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La globalizzazione della povertà

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Abbiamo incontrato Vandana Shiva, una donna straordinaria che si batte attivamente per la salvaguardia della biodiversità naturale e alimentare.

Tornata a casa dopo gli studi all’estero, Vandana Shiva guardò nuovamente l’Himalaya: ricordava una montagna dalla natura rigogliosa che donava acqua alla popolazione dei luoghi, sempre riconoscente. Ma la Banca Mondiale decise di «aiutare» l’economia costruendo una grande diga sul monte sacro, che oramai appariva spogliato, impolverato, inquinato. Vandana Shiva così voltò le spalle alla fisica nucleare e scelse di impegnarsi nell’ecologia, o meglio, nell’ecologia sociale. Oggi, ci spiega come funziona la macchina della globalizzazione e come essa sta distruggendo l’economia, anche nel Nord del mondo.

Vandana, ci puoi spiegare che tipo di relazione intercorre tra la globalizzazione e la povertà nel Sud del mondo?
Nel Sud, molte persone vivono grazie alle risorse naturali. La globalizzazione modifica l’economia dei paesi attraverso un nuovo sfruttamento delle risorse presenti, guidato da grandi corporazioni che spingono l’alto consumo di tali «beni». In questo modo creano un sovraconsumo. La globalizzazione, inoltre, crea povertà danneggiando il sistema produttivo delle economie locali. Lo scorso anno è stata fermata una grande compagnia di punta che tentava di distruggere la Niyamgiri, la montagna segreta dei popoli tribali Dongria. Essa fornisce acqua alla foresta e ai suoi abitanti, ma rappresenta  anche un grande giacimento di bauxite. Aprendo una miniera a cielo aperto in questo luogo non sarebbe stata eliminata solo la morfologia, ma anche la natura, l’agricoltura e tutta l’economia locale, mentre le persone si sarebbero ritrovate a vivere in comunità prive di lavoro, acqua e cibo. Fortunatamente, grazie alle proteste dei tribali e all’intervento di numerose organizzazioni, nel 2010 siamo riusciti a bloccare la distruzione della Niyamgiri.

Ci puoi dare un altro esempio?
La globalizzazione tiene sotto controllo il mercato dei semi attraverso la Monsanto, che vende ogm in molti paesi del Sud. Creando affari sporchi con le compagnie delle sementi, la Monsanto fa sì che le stesse non possano vendere altro che semi ogm, con un prezzo del 7000% superiore (sic) a quelli delle colture locali. Le multinazionali, poi, si impossessano dei semi contadini, li analizzano e li registrano come loro brevetti. Così le fattorie sono costrette a spendere più soldi, e a utilizzare pesticidi. Questo ha portato al suicidio di 250.000 agricoltori in 5 anni. Sempre la Monsanto, dal 2002 al 2011 è riuscita a vendere il 95% dei semi di cotone ogm e lo scorso anno, nonostante una  grande protesta pubblica, ha introdotto la coltura della melanzana modificita. Ecco cos’è la globalizzazione: sono stati dati 4 miliardi di dollari all’agri-business degli stati ricchi per smantellare le agricolture dei paesi più poveri…

La versione completa dell’articolo con l’intervista integrale a Vandana Shiva è pubblicata nel numero cartaceo della rivista Terra Nuova – Novembre 2011 disponibile anche come eBook.


Clicca qui e guarda il video dell’intervista a Vandana Shiva.

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