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Vandana Shiva: siamo un’unica famiglia sulla Terra

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L’auspicio è che la crisi che stiamo vivendo produca una reazione che abbia la forza per portarci verso un cambiamento radicale di paradigma, verso una deglobalizzazione del sistema alimentare e agricolo. Per tornare a essere tutt’uno con il Pianeta, rigenerando la sua e la nostra salute.
Vandana Shiva: siamo un’unica famiglia sulla Terra
Sì, siamo un’unica famiglia su questo Pianeta, unici ma interconnessi nelle nostre diversità. Come diceva Martin Luther King: «Siamo in una inevitabile rete di mutualità, tutti legati dallo stesso destino. Ogni cosa che tocchi uno direttamente, tocca tutti indirettamente».
Siamo legati anche nella diffusione delle malattie, come il Coronavirus; e ciò accade quando invadiamo la «casa» di altre specie, quando manipoliamo piante o animali per profitto e avidità, quando diffondiamo ovunque le monocolture intensive. Ma possiamo essere un tutt’uno anche nella salute e nel benessere, quando proteggiamo le diversità degli ecosistemi, la loro integrità, l’autopoiesi di tutti gli esseri viventi, incluso l’essere umano.
Le nuove malattie compaiono a causa di un cibo sempre più globalizzato, industriale e privo di nutrienti; a causa di un modello agricolo che invade gli habitat ecologici di altre specie e manipola la vita senza rispetto alcuno per l’integrità e la salute. L’illusione di un Pianeta che, insieme ai suoi abitanti, non sia altro che materiale grezzo da sfruttare per il profitto sta creando proprio quello che ora abbiamo sotto gli occhi: un mondo unito nella malattia.

Visione antropocentrica da superare

L’emergenza legata al Coronavirus è inevitabilmente connessa all’emergenza ecologica dell’estinzione delle specie e ai cambiamenti climatici, situazioni il cui comune denominatore è la visione meccanicistica, militarista e antropocentrica dell’essere umano, che si ritiene separato e superiore rispetto agli altri esseri viventi, che può possedere, manipolare e controllare. Inoltre, alla base c’è anche un modello economico fondato sull’illusione di una crescita senza limiti nutrita da un’avidità senza limiti, che vìola sistematicamente i limiti del Pianeta.
Mano a mano che le foreste vengono distrutte e trasformate in monocolture intensive per produrre alimenti senza vita, mano a mano che la nostra alimentazione si infarcisce di chimica tossica e di cibi ingegnerizzati in laboratorio, ecco che diventiamo «uniti nella malattia».

Dobbiamo deglobalizzare il sistema alimentare

Oggi occorre veramente deglobalizzare il sistema alimentare, perché è quello che spinge sul cambiamento climatico, sulla scomparsa della biodiversità e che causa una perenne emergenza di salute. Occorre una transizione verso la rilocalizzazione dell’agricoltura e della produzione del cibo, perché solo così si garantisce la sopravvivenza delle specie, delle culture e delle economie di base. Ma ci vuole la volontà politica per fare tutto ciò.
Ed è proprio la biodiversità delle foreste, delle fattorie, del cibo e del microbiota a rendere il Pianeta, l’uomo e tutti gli esseri viventi più sani, più resilienti e più resistenti.

I costi delle nuove malattie

Non dobbiamo poi dimenticare gli altissimi costi sociali e sanitari delle malattie croniche, aumentate in maniera esponenziale negli ultimi vent’anni a causa anche della globalizzazione del cibo e dell’agricoltura.
Può, di fatto, la salute oggi essere ancora definita un diritto?
Ebbene, deve tornare a esserlo. I governi devono garantire biosicurezza e tutela del nostro cibo, basta con le pressioni e le influenze dell’industria che vuole persino eliminare le evidenze scientifiche del danno che sta provocando e ha provocato. Va potenziata la ricerca indipendente e vanno fermati i tentativi di deregolamentare settori strategici per la salute nostra e del Pianeta. Pensiamo solo ai potenziali pericoli delle tecniche di gene editing e ai «nuovi» Ogm che si portano dietro.

La risposta alla crisi generata dal Coronavirus deve diventare la premessa per il blocco di quei processi che stanno distruggendo la salute nostra e del Pianeta. È tempo che i governi smettano di usare il denaro delle nostre tasse per alimentare un sistema che ci danneggia. Le multinazionali dovrebbero essere perseguite per i danni che hanno cagionato e dovrebbe esser loro impedito di continuare a generare danno: le loro colpe oggi sono sotto gli occhi di tutti.

La salute è un bene comune e i governi devono proteggerla, anche mettendo un freno alle privatizzazioni.
La salute è un percorso senza soluzione di continuità dal suolo ai vegetali, fino al nostro organismo, e l’agricoltura globalizzata e industriale non è altro che un meccanismo che genera fame e malattia, per di più sostenuto anche dai sussidi che non sono altro che i soldi delle popolazioni sulle quali ricadono i costi di chi danneggia e anche dei danni. Ecco perché l’agricoltura biologica e naturale, libera dalla chimica tossica, deve essere parte integrante di una rigenerazione della salute pubblica.

«Namasté», auspicio e saluto

Voglio concludere proponendo un concetto profondo che viene dalla cultura indiana e che trova la sua espressione nel saluto «namasté», che ormai potrebbe essere inteso come un auspicio, questo sì globale, in questi tempi di emergenza.
Namasté significa «non separazione», profonda unità, qualcosa che ci connette tutti. Significa «mi inchino al divino che è in te», significa un’interconnessione in cui tutti siamo parte di questo sacro universo ovunque permeato di divinità a beneficio di tutti, nessuno escluso. È questa la consapevolezza dell’Unità, dell’essere Uno, che dobbiamo coltivare di questi tempi.
Non permettiamo che l’isolamento sociale, richiesto nel momento dell’emergenza, divenga uno schema permanente di separazione, di distruzione delle comunità e della coesione sociale. Il futuro, ricordiamolo ancora, dipende dalla nostra capacità di essere Uno. Non dobbiamo permettere che le misure adottate oggi si cementino in un clima di paura e isolamento. Abbiamo bisogno gli uni degli altri, così come abbiamo bisogno della Terra, per essere resilienti e per rigenerare la salute e il benessere nel mondo che verrà subito dopo il virus.
Abbiamo, dunque, una nuova opportunità per cambiare paradigma, per lasciarci dietro le spalle l’età del meccanicismo, dell’avidità e della sofferenza ed entrare nell’era di Gaia, nell’era di una civiltà fondata sulla consapevolezza che siamo un’unica famiglia sulla Terra.
 

Vandana Shiva

Fisica, attivista ambientale e presidente dell’associazione Navdanya International, è da oltre trent’anni impegnata nelle battaglie per la protezione della biodiversità e la promozione dell’agricoltura biologica.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Maggio 2020

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