Nella Casa delle Donne di Amatrice, nata pochi mesi dopo il sisma del 2016, si ricostruisce la vita e il tessuto sociale a partire dalle relazioni, dalla produzione creativa e dall’autodeterminazione femminile.
Il sisma sgretola, le donne ricostruiscono: non è raro assistere alla capacità, tutta femminile, di riorganizzare le comunità a partire dalle macerie.
È quello che è successo ad Amatrice, il piccolo comune in provincia di Rieti divenuto il simbolo del terremoto che ha colpito la zona tra Lazio, Umbria e Marche il 24 agosto del 2016. Qui la scossa delle 3 e 36, che diede il via a una delle più importanti sequenze sismiche dell’Italia, aveva sfortunatamente trovato le case piene di persone, arrivate per le vacanze estive, turisti o residenti altrove che tornavano a passare del tempo con i famigliari, e costò al paese 239 vittime, con la distruzione quasi totale dell’abitato.
Voglia di ricominciare
È in questa cornice che pochi mesi dopo è nata la Casa delle Donne di Amatrice e Frazioni, un progetto voluto da un gruppo di donne che ha sentito la necessità di formare un centro gravitazionale in cui rincominciare a tessere l’intrico delle relazioni, attraverso la riscoperta dei saperi custoditi nelle mani femminili. Coinvolgendo 140 comuni e circa 600 mila persone, il sisma ha lasciato in questa zona una ferita profonda, non solo quella riportata dal Monte Vettore sulla cima dei Sibillini, con una spaccatura lunga decine di km e l’abbassamento di circa 15-20 metri del terreno attiguo alla faglia, ma una comunità totalmente disorientata.
«Con il terremoto, nell’arco di 24 ore sono andati persi tutti i riferimenti: alcune persone ci hanno lasciato repentinamente e sono venuti meno i punti di ritrovo che rendevano i rapporti stabili nella quotidianità di un piccolo paese come il nostro» racconta Ines Cenfi, vicepresidente della Casa. «In quei mesi di caos c’era una grande dispersione, molti si sono trovati separati da famigliari e vicinato e c’è stata un’emorragia di persone che lasciavano il paese, tra chi non ce l’ha fatta a restare e chi invece ha avuto un motivo in più per reinventarsi. È diventato tutto molto complicato ed è stato faticoso riprendere una vita normale» prosegue, ricordando come le persone avessero perso l’abitudine a stare insieme e, come spesso succede in queste situazioni di emergenza, tendessero a isolarsi.
«In quel periodo le nostre vite erano scandite dall’ora del pasto e della cena serviti all’interno dei campi di soccorso ed era difficile decidere come trascorrere la giornata» spiega Sonia Mascioli, presidente della Casa, «quindi abbiamo pensato di costruire una struttura dove accogliere le donne, soprattutto con l’intenzione di recuperare le tradizioni che si erano perse nel tempo, anche le più semplici, per dare formazione e creare una piccola rete imprenditoriale femminile, in maniera che chi restava potesse contare sull’indipendenza legata a una nuova professione». Un progetto ambizioso, che però ha subito riscontrato grande interesse, richiamando un mondo di associazioni, in particolare femminili, che hanno invitato per due anni le donne della Casa di Amatrice e Frazioni a raccontare la loro esperienza e la grande volontà di rinascita che le ha mosse.
Formazione e autodeterminazione
Da subito, grazie a dei bandi, il gruppo ha iniziato a organizzare dei corsi di formazione sul territorio nei tendoni del soccorso o nelle poche strutture rimaste in piedi, per iniziare a socializzare e a capire quali potevano essere le necessità. Grazie al contributo di tante persone, il gruppo è riuscito a raccogliere la somma necessaria per poter fare una convenzione con il comune, e a novembre 2019 ha inaugurato la sede, anche se, tra il problema Covid scoppiato poco dopo e i tempi burocratici, la Casa è attiva effettivamente dal 2020.
La bellissima struttura di 140 metri quadri, costruita per lo più in legno e con materiali e forme armoniche che la rendono una vera casa accogliente, ospita numerosi laboratori, tra cui quelli di ceramica, feltro e cucina, in collaborazione con diverse associazioni. Lo scopo di offrire formazione artigianale a coloro che frequentano i corsi si unisce alla volontà della Casa di creare consapevolezza sui temi che riguardano le donne e la loro autodeterminazione. Per sensibilizzare sul tema della violenza di genere, nella giornata dedicata a questo fenomeno, il 25 novembre, l’associazione ha creato dei manufatti in terracotta, come le scarpette rosse e i papaveri dell’anno passato, che poi sono stati venduti; in questo caso, il ricavato servirà per la costituzione di una borsa di studio di formazione lavorativa per una donna del territorio.
«Cerchiamo, attraverso le forme artistiche e l’artigianato legati alla nostra tradizione, di sensibilizzare le donne utilizzando queste tecniche a sostegno di altre donne» spiega ancora Sonia Mascioli. Le attività che si svolgono nelle Case delle Donne, infatti, non sono mai fini a se stesse, ma rappresentano importanti momenti di tessitura delle relazioni di fiducia che permettono poi il fuoriuscire di condizioni di disagio. È per questo che, nello stesso spazio, sta prendendo forma il progetto di uno sportello permanente per il sostegno alle donne che hanno subito violenza o che vivono situazioni problematiche riguardo per esempio all’affido di minori.
Uno spazio attraversato da molte generazioni
I laboratori, spesso tenuti dalle anziane donne del territorio, sono un ponte fra quello che c’era prima, oggi più prezioso nella sua riscoperta, e il futuro. Ce lo ha testimoniato una loro giovane frequentatrice, Alice Bacigalupo, di venticinque anni, che è anche autrice di un romanzo e di alcuni testi che toccano il tema della violenza di genere. «Le macerie, gli spostamenti, il non sentirsi al sicuro, vedere abbattere piano piano quello che restava, in un paese piccolo, in cui ogni angolo aveva un suo perché… Per la gente della nostra età ha significato un acuirsi della disgregazione che già c’era prima, siamo rimasti in pochi. Nel mio caso, ciò che mi ha trattenuto e che mi è servito come punto fermo è stata l’idea che finché ci fosse stato il nostro giardino di famiglia con gli animali sarei rimasta per prendermene cura. E poi piano piano abbiamo iniziato a pensare a come ricostruire, è per questo che stimo molto le donne della Casa, che vanno avanti a testa alta senza fermarsi, ricevendo delle importanti risposte».
«Abbiamo iniziato questo progetto senza pensarci troppo, non rendendoci conto della grandezza del tutto» racconta ancora la presidente «ma mentre lo raccontavamo abbiamo scoperto quante realtà meravigliose di donne ci sono e non da meno nel nostro territorio, dove sono tantissime le attività, come le aziende agricole, che sono ripartite grazie alle figure femminili. La capacità di resilienza, di progettualità e creatività emerge in tutto quello che facciamo e ci ricorda quanto sia vera la forza delle donne, che anche nei momenti più complicati riescono sempre a creare e a reinventarsi».
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