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Doveva essere bio, ma era ogm

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La Guardia di Finanza ha sequestrato quasi 2 mila tonnellate di soia finta biologica, con una concentrazione di ogm doppia rispetto al consentito. Aiab e Coldiretti chiedono controlli di filiera più serrati. E un marchio bio per il vero made in Italy
Il transgenico spacciato per biologico. Una coesistenza impossibile, che si fa realtà solo attraverso la criminalità e il malaffare. Nella giornata di ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 1.700 tonnellate di soia falsamente biologica, proveniente dall’Est Europa, con concentrazioni di organismi geneticamente modificati doppie rispetto al consentito. L’operazione è partita dal porto di Ravenna ed è seguita in altre città italiane.
“Seguiamo con attenzione gli sviluppi dell’operazione partita dal porto di Ravenna. Le truffe e le contraffazioni delle certificazioni biologiche danneggiano innanzitutto i produttori onesti e i cittadini/consumatori. Dalle notizie al momento disponibili il fenomeno sembra circoscritto a partite di soia importata dall’Est Europa accompagnata da false certificazioni biologiche” ha dichiarato il presidente nazionale di Aiab, Alessandro Triantafyllidis.
“La frode smascherata dalla Guardia di Finanzia di Ravenna” prosegue Triantafyllidis “ha messo in luce delle debolezze del sistema di certificazione che AIAB ha più volte sottolineato. Innanzitutto il problema delle materie prime importate, che coinvolge in particolare i prodotti che confluiscono nelle filiere zootecniche, come soia e orzo, o nelle lunghe filiere di pastificazione e panificazione. Rinnoviamo pertanto l’invito a stringere le maglie dei controlli agroalimentari lungo tutto la filiera, con particolare attenzione all’import”.   
“Il caso di Ravenna” conclude Triantafyllidis “solleva inoltre un altro problema: quello della soglia di tolleranza verso la contaminazione da OGM nei mangimi bio. Un problema sul quale, come associazione, ci stiamo confrontando da tempo e al quale stiamo rispondendo con  il progetto Garanzia AIAB di filiera, ovvero un disciplinare volontario con il quale attestiamo la biologicità e l’italianità di tutta la filiera di diversi prodotti come pasta e mangimi, assicurando inoltre la totale assenza di OGM in ogni fase della filiera”.
Anche la Coldiretti insiste sulla necessità di introdurre al più presto il marchio per il biologico italiano che possa rendere facilmente riconoscibile la produzione ottenuta con materia prima e standard nazionali, per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli sulla reale origine del prodotto acquistato.
Il marchio biologico in realtà è l’unico che allo stato attuale indica obbligatoriamente la provenienza (Italia, Ue, NOn Ue) del prodotto. Ma sui mangimi utilizzati dobbiamo chiedere qualche garanzia in più. Ed evitare di fare di tutta un erba in fascio: in Italia il biologico rimane il settore dell’agroalimentare più controllato.

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