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Glifosato: Greenpeace si mobilita per lo stop al rinnovo dell’autorizzazione

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Dall’Italia alla Germania al Belgio, Greenpeace si mobilita per chiedere ai decisori politici di vietare l’utilizzo del glifosato: il 15 settembre la Commissione Europea e i rappresentanti dei governi nazionali hanno iniziato a discutere (e proseguiranno il 22 settembre) al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (SCoPAFF) il rinnovo dell’autorizzazione all’impiego dell’erbicida nell’UE, che scadrà il 15 dicembre. 
Glifosato: Greenpeace si mobilita per lo stop al rinnovo dell’autorizzazione
Dall’Italia alla Germania al Belgio, Greenpeace si mobilita con diverse iniziative per chiedere ai decisori politici di vietare l’utilizzo del glifosato: il 15 settembre la Commissione Europea e i rappresentanti dei governi nazionali hanno iniziato a discutere (e proseguiranno il 22 settembre) al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (SCoPAFF) il rinnovo dell’autorizzazione all’impiego dell’erbicida nell’Unione Europea, che scadrà il prossimo 15 dicembre. 
Greenpeace Italia, nello specifico, ha lanciato una  petizione per chiedere al governo di votare contro una nuova autorizzazione all’uso del glifosato, già rinnovata nel 2017. Come emerge da un  documento interno, infatti, la Commissione europea sarebbe intenzionata a concedere un ulteriore rinnovo, nonostante gli effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente associati all’impiego del glifosato. Lo SCoPAFF potrebbe essere chiamato a votare già il prossimo 12 ottobre. 
L’organizzazione ambientalista ha inoltre manifestato il proprio dissenso a Roma, con iniziative al Colosseo e al Parco degli Acquedotti, per mostrare simbolicamente i potenziali effetti del glifosato sulla biodiversità e sugli ecosistemi, mentre a Berlino, insieme ad altri gruppi ambientalisti, Greenpeace Germania ha consegnato al ministero dell’Agricoltura tedesco la petizione contro il rinnovo firmata da migliaia di cittadini. Nuove proteste sono attese questo lunedì in Belgio.
«Ben oltre un milione di persone hanno chiesto all’UE di vietare il glifosato già nel 2017 e stanno ancora aspettando una risposta. Silente anche il governo italiano, da cui  ancora non è dato sapere come intende votare», dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. «La salute pubblica e la tutela dell’ambiente vanno anteposti agli interessi privati di aziende come Bayer: questo pericoloso erbicida deve essere vietato una volta per tutte anche con il voto del nostro Paese». 
«Lo scorso luglio, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha reso nota la sua valutazione del rischio sul glifosato, riscontrando l’assenza di “aree critiche di preoccupazione” riguardo al suo impiego- spiega l’associazione ambientalista – Nel 2015, tuttavia, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva classificato il glifosato come «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani» e numerosi studi indipendenti hanno evidenziato diversi  effetti negativi del glifosato sull’ambiente e sulla salute umana. Questa settimana, inoltre, un  nuovo rapporto di Générations Futures ha rilevato che l’EFSA e l’ECHA (l’Agenzia europea per le sostanze chimiche), nelle loro valutazioni, non hanno tenuto conto di una serie di studi scientifici sugli effetti negativi del glifosato, mentre nel 2020 un  rapporto consultivo scientifico del Consiglio Superiore di Sanità del Belgio ha concluso che esistono prove sufficienti per vietare l’utilizzo dell’erbicida».
«La posizione favorevole della Commissione nei confronti del glifosato e il silenzio delle autorità italiane sono molto preoccupanti alla luce sia della letteratura scientifica esistente, sia della  normativa dell’UE sui pesticidi. Le decisioni sull’autorizzazione dei pesticidi devono rispettare il principio di precauzione e garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente. L’industria deve dimostrare che i prodotti immessi sul mercato non danneggiano la salute umana o animale o l’ambiente. In caso di incertezza sui rischi di danno, come nel caso delle conclusioni dell’EFSA, il diritto dell’UE e il principio di precauzione impongono alle autorità di regolamentazione di adottare misure di protezione, senza dovere aspettare che i rischi diventino manifesti».  

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