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Ciò che è vivo – culture tour. Biodiversità di un orto

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Un’altra preziosa testimonianza dal viaggio di Emanuela Ascari, “Ciò che è vivo – culture tour”, che si è concluso con un successo fatto di condivisioni, empatia ed esperienza. Emanuela, artista, ha coniugato arte e mondo rurale. Insieme a lei e attraverso i suoi racconti e i racconti delle persone che ha incontrato, andiamo alla scoperta di saperi da condividere.
Remo Angelini è entrato in questo tour un po’ per caso, qualcuno mi aveva parlato di lui e indicato il suo blog, ma poi per giorni ci siamo chiesti come fossi arrivata lì. Perfetto! Gran divulgatore e conoscitore di equilibri e di processi, di piante, insetti, e delle loro connessioni, coltiva un orto laboratorio vicino a Bucchianico (CH) e sogna di progettare invasi temporanei per ripristinare la biodiversità in Abruzzo e muovere l’economia del territorio.
Parlare di biodiversità ed agricoltura oggi può sembrare una contraddizione in termini, visto l’uso sconsiderato di veleni e monocoltura che sta riducendo molti terreni agricoli a dei deserti con una sola specie di essere vivente, quella coltivata. Rendendo gli agricoltori praticamente schiavi dell’industria. Gran parte del fatturato di una azienda agricola serve a pagare mezzi agricoli, carburante, fitofarmaci, insetticidi, concimi e vari altri prodotti di diverse industrie. E già so che tanti agricoltori diranno che non possono fare altrimenti.
Ma nella mia esperienza non è così.
Come mai in un prato naturale raramente un parassita prende il sopravvento?
Come funziona un prato o un altro ambiente naturale?
Tante specie di piante crescono, producono semi che cadono al suolo, che poi vengono coperti dai residui morti delle piante che facilitano la germinazione dei semi e che una volta decomposti forniscono anche i nutrienti necessari alla crescita delle piante. Col tempo si forma uno strato di humus che non solo nutre le piante, ma che ospita un gran numero di specie di esseri viventi. Insetti, crostacei, miriapodi, anellidi, nematodi, funghi, per non parlare dei batteri.
Nelle terre coltivate questo strato vivente è stato in genere distrutto tanti anni fa con l’aratura e le diverse lavorazioni a cui si sottopongono i terreni agricoli. Disperdendo la maggior parte del carbonio contenuto nell’humus, ed anche buona parte dell’azoto, nell’atmosfera. Contribuendo più di quanto si possa pensare all’effetto serra.
Quindi il primo passo da fare, per contrastare sia l’effetto serra che la perdita di biodiversità è ristrutturare il suolo agricolo ricostruendo lo strato di humus. Già solo questo fa crescere piante più sane e diminuisce il bisogno di concimi e fitofarmaci.
In un prato ci sono tante specie di piante e di conseguenza tanti fitofagi diversi e tutta una popolazione di predatori e parassiti e parassitoidi che se ne nutrono. La rete complessissima di relazioni alimentari esistente fa sì che ogni anno le popolazioni degli esseri viventi siano più o meno costanti. Se si pensa che la maggior parte delle specie di insetti sono molto prolifiche, cioè fanno centinaia o migliaia di uova all’anno si capisce che il 99% dei nuovi nati viene predato perché di anno in anno le popolazioni restino costanti.
