Vai al contenuto della pagina

La permacultura e le 8 forme di capitale

homepage h2

L’approccio della permacultura può essere applicato per creare valore nella totalità della vita. Non lo sospettavate? Scopriamo come.
Adattamento da un testo di Chris Martenson e Ethan Roland. Pubblicato per la prima volta da Peak Prosperity. Traduzione di Giuliano Coffey e Marta Valota
Chris Martenson è economista e co-fondatoe di Peak Prosperity, Ethan Roland è un insegnante e un permacultore, ideatore insieme ai suoi partners della Appleseed Permaculture; ricercatore nella Hudson River Valley, ha studiato e praticato il design rigenerativo nel mondo, dalle foreste in Kazakhstan all’ecosistema tropicale in Thailandia.
Nella visione di Chris e Ethan, «l’etica della permacultura (cioè come i sistemi dinamici operano naturalmente e possono lavorare in raccordo con altri sistemi) si utilizza per disegnare modelli che creino prosperità».
Insomma: “costruire resilienza” in modo intuitivo e comprensibile.
«Vi siete mai interrogati sulla resilienza e su come aumentarla nella vostra vita?» afferma Martenson. «Cosa può insegnarci la permacultura a proposito della resilienza? Molto. Forse tutto».
«Noi ci siamo chiesti cosa stavamo scambiando, cos’altro si stava muovendo tra noi mentre ospitavamo corsi, mentre facevamo progetti di permacultura, mentre lavoravamo per accrescere il business nel mondo – interviene Roland – non era solo denaro quello che stava fluttuando, era anche capitale sociale. Era lo scambio di influenza e connessioni tra la gente. Era la crescita del capitale intellettuale dal momento che imparavamo nuove cose, nuovi modi di fare design, nuovi programmi informatici, nuove soluzioni. Noi accrescevamo il nostro capitale intellettuale già dal momento in cui pensavamo a queste nuove cose e poi le traslavamo in esperienza vissuta e perciò l’abbiamo chiamato “capitale dell’esperienza”. Appena iniziammo a vedere questo flusso, abbiamo notato che tutti in realtà si stavano occupando del capitale finanziario, come se fosse l’unica forma di capitale, ma si sa che noi non possiamo nutrirci né di denaro né di oro. Quindi ci rendemmo conto che effettivamente la reale base per la vita, per la sopravvivenza umana e la convivenza era il capitale vivente. Era il cibo che mangiavamo, l’acqua che bevevamo e l’aria che respiravamo data dagli alberi e le piante attorno a noi. Quindi questo capitale vivente è effettivamente la base da cui dipende la vita sulla terra. Il capitale vivente può essere a volte trasformato, estratto e reso capitale materiale. Il capitale materiale è assolutamente importante per il lavoro e la sopravvivenza, io siedo su una sedia fatta di capitale materiale. Il mio computer è capitale materiale. Quando sto costruendo una casa o una cucina all’aperto sto usando legno e sassi e anche queste sono forme di capitale materiale. E così realizzammo che il capitale finanziario è un mezzo di scambio, ma che c’erano anche altre forme di scambio. La gente stava commerciando in capitale sociale per poter avere un supporto nella costruzione del proprio capitale materiale, per accrescere più efficacemente il capitale vivente sulla loro terra».
«La settima forma di capitale è chiamata capitale spirituale. E questo può essere coltivato dagli individui e diverse persone hanno esperienze differenti di carattere spirituale. Alcune persone la chiamano fede. Alcune religioni hanno addirittura un sistema ben definito di capitale spirituale che può essere accumulato nel corso della vita o di più vite come concetto di calma. Alcune tradizioni spirituali indigene adducono che quando gli umani nascono in questo mondo hanno un grosso debito spirituale, un debito verso la realtà, verso tutto ciò che vive ed è sacro e meraviglioso, quindi la maggior parte della gente vive per ripagare questo debito impegnandosi nel modo più bello. E tutti questi tipi di capitale sono capitali che gli individui possono accrescere dentro di sé. L’ultima forma di capitale che abbiamo nominato e articolato è l’unica che può essere governata e accresciuta da un gruppo di persone, da una comunità.
Questo è chiamato capitale culturale. Il capitale culturale è l’abilità di un gruppo di persone di iniziare una cerimonia insieme. Di condividere storie, miti e canzoni. Assistiamo alla degradazione e degenerazione del capitale vivente nel mondo contemporaneo come risultato di un’agricoltura industriale, ma, come risultato dello sviluppo del capitale finanziario e materiale, anche il capitale culturale si sta erodendo. Così mentre stiamo perdendo specie di piante e animali ad una velocità allucinante, perdiamo anche lingue e culture.
Vediamo così che l’odierno sistema globale è basato solamente sul capitale finanziario che opera estraendo capitale vivente e culturale dal territorio e lo trasforma in capitale finanziario volatile».
Martenson richiama poi le differenti situazioni e reazioni in Usa e in Giappone a seguito di disastri ambientali, reazioni diverse che indicano capitali culturali diversi. «A New Orleans dopo l’uragano Katrina scoppiarono omicidi, saccheggi, stupri, miserie. Da ciò si deduce che il capitale culturale era scarso. Dopo lo tsunami in Giappone, che fu migliaia di volte più distruttivo in termini di morti e di danno complessivo, non ci sono state storie di saccheggi o altri tipi di violenze. Questo può essere considerato un esempio di cultura differente, ma con un maggiore capitale culturale resiliente. Il Giappone ha dovuto confrontarsi con questo tipo di catastrofi naturali per molto tempo. Vivono in un territorio molto attivo del mondo e hanno una cultura molto antica».
