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La Corte UE tira la volata agli ogm

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Proprio quando il Senato vota la mozione per impegnare il governo sulla clausola di salvaguardia, ecco che la Corte di Giustizia europea se ne esce con una sentenza che sdogana di fatto le semine illegali che il governo aveva bloccato e che la magistratura aveva sequestrato.
Proprio quando il Senato vota la mozione per impegnare il governo sulla clausola di salvaguardia, ecco che la Corte di Giustizia europea se ne esce con una sentenza che sdogana di fatto le semine illegali che il governo aveva bloccato e che la magistratura aveva sequestrato.
Le autorità italiane non possono imporre un ulteriore procedura di autorizzazione per la messa a coltura in Italia di mais ogm (il Mon810) già autorizzato dall’Ue in virtù di procedure comunitarie, e neppure sanzionare penalmente colui che non vi si adegua. Lo afferma un’ordinanza della Corte di giustizia Ue nell’ambito del procedimento penale a carico di Giorgio Fidenato, accusato di aver messo in coltura mais ogm senza previa autorizzazione nazionale. I giudici europei nella loro ordinanza ribadiscono che la messa in coltura di ogm quali il mais Mon 810, “non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione” in quanto l’impiego e la commercializzazione delle varietà autorizzate dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri dell’Ue. La Corte di giustizia europea precisa anche che uno Stato membro non può opporsi in via generale alla coltura sul suo territorio di Ogm, nel caso specifico il mais Mon 810, nell’attesa dell’adozione di misure di ‘coesistenza’ (tra produzioni biologiche e tradizionali da un lato e produzioni Ogm dall’altro) per evitare la presenza di organismi geneticamente modificati in altre colture. E questo in base all’articolo 26 bis della direttiva europea sull’emissione deliberata nell’ambiente di Ogm. I giudici europei ricorrono ad un ordinanza per rispondere alle domande pregiudiziali dei colleghi del Tribunale di Pordenone, nel procedimento penale a carico di Giorgio Fidenato, in quanto sulla stessa questione si sono già pronunciati nel settembre 2012, nella sentenza Pioneer Hi Bred Italia. Sentenza con cui hanno statuito il diritto a seminare mais Ogm autorizzato dall’Ue e affermato che le norme sulla ‘coesistenza’ non sono vincolanti per coltivazione in Europa. Fidenato è imputato dinanzi al Tribunale di Pordenone per avere messo a coltura nella primavera del 2010 una varietà di mais ogm Mon 810, senza avere ottenuto, per l’appunto, l’autorizzazione nazionale prevista dal decreto legislativo del 2001. “Una sentenza grave che rischia di aprire un pericoloso fronte per le coltivazioni Ogm in paesi come l’Italia che, attraverso un’apposita norma, impedisce la contaminazione da biotech e dove diversi pronunciamenti del Parlamento e la maggioranza dei cittadini si sono espressi contrari”. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, che critica l’ordinanza della Corte di Giustizia Ue. Secondo la Cia ora è indispensabile che il governo decida subito sulla clausola di salvaguardia contro gli Ogm per tutelare la qualità e la tipicità dell’agricoltura nazionale, ricordando che nei giorni scorsi in Senato è stato approvato un ordine del giorno con il quale s’impegna il governo ad adottarla rapidamente. “Una decisione importante – conclude la Cia – per tutelare la nostra agricoltura che non ha bisogni di Ogm che potrebbe essere inquinata da organismi geneticamente modificati a causa di sentenze come quella della Corte di Giustizia Ue”. “La Corte Europea ha commesso un grave errore di metodo e di merito”. Commenta Slowfood, attraverso i suoi avvocati. Invece di fissare un’udienza, spiega l’associazione in una nota, permettendo alle parti costituite nel processo e soprattutto allo Stato italiano di esporre le proprie ragioni, la Corte ha deciso senza contraddittorio; una mancanza che ha creato un equivoco circa la natura dell’autorizzazione che lo Stato italiano richiede al coltivatore. “Questa decisione ci preoccupa e ci fa riflettere su come provvedimenti così importanti per il futuro di tutti vengano assunti in maniera così discutibile e, parrebbe, approssimativa”, commenta Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, che invita i ministri di Agricoltura, Ambiente e Salute a dare attuazione, nel più breve tempo possibile, all’adozione della clausola di salvaguardia, così come sollecitato pochi giorni fa dal Senato. 

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