Agricoltori, contoterzisti, sigle sindacali,comitati più o meno spontanei: la protesta, che anima molti paesi europei in queste settimane e che vede manifestare chi con la terra ha a che fare ogni giorno, esprime più provenienze e appartenenze. l’Associazione Rurale Italiana (ARI) fa chiarezza ribadendo: «Occorre un modello di agricoltura strutturalmente diverso».
«Anche in Italia come nel resto d’Europa assistiamo a una mobilitazione degli operatori del comparto agricolo e all’interno di questa compagine multiforme non ci sono soltanto gli agricoltori classici che coltivano il proprio appezzamento di terra più o meno grande, ma anche moltissimi contoterzisti che sono la nuova formula con cui le grandi aziende si liberano dei braccianti e pagano ditte esterne per fare i lavori» spiega l’Associazione Rurale Italiana (ARI).
«Parliamo di realtà molto diverse: da una parte produttori che coltivano i propri terreni; dall’altra operatori, anche ex-contadini, che attraverso investimenti importanti si sono costruiti una flotta di attrezzature che permette loro di andare a coltivare terreni di altri. Questa differenza va fatta perché, se i primi sono colpiti da anni da questa crisi fatta di aumenti dei costi di produzione e diminuzione dei prezzi pagati alle aziende, sempre meno remunerativi, i secondi vengono colpiti indirettamente perché ci saranno sempre meno terreni coltivati. Inoltre, sia coltivatori che contoterzisti vengono impattati dall’aumento delle accise sul gasolio poiché i costi delle lavorazioni aumentano. Complica la situazione il ripensamento continuo della Politica Agricola Comunitaria (PAC), via via modificata dall’intervento dei rappresentanti degli Stati Membri, con un timidissimo tentativo di proporre modalità di coltivazione più sostenibili attraverso un arzigogolato sistema di “eco-schemi”, sistema che complica la vita dei produttori che richiedono gli aiuti della PAC a causa di estenuanti pratiche burocratiche».
«A differenza dell’Italia, nel resto d’Europa sono le sigle sindacali a guidare le proteste, a volte in contrapposizione l’una all’altra. Ad esempio, la Confédération Paysanne in Francia si batte contro il governo ma differenziandosi dalla FNSA, sindacato maggioritario francese, legato ai produttori di grande e grandissima scala che, come i nostri neo-latifondisti, hanno visto diminuire le proprie prebende – prosegue ARI – Qui veniamo alla seconda peculiarità della protesta italiana. In Italia, nessuna organizzazione agricola ufficiale è scesa in piazza». E proprio alle associazioni di categoria maggioritarie ARI rimprovera di aver contribuito a costruire l’attuale sistema e politica agraria. «In Italia, vediamo quindi la nascita di comitati più o meno spontanei ed evocativi che non hanno una storia radicata ma sono frutto di una esasperazione, e che sotto la bandiera della a-politica nascondono la mancanza di consapevolezza di quanto invece il nostro ruolo dei contadini sia profondamente politico: produciamo cibo. Noi, contadini di Associazione Rurale Italiana, che siamo parte del Coordinamento Europeo Via Campesina, partecipiamo in Italia e all’estero a questa mobilitazione con la convinzione che le nostre rivendicazioni verso le istituzioni locali, nazionali ed europee siano e debbano essere una presa di posizione assolutamente politica, per affermare ancora una volta che il modello legato al neoliberismo economico, alla rapina a danno delle risorse naturali (terra, acqua, fertilità, biodiversità), allo sfruttamento e all’auto-sfruttamento del nostro lavoro siano da sradicare; per affermare che non ci può essere un riscatto dell’agricoltura senza il riconoscimento e l’adozione del modello contadino agro-ecologico e solidale come modello di riferimento per le nostre campagne, essendo l’unico che può dare nel medio/lungo termine un reddito alle famiglie, cibo buono e di qualità per tutti, anche chi è in difficoltà economiche, e una risposta ambientale alle sfide che ci pone il cambio del clima».
«Per fare questo bisogna riformare alla radice la PAC e lavorare per la costruzione e la diffusione di un modello di agricoltura strutturalmente diverso – scrivono ancora da ARI – cancellare quindi il sostegno pubblico distribuito in base al numero degli ettari delle aziende; interrompere il flusso di denaro verso quella agricoltura che distrugge l’ambiente e la società; tornare ad investire nelle piccole/medie aziende agricole e rompere il monopolio delle organizzazioni agricole che non sono democraticamente elette come rappresentanti del nostro comparto all’interno delle istituzioni italiane ed europee. Insieme a La Via Campesina, chiediamo la fine immediata delle negoziazioni sull’accordo di libero scambio con i Paesi del MERCOSUR e una moratoria su tutti gli altri accordi di libero scambio che impediscono la regolamentazione del mercato e il raggiungimento di prezzi giusti a chi produce».
ARI si riunisce a Roma il 2, 3 e 4 febbraio per l’annuale assemblea e annuncia decisioni per «continuare una lotta che portiamo avanti da 20 anni, quella per l’affermazione dell’agricoltura contadina agro-ecologica e solidale e per la sovranità alimentare. Una lotta che richiede consapevolezza, coraggio, persistenza e apertura al cambiamento perché una trasformazione radicale del nostro sistema alimentare non passa solo da fumo e trattori in strada. Noi non fabbrichiamo cibo, noi lo produciamo! Pagare il lavoro, non gli ettari!».
Intanto in Francia,
Youth for Climate, France Nature Environnement, Extinction Rebellion e
Soulèvements de la Terre hanno lanciato un appello dichiarando il loro sostegno alle proteste degli agricoltori.
«Noi, organizzazioni ecologiste, contadine e militanti che da decenni ci battiamo per un diverso modello di agricoltura, condividiamo questa rabbia e rifiutiamo il discorso dominante che vorrebbe fare di noi dei nemici – scrivono i movimenti – Abbiamo lottato contro gli accordi di libero scambio, per la sovranità alimentare e affinché ogni Paese e ogni agricoltore possa vivere della propria pratica agricola e mantenerla in vita, invece che sottometterla alla concorrenza internazionale.
Come consumatori e come attivisti, abbiamo sostenuto l’agricoltura contadina, abbiamo creato e promosso le Amap, i canali di distribuzione corti e l’agricoltura biologica, e ci siamo impegnati fino a mettere i nostri risparmi al servizio di nuove aziende».
«Molti di noi difendono oggi il principio di una previdenza sociale del comparto alimentare, un sistema di solidarietà tra consumatori e produttori che permetta a questi ultimi di vivere dignitosamente del proprio lavoro e di riprendere il controllo sulla nostra alimentazione.
È ingiusto e ipocrita che pochi agricoltori monopolizzino l’acqua a scapito di chi cerca di produrre diversamente. Le fattorie industriali contro le quali ci battiamo distruggono posti di lavoro nel mondo contadino ed esercitano una pressione sleale sui piccoli allevatori, che sono costretti a conformarsi o a chiudere bottega. E tutto questo va a vantaggio dei grandi gruppi, che li spingono verso allevamenti sempre più grandi, per poi acquistare i loro prodotti a prezzi irrisori».
I movimenti ambientalisti che hanno sottoscritto l’appello annunciano presìdi di protesta a fianco degli agricoltori in Francia.
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