La rivista cartacea, oggi, svolge il ruolo insostituibile di informazione bio. L’editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
Dopo nove anni di prezzi bloccati nonostante la crescita costante delle spese di produzione della rivista, la recente impennata dei costi della carta ci ha portati a ritoccare il prezzo di copertina di Terra Nuova, che dal numero di Gennaio sarà di 5 € (il prezzo dell’abbonamento rimarrà ancora invariato fino al 25 gennaio).
È stata una decisione molto difficile da prendere, ma mi ha anche portato a riflettere su una cosa importante: la percezione di valore di quello a cui mi dedico ogni giorno con passione insieme ai miei colleghi e collaboratori. Già: quanto vale la nostra rivista? Ovviamente, come per molte cose, il valore è soggettivo.
«Molto interessante il vostro giornale» ha commentato una persona qualche anno fa, sfogliando una copia a una fiera. «Peccato che costi così tanto». Ecco, bisognerebbe chiedersi perché una pubblicazione che, se si contano le parole, ha più o meno la lunghezza di un libro, dovrebbe costare una frazione di quest’ultimo. I motivi sono molteplici e si legano in maniera complessa alla storia dell’editoria periodica: i finanziamenti pubblici, la pubblicità, il controllo dei grandi gruppi finanziari sui media, il fenomeno del free press e, relativamente agli ultimi decenni, l’avvento di internet. Tutti fattori che nel tempo sono andati a formare un’idea comune su quanto si debba pagare un periodico, ovvero: poco, pochissimo, meglio ancore se niente (perché «tanto posso leggere le notizie su internet»).
Sappiamo tutti come l’industrializzazione del cibo ha aumentato la quantità dei prodotti alimentari, riducendone però le proprietà nutrizionali e, senza risolvere il problema della fame nel mondo, arrecando molti danni: allevamenti intensivi, ingiustizia sociale, semi brevettati, uso di sostanze tossiche e così via. Allo stesso modo la smaterializzazione della cultura ha portato improvvisamente alla diffusione di una quantità di informazioni senza precedenti, ma i «veleni verbali» sono ormai all’ordine del giorno e mai come adesso si assiste a un accentramento del potere nelle mani dei giganti del web. E così anche in questo campo si assiste a una generale riduzione delle proprietà nutrizionali di un «cibo per la mente» sempre più spesso fatto solo di titoli, slogan, meme e copia incolla che, proprio come gli alimenti industriali, ci rendono assuefatti e mai realmente sazi.
In questo contesto, la rivista cartacea svolge il ruolo insostituibile di informazione bio, dà valore e dignità a chi la «coltiva» senza utilizzare gli algoritmi del web e ci fa riscoprire il sapore antico di una lettura lenta e priva di distrazioni.
Oggi è più che mai necessario consolidare il rapporto tra chi produce informazione indipendente di qualità e chi ha cura della propria dieta mediatica. Terra Nuova, che non riceve finanziamenti pubblici, vuole rinnovare questa alleanza dando in primo luogo la parola ai lettori.
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