La deforestazione, l’inquinamento, la cementificazione, ma anche l’agricoltura della chimica tossica sta distruggendo l’immenso patrimonio di biodiversità che era la ricchezza del Pianeta. Oggi, 22 maggio, si celebra proprio la Giornata internazionale della Biodiversità. Ma come tutelarla? Cambiando molti paradigmi, partendo da come trattiamo i suoli e come coltiviamo il cibo di cui ci nutriamo.
Un milione di specie animali e vegetali è minacciato di estinzione: una su otto, secondo i dati del rapporto IPBES. E una parte della responsabilità pesa sulle spalle di scelte agricole insostenibili: degrado della terra, coltivazioni a misura di macchine e non di natura, utilizzo di pesticidi che si accumulano negli organismi animali, minandoli e portandoli alla scomparsa. Ma l’agricoltura può fare altre scelte, e riportare nei campi coltivati piccoli mammiferi, uccelli e insetti dando un enorme contributo alla difesa della biodiversità. E assicurando contemporaneamente anche il valore economico agricolo: solo a causa della scomparsa degli impollinatori, sempre secondo il rapporto IPBES, dobbiamo aspettarci perdite di raccolti per un valore di oltre 577 miliardi di dollari.
Il biologico può fare moltissimo
Ma se l’agricoltura convenzionale fa parte del problema della perdita di biodiversità, un’altra agricoltura può rallentarla e anche curarla. Nei terreni biologici e biodinamici è possibile rilevare il doppio di specie vegetali rispetto a quelle presenti nei campi convenzionali, il 60% di avifauna e il 75% in più di chirotteri. La maggior parte degli studi effettuati in tal senso conferma questi dati. Le pratiche di agricoltura biologica e biodinamica favoriscono la fauna e la biodiversità microbiologica del suolo. Inoltre, contribuiscono a garantire e mantenere la diversità genetica delle piante coltivate e degli animali allevati.
In Italia una delle realtà ad aver costituito una filiera virtuosa del biologico, dal produttore alla vendita al dettaglio, è EcorNaturaSì, che conta su oltre 300 aziende agricole partner, dove oltre alla scelta del biologico e quindi all’eliminazione di pesticidi e fertilizzanti di sintesi, sono stati avviati negli ultimi anni progetti per facilitare lo sviluppo delle ‘infrastrutture’ verdi che permettono la vita di molte specie animali e vegetali da sempre legate all’agricoltura.
Esempi virtuosi
Così, all’azienda San Michele di Cortellazzo (Ve) sono tornati i barbagianni e la testuggine palustre europea. Nell’azienda Terre di Lomellina la coltivazione biologica e le tecniche agricole attente all’ambiente hanno permesso la ricomparsa di una specie vegetale che si credeva estinta, la felce Marsilea. Mentre alla Fattoria Di Vaira l’accento è stato posto sulla biodiversità agricola grazie a un attento lavoro di selezione di varietà di semi orticole e cerealicole adatte all’agricoltura biologica e biodinamica, in grado quindi di mettersi meglio in relazione con l’ambiente circostante, in particolare il suolo, per favorirne l’attività microbiologica.
“Sono passati parecchi decenni da quando Rachel Carson, una delle prime scienziate a parlare di ecologia e dell’impatto della chimica di sintesi sulle nostre vite, scrisse ‘Primavera silenziosa’, un saggio sulla scomparsa di uccelli e mammiferi dovuta alle pratiche di un’agricoltura distruttiva. Da allora ad adesso la situazione appare peggiorata, il ritmo dell’erosione della biodiversità è accelerato, e il tempo per recuperare è sempre più scarso”, dice Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì. “L’agricoltura biologica è tale solo se riesce a recuperare la fertilità dei suoli e la varietà della natura. È per questo che il nostro impegno nella tutela della biodiversità sta crescendo sia nelle pratiche agricole di tutti i giorni che nei progetti di ricerca a cui partecipiamo”. Ecco, in sintesi, alcune delle esperienze che hanno riportato i maggiori risultati nella difesa della biodiversità naturale e agricola:
Nel Veneziano sono tornate specie che erano in pericolo
L’azienda agricola biodinamica San Michele a Cortellazzo (VE), col suo progetto Biodiversità lanciato nel 2014 in collaborazione con EcorNaturaSì, ha visto ripopolare i suoi 143 ettari da 11 specie diverse di uccelli, in un’area precedentemente coltivata col metodo intensivo a mais e soia. Hanno trovato rifugio nei campi bio il barbagianni, il gufo comune e l’upupa, e ancora rettili come la testuggine palustre europea, mammiferi come la volpe, il tasso e gli scoiattoli.
Quest’anno sono tornati alla San Michele la ghiandaia marina e il picchio rosso maggiore. Un percorso che, secondo il responsabile del progetto biodiversità Fabio Dartora, “è andato al di là delle aspettative. Qui si registra sempre più una presenza faunistica difficilmente osservabile nelle aziende limitrofe. Non solo per il numero di specie, ma anche per la qualità della loro esistenza. Il percorso sulla biodiversità che stiamo facendo con EcorNaturaSì va in questa direzione, perché le aziende agricole diventino sempre più un luogo dove l’interazione della fauna con il paesaggio sia armonica ed equilibrata”, conclude.
In Molise preservati gli habitat
L’Azienda agricola Fattoria Di Vaira (Campobasso, Molise), che fa agricoltura biodinamica, si estende per circa 500 ettari e comprende otto laghetti collinari in grado di ospitare diverse specie di uccelli, preservando anche un habitat acquatico importante per l’agricoltura.
L’azienda sperimenta ogni anno circa 50 linee di cereali particolarmente resistenti ai cambiamenti climatici. Un successo in termini di biodiversità agricola, visto che su scala planetaria, la nostra alimentazione è basata solo su cinque piante alimentari e su una limitata disponibilità di varietà all’interno della stessa specie. Succede anche grazie al contributo della Fondazione “Seminare il futuro”, composta tra gli altri anche da EcorNaturaSì e Gino Girolomoni Cooperativa Agricola. Un gruppo di lavoro che ha iniziato a selezionare il frumento duro per tutelare le coltivazioni dagli effetti dei cambiamenti climatici e per ottenere piante adatte alla coltivazione biologica che garantiscano una buona resa in termini di granella e di paglia, grazie a un armonico sviluppo dell’apparato radicale, capace anche di influire positivamente nel bilancio del carbonio dell’azienda agricola.
Torna nel Pavese una varietà di felce considerata estinta
Marsilea quadrifolia
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L’Azienda Terre di Lomellina (Pavia) conta su vaste risaie bio, dove è tornata in prossimità della Garzaia della Rinalda, una specie di felce, la Marsilea quadrifolia, considerata estinta nell’areale risicolo di Piemonte e Lombardia dopo decenni di diserbanti chimici. Il progetto, che si chiama RisoBioVero, mette in collaborazione agricoltori, Università ed EcorNaturaSì per la messa a punto di nuove tecniche di produzione di riso bio e monitoraggio dei produttori contro le frodi. L’attenzione alla natura e alla terra, nelle mani di agricoltori sensibili, rappresenta una potenzialità enorme anche in termini economici: i parametri di produzione ad ettaro coltivato già solo dopo tre anni di sperimentazione hanno visto dei netti miglioramenti, con immediate ed evidenti ricadute in termini di sostenibilità economica delle aziende agricole.
Insomma, il biologico fa la differenza.