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L’agricoltura che riporta i terreni alla fertilità

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L’agricoltura organica e rigenerativa rappresenta una (ri)scoperta importante in un momento in cui si assiste alla progressiva desertificazione dei suoli e alla necessità di riportarli ad una nuova fertilità.
A parlarci di agricoltura organica e rigenerativa è Matteo Mancini, coordinatore tecnico della Ong Deafal.
Qual è il valore aggiunto di questo approccio rispetto ad altro e quali le principali differenze?
«L’ Agricoltura Organica e Rigenerativa (AOR) è un insieme di discipline e di tecniche che prende il meglio dalle esperienze che sono state sviluppate in tutto il mondo negli ultimi 80-90 anni. E’ un approccio aperto, laico e permeabile, perché si dota continuamente di nuovi strumenti frutto dell’esperienza di agricoltori e tecnici di tutto il mondo. Forse, proprio nella continua sperimentazione e applicazione di nuove tecniche agricole, risiede il valore aggiunto dell’AOR rispetto ad altri approcci. Promuovendo l’innovazione, la formazione, la sperimentazione e lo scambio di esperienze tra tecnici, agricoltori e ricercatori, l’ Agricoltura Organica e Rigenerativa ha l’obiettivo di operare un cambiamento sociale attraverso un’agricoltura rispettosa delle persone e dei territori in cui queste vivono».
In che ottica può essere applicata la AOR e quale la sua utilità per il recupero dei terreni?
«Bisogna pensare che in Italia circa il 30% dei terreni presenta un livello di erosione superiore a 10 tonnellate di suolo all’ettaro, all’anno. Questo valore, 10 tonnellate, è impressionante, perchè corrisponde a due camion pieni di terra, che ogni anno viene dilavata dalle piogge in un solo ettaro di terreno e persa per sempre. Un altro dato allarmante è il contenuto di sostanza organica, che nel 75% dei nostri terreni è inferiore al 2%: si può parlare di suoli praticamente sterili. Per questo motivo è imprescindibile cambiare gli strumenti e le tecniche agricole che hanno portato a questa situazione disastrosa in pochi decenni. Crediamo che la rigenerazione dei terreni attraverso l’uso degli animali, dei compost, delle colture di copertura e di altre tecniche sia l’unica possibilità per produrre cibo sano».
E’ adatta sia per piccoli appezzamenti che per grandi appezzamenti?
«Certo, la scala è un fattore irrilevante, dal momento in cui l’azienda opera una riorganizzazione della logistica e dei mezzi di produzione».
Come si concilia l’AOR con i principi agroecologici dell’allevamento?
«L’AOR è applicata anche in zootecnia, usando anche in questo caso principi innovativi che permettono una rapida rigenerazione dei suoli e la produzione di foraggio di qualità per gli animali. Si cerca sempre di avvicinare l’elemento animale a quello vegetale prediligendo il pascolo durante tutto l’anno. In questo modo diminuisce la dipendenza da mangimi prodotti fuori dall’azienda e aumentano i ricavi per i produttori. E’ importante dire che il pascolo può essere potenzialmente molto dannoso per i suoli, per questo motivo usiamo tecniche di pascolamento razionale che sfruttano al meglio la sostanza organica delle deiezioni ed evitano il sovrapascolamento spostando velocemente gli animali tra le differenti parcelle dell’azienda».
Matteo Mancini, laureato nel 2005 in Scienze Forestali e Ambientali alla Facoltà di Agraria di Firenze, ha lavorato per quattro anni tra Messico, Mozambico, Brasile e Angola in progetti agricoli e forestali. Nel 2011 si è diplomato in Messico in Agricoltura Organica, Disegno Keyline e Cromatografia. Dal 2009 è coordinatore tecnico dell’ONG milanese Deafal (di cui è anche Consigliere) per la quale si occupa di formazione e assistenza tecnica in Agricoltura Organica e Rigenerativa. Lavora sia in Italia presso le aziende agricole che all’estero nei progetti di cooperazione allo sviluppo realizzati dall’ONG. Insieme ai colleghi di Deafal e a una estesa rete di produttori e tecnici studia e sperimenta sistemi innovativi di meccanizzazione appropriata. Nel 2015 è docente di agroselvicoltura all’Università della Tuscia.

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