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Il pane? A Mondeggi si fa con le farine dei grani antichi

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La comunità che si è costituita intorno alla terra occupata e riportata a nuova vita a Mondeggi, in Toscana, coltiva grani antichi e da questi ricava la farina. Poi il “gruppo pane” prepara il pane, a mano. Un pane che ha veramente una storia da raccontare!
Mondeggi ha ormai una storia di mobilitazione per la terra condivisa e sostenuta da moltissime persone e il motto si uò riassumere in: “la terra è un bene comune”. Quindi occorre farsene carico, prendersene cura, salvarla anche dalle angherie e dall’abbandono. I ragazzi di Mondeggi hanno fatto e stanno facendo proprio questo
La loro bella storia la potete leggere QUI
Oggi sfornano anche il loro pane fatto con farine di grani antichi che loro hanno messo a dimora e coltivano.
«Dietro a questo pane c’è il lavoro di tanti, da chi progetta a chi guida il trattore per lavorare la terra, da chi raccoglie la legna per il forno a chi segue le prenotazioni, da chi lavora le farine a chi va ai mercati, da chi ci crede…a chi ci sostiene!» spiega Elena Bocelli, uno dei “fornai” di Mondeggi.

«A Mondeggi la gestione di molte attività è suddivisa in gruppi; il “gruppo pane” è uno di questi. Siamo in due, più tre aiutanti, che stanno sperimentando con noi cosa significa avere le mani in pasta. Panificare e impastare farine così dette non forti è l’inizio di una relazione nuova, diversa dall’antecedente con farine raffinate e industriali con cui la maggior parte di noi è stata cresciuta e nutrita. Presentano tempi e caratteristiche organolettiche e di lavorabilità completamente differenti. I grani antichi producono farine definite deboli, ma è proprio in questa debolezza che in realtà si cela la loro forza; risultano incontrollabili, non standardizzabili, così diverse le une dalle altre, e questo le mani che le lavorano lo sanno bene E’ necessario imparare a essere delicati e allo stesso tempo decisi. Decisi nel saper scegliere cosa fare, quando e come; sensibili nell’imparare a osservare i loro mutamenti; umili nel mutare le nostre azioni e le nostre scelte in base a ciò che vediamo e sentiamo sotto le mani. Cambia così  il modo di lavorare un impasto di farine di grani antichi: innanzitutto facciamo completamente a mano un impasto ad alta idratazione, con una percentuale di acqua sul 70-80%;  risulta quindi molto morbido e leggero, difficile da tenere in mano e che non tiene la forma da sola. Infatti al momento di fare la pezzatura dei pani gli facciamo fare l’ultima lievitazione nei cestini coperti da un telo e spolverati da molta farina, per far sì che il pane non si attacchi al telo. Il modo di lavorare è cambiato sostanzialmente da quando è venuto Nicola Supiot a Mondeggi per tenere un corso di panificazione, questa tecnica l’abbiamo poi fatta nostra e assimilata sempre meglio dopo il Raduno nazionale di contadini panificatori che si è svolto a settembre ad Ontignano: quattro giornate di scambio di saperi e tecniche tra panificatori che coltivano e panificano grani antichi. Quello che facciamo è lavorare l’impasto con continue pieghe e rimpacchettamenti e alternati a tempi di riposo, che permettono ai lieviti e batteri di lavorare e dare sempre più struttura all’impasto: questo anche grazie al fatto che ad ogni piega elimini materiale di scarto e rinnovi il nutrimento intorno alle cellule. In purezza o mescolate tra di loro queste farine trasformano le loro caratteristiche di reazione e di comportamento, e questa risulta essere una delle cose più interessanti: capire e scegliere come unirle in base all’effetto che vogliamo ottenere. Le variabili sono molteplici: la temperatura dell’ambiente, dell’acqua e  della farina, il clima ( umido, freddo, caldo, secco o ventoso), i tempi, e come non scordarsi del fuoco…poiché è essenziale conoscere perfettamente il proprio forno. Ritengo che un abile e buon panificatore, così come un buon contadino, è colui che ben si adatta e riconosce le caratteristiche dell’ambiente che lo circonda, e senza forzare sa usare gli strumenti che ha a disposizione per ottenere il risultato cercato».
I grani antichi
«Questo pane è fatto con varietà di grani teneri locali o antichi – prosegue Elena – Queste varietà hanno una resa produttiva inferiore ai moderni grani coltivati ma presentano delle caratteristiche nutrizionali e salutistiche nettamente superiori. Tra queste, molto importante è senza dubbio il minor contenuto e la diversità del glutine. Alla base di questa scelta vi è infatti la ricerca di un tipo di qualità che non si confonde più con il valore ‘tecnologico’ della farina, che risulta dalla rispondenza alle esigenze della lavorazione industriale, a cui possono associarsi sempre più diffuse problematiche alimentari come la celiachia. La coltivazione dei grani avviene con cicli triennali senza l’impiego di prodotti chimici, concimando i terreni mediante pascoli e sovesci e controllando facilmente le infestanti, data la maggiore altezza di queste varietà. Il primo anno abbiamo seminato 1,8 ettari con un miscuglio di 4 varietà locali (Verna, Frassineto, Gentil Rosso e Andriolo) e 0,7 ha con varietà Andriolo in purezza. Anche se i risultati sono stati abbastanza deludenti per il miscuglio dato che non tutte le varietà si sono ben adattate, l’anno successivo, grazie al contributo della Rete Semi Rurali, abbiamo seminato 5 ettari con buoni risultati. Oltre a riutilizzare le due tipologie di seme dell’anno precedente abbiamo sperimentato un altro miscuglio di 8 varietà locali ed una ‘popolazione evolutiva’ composta da centinaia di incroci di frumenti teneri di svariata provenienza. E così abbiamo fatto il terzo anno. L’obiettivo della sperimentazione è quello di far evolvere progressivamente la popolazione a partire da una ricchissima diversità, attraverso selezioni naturali ed incroci da cui risulterà un progressivo adattamento ai terreni, alle tecniche di coltivazione naturale e al clima in continuo cambiamento. Abbiamo scelto di fare un prodotto contadino partendo da materie prime di elevata qualità: il pane permette così di sostenere tutta una filiera che poggia sul lavoro sostenibile della terra».
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