali. Il risultato della colorazione con i prodotti erboristici si presenta in tinta con il colore originale. In alcuni casi una completa copertura dei capelli bianchi sarà difficilmente raggiungibile. Ma non è forse meglio invecchiare con dignità, piuttosto che rischiare la pelle?
Il pigmento naturale più utilizzato per le tinture è il rosso henné estratto dalla Lawsonia  inermis. Pianta originaria delle regioni calde subtropicali e degli altipiani dell’Africa  centro-orientale, è conosciuta da millenni in cosmesi e medicina. Al contrario dei derivati chimici non penetra aggressivamente all’interno del capello, ma si deposita e si lega sulle squame della cuticola, rinforzando il capello dagli agenti esterni.
Per donare dei riflessi più scuri si utilizza invece il cosiddetto «henné nero», altro prodotto naturale, che in realtà deriva dalla pianta dell’indaco (Indigofera tinctoria). La  sua capacità colorante è più limitata rispetto all’henné e richiederà applicazioni più frequenti. Chi vuole rinforzare naturalmente le tonalità bruno-marroni può utilizzare il  mallo di noce o il tè nero. Per le altre tonalità nei prodotti, creme o shampoo coloranti, si può trovare l’aggiunta di barbabietola, rabarbaro, curcuma, frangola, betulla, vinacciolo, ma la base rimane generalmente sempre la Lawsonia inermis.
Tuttavia bisogna riconoscere che non sempre dove sta scritto «henné» siamo di fronte ad  un prodotto naturale. Alcuni di questi prodotti infatti possono essere dei convenzionali colori ossidativi, a base delle sopracitate amine aromatiche. Come ha mostrato la rivista Oeko-Test, in alcuni prodotti potrebbero addirittura essere presenti dei conservanti pericolosi capaci di liberare formaldeide.
Molto spesso, invece, soprattutto nei casi di henné rinforzata, per aumentare la copertura e la durata della colorazione viene aggiunto del picramato di sodio, una sostanza iscritta  nel registro ministeriale delle sostanze pericolose e nocive per l’organismo. La scelta di un prodotto naturale senza petrolchimica ci mette al riparo da questi rischi. Se ci si è sottoposti ad una colorazione permanente sarà comunque il caso di lasciar passare un  paio di mesi. Le tinture naturali con quelle sintetiche non vanno proprio d’accordo.

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Marzo 2010.

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