Tutti i meriti del vino (bio)
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Lo sapevate che la viticoltura, e quindi il vino, se biologico o biodinamico, può avere un impatto positivo su più fronti, quello dell’ambiente, ma anche quello della socialità e della valorizzazione dei territori. Ce ne parla Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova, nel suo editoriale di febbraio.
Il vino può piacere o non piacere, ma ha dei meriti indiscutibili, che ognuno dovrebbe poter riconoscere. Il primo merito è quello di portare alla ribalta la territorialità, insieme alla fantasia e alla maestria del vignaiolo. Basta sfogliare l’ultima edizione della guida Slow Wine 2025 per rendersi conto di quanta importanza abbiano le peculiarità regionali, con i diversi microclimi, le strutture geologiche, i lieviti indigeni, le tradizioni e le conoscenze artigianali, tutto quanto concorre alla fedele espressione dell’annata e del terroir.
Non ci avviciniamo al vino per fingerci intenditori, sfoderare il francese e qualche altra sofisticheria. Il terroir è un sostantivo difficilmente traducibile che vorremmo prendere in prestito dal mondo del vino ed estendere a tutto il cibo. Abbraccia le caratteristiche minerali del suolo, la microbiologia, il microclima, e l’interazione con gli esseri umani. Dentro a un buon bicchiere oggi si guarda a tutto questo. Perché allora non guardare anche dentro al piatto, al pane, complemento liturgico del vino, e a tutti i prodotti agricoli?
Il secondo insegnamento riguarda la qualità e l’originalità, al di là delle etichette, perché è risaputo: il vino di qualità ha personalità e rifugge dall’omologazione. Ebbene, ricordiamoci che anche il cibo non deve solo riempire la pancia, ma nutrire, migliorare la nostra salute, ampliare le nostre conoscenze, arricchire la vita. Compost, letame, sovesci sono diventati patrimonio comune per una sempre più ampia platea di viticoltori, anche di quelli che un tempo irridevano il biologico e che oggi si affidano a una visione più profonda e armonica del fare agricoltura, creando un ecosistema più complesso, capace di rispondere meglio ai cambiamenti climatici. La qualità oggi è una direzione da seguire, anche solo per restare in piedi, e riguarda tutti i prodotti dell’azienda agricola. È una vera fortuna che le nostre campagne siano presidiate da una nuova schiera di agricoltori decisi a puntare sulla qualità, andando oltre alla vecchia idea delle grandi produzioni e delle monocolture.
Infine c’è un terzo elemento, forse il più importante. Il buon vino, così come il buon cibo, lo si riconosce quando è spogliato da tutte le sofisticazioni e gli artifici. Servirà pure un certo allenamento, una ricchezza percettiva e grammaticale, per riuscire a cogliere sentori, sfumature e altri valori organolettici, ma c’è un qualcosa di più profondo che possiamo cogliere in fondo al bicchiere: la verità. In vino veritas, per l’appunto. La verità va anche saputa cercare, ed è questo l’insegnamento più elevato che ci viene oggi da un nuovo modo di approcciarci alla tavola, a partire dal vino.
Nell’estetica odierna acquista sempre più valore il prodotto autentico, in cui il lavoro in cantina si svolge in continuità con il lavoro in vigna e in cui si può riconoscere la mano e, perché no, anche il volto dell’agricoltore. E qui, in questo riconoscersi, sta oggi la sfida, per riportare anche sulle nostre tavole un po’ di quella verità e ridare senso a uno dei gesti più importanti della nostra vita: mangiare e bere con piacere e attenzione.
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