Ma un orto non è un prato, visto che ci piantiamo tante piante che sono una fonte di nutrimento molto maggiore delle piante spontanee. E che quindi attirano molti più fitofagi delle piante spontanee. Per ristabilire un certo equilibrio dobbiamo incrementare artificialmente la biodiversità. Possiamo sfruttare le diverse consociazioni tra piante coltivate che già si conoscono e sperimentarne di nuove. Poi possiamo piantare oltre alle piante che coltiviamo anche tante altre piante che servano ad aumentare la presenza soprattutto di quelle specie che si nutrono dei fitofagi. Per esempio ci sono molti parassitoidi e predatori di varie famiglie di insetti, come Tachinidae, Braconidae, Syrphidae, Bombyliidae, Ichneumonidae i cui adulti si nutrono di polline e nettare, quindi sono attratti dai fiori, mentre le larve si nutrono di vari fitofagi. Se non abbiamo i fiori giusti nell’orto anche in presenza dei fitofagi di cui si nutrono le larve gli adulti non verranno. Molti sono i fiori che possono essere utili, alcuni anche di piante coltivate che dovremmo lasciar fiorire come finocchi prezzemolo, carote, sedano, ruta, timo, rosmarino, salvia, basilico e varie altre. Ma poi possiamo anche lasciar crescere diverse “erbacce”, facendo un diserbo selettivo. Molte Asteracee (margherite e fiori simili) possono essere utili per attrarre tanti insetti utili. Ma più in generale qualsiasi pianta aggiungiamo all’orto, magari intorno o in siepi tra un aiuola e l’altra, e più aumentiamo anche la biodiversità animale. Io tendo ad utilizzare soprattutto piante autoctone, ma in un orto non è poi così importante. La maggior parte delle piante che coltiviamo non lo è, in un ambiente comunque artificiale come un orto possiamo anche coltivare piante ornamentali di altri ambienti con lo scopo di aumentare la biodiversità. La cosa importante da capire è che più specie diverse frequentano un orto e meno ogni singola specie potrà prendere il sopravvento. Può sembrare strano il voler incrementare le specie fitofaghe in un orto. Ma la maggior parte delle specie è abbastanza specializzata e non si nutre delle piante orticole che coltiviamo. I predatori invece sono in genere meno specializzati e si nutrono di più specie. Quindi se abbiamo tante specie diverse di fitofagi, di cui solo alcune sono quelle potenzialmente nocive, avremo anche tanti predatori che ne controlleranno il numero. Certo anche qualche esemplare di quelli nocivi sopravviverà, ma non diventeranno mai infestanti come in una monocoltura. Io in vent’anni che coltivo ho visto che con questo metodo i danni che ho subito raramente avrebbero giustificato il costo dei trattamenti. Certo le cose da imparare per coltivare un orto secondo natura sono molte di più di quelle che si possono raccontare in queste poche righe. Forse la cosa più importante da imparare è osservare e conoscere bene l’ecosistema “orto”: può facilitarci di molto il lavoro. Quasi sempre quando abbiamo problemi con parassiti vari possiamo risolverli semplicemente cambiando le condizioni ambientali.
Nel corso degli anni ho avuto modo di osservare diversi squilibri e ho adottato diversi stratagemmi per risolverli. Quasi mai ho fatto dei trattamenti, neanche biologici. E se a volte qualche coltivazione non è venuta bene ho sempre cercato di risolvere alla radice il problema. Cercare di capire dov’è che qualcosa non va e trovare un rimedio cercando quale anello della catena abbiamo spezzato e ripristinarlo in qualche maniera. A volte non è possibile ripristinare esattamente le relazioni esistenti in natura, ma possiamo, una volta capito come funziona per esempio la rete alimentare in un prato, cercare di ricrearne una simile nel nostro orto.
Tenterò un paragone: è come se studiassimo una metropoli con milioni di abitanti che svolgono ognuno un lavoro che serve a far funzionare la città, e quando qualcosa non va, cercare quale “mestiere” non viene svolto, e trovare qualcuno che possa ricoprire quel ruolo. Può essere un predatore di un parassita come una pianta che lo repelle, o un albero per creare un po’ più d’ombra in un orto troppo assolato e tanti altri accorgimenti per coltivare davvero “secondo natura”.
Alcune esperienze le racconto nel mio sito, QUI. E sto collaborando allo sviluppo di un database relazionale in grado di registrare tutte le relazioni esistenti in natura tra gli esseri viventi e tra questi e l’habitat in cui vivono. Si trova QUI.
Ma di fronte a quella che ormai viene definita la sesta estinzione dovremo impegnarci molto di più se vorremo avere ancora un futuro su questo bel pianeta.
Guarda la fotogallery
Puoi seguire Emanuela anche QUI

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