Roland precisa come «le 8 forme di capitale non costituiscano un modello di per sé, ma più una cornice». «Un modello fornisce le risposte e prescrive cose certe per situazioni precise, mentre una cornice agisce più come lente attraverso la quale possiamo guardare per osservare, capire e approfondire nuovi modi per conoscerci. Di base tutti hanno nel loro passato prossimo una riserva di capitale culturale. Ma tante persone nel cosiddetto mondo sviluppato sembrano aver perso la connessione con esso. Nello sviluppo dei sistemi di permacultura c’è un invito a guardare indietro nel tempo per capire quale è stato il capitale culturale, cosa ha fabbricato questo posto e se il posto in cui viviamo e la nostra gente ha vissuto ci ha mantenuto veramente vivi e resilienti. Guardando indietro, non necessariamente ripetendo quello che è successo, si possono trovare nuove ispirazioni, nuovi percorsi così come abbiamo fatto nel giardinaggio guardando alle pratiche indigene di gestione del territorio. Guardando nel nostro passato culturale troviamo storie, canzoni e vari pezzi di sapere che potrebbero essere molto utili anche oggi dal momento che i nostri antenati sono sopravvissuti a tempi duri col risultato di averci fatto diventare quelli che siamo oggi».
«Io investo migliaia di dollari all’anno in capitale vivente, ma non la considero una spesa bensì un investimento nonostante io stia trasformando il denaro in una forma meno spendibile. Credo comunque che il mio investimento restituirà una grande rendita con benefici che il sistema finanziario, dal canto suo, non prende in considerazione. Nel piantare alberi di castagne, che possono vivere fino a 200 anni, fornisco una grande quantità di cibo ricco in proteine e lieviti per ogni ettaro di terra, senza la necessità di fertilizzanti, quindi non dovrò nemmeno comperare il compost, in più ogni albero potrà generare altri mille alberi. Credo proprio che si possa fare una distinzione ora tra resilienza e rigenerazione. Il libro che ho scritto con Gregory Landua si intitola Regenerative enterprise (Impresa rigenerativa), illustra le otto forme di capitale ed utilizza questa cornice come base per sviluppare una più integrale definizione di rigenerazione, sostenibilità e resilienza. La distinzione che preferisco è quindi questa: se pensi ad una progressione dalla degenerazione (o degrado) alla rigenerazione, cosa immagini ci sia nel mezzo?».
Martenson propone la nascita, Roland indica la sostenibilità, «perchè in questo caso si sostiene un sistema, non vi si reca danno, nel senso che non viene degenerato un sistema». «Ma non basta certo aspirare alla sostenibiltà con il sistema in cui ci troviamo – prosegue – non possiamo sostenere il caos climatico, non possiamo sostenere il picco del petrolio a livello mondiale. Dobbiamo fare ora un passo oltre la sostenibilità ed avviarci alla rigenerazione. E la rigenerazione consiste nell’accrescere e risanare gli ecosistemi ed i sistemi culturali in cui viviamo. Per questo vedo la resilienza non tanto come un obbiettivo da raggiungere ma come un punto di partenza necessario per eventualmente avviarmi alla rigenerazione del nostro ecosistema e sistema culturale consumati».
Martenson insiste poi sull’importanza del capitale intellettuale nell’era di internet. «Oggi puoi ottenere tanto capitale intellettuale in così poco tempo come in nessuna altra epoca storica. Per quanto riguarda il capitale spirituale, la mia interpretazione consiste nel conoscere meglio me stesso e la mia identità più interiore e diventare un individuo più comprensivo e meno reattivo, questa è stata per me un’area di crescita molto importante. Il capitale sociale è ovviamente e incredibilmente importante e credo che molta gente lo sottovaluti».
Ora, come aggiunge Roland, ciò che serve «non sono più singoli passi ma un intero percorso». «Quindi, dal momento che ci occupiamo di design in permacultura e la permacultura cerca di imitare gli ecosistemi e capire come questi funzionano, quando progetto una fattoria, un edificio o un portafoglio finanziario cerco di imitare l’ecosistema in cui vivo e cercherò di renderlo più resiliente. Ciò che si può fare è lavorare in un gruppo di persone o addirittura in attività diverse e si può progettare coscientemente non obbiettivi personali, ma interi ecosistemi o ecologie con un comune obbiettivo. All’interno di questi si può pensare che ogni persona, o ogni impresa, si specializzi nello sviluppare una particolare forma di capitale che poi condividerà col resto del sistema. Non necessariamente ognuno sarà così bravo da sviluppare tutte le otto forme di capitale, ma se si riesce a trovare una forma organizzativa che interconnetta funzionalmente le persone, allora ci si può sostenere vicendevolmente e non sarà troppo impegnativo per i singoli individui, in questo modo i capitali possono venir accresciuti all’interno del sistema e condivisi, in questo modo si creerebbe una rete di relazioni molto più resiliente rispetto ad ogni singolo individuo o impresa».
Interessante l’esempio che Roland ci regala.
«Immaginiamo di gestire una permacultura di piante di mele, per una proprietà con una dimensione principalmente locale, non importa se sono 100 o 1000 ettari; voglio comunque che la gestione sia sostenibile grazie alle risorse presenti in loco. Quindi ci sono sicuramente oltre agli alberi di mele, anche quelli di castagne e i pannelli fotovoltaici e sistemi di raccolta dell’acqua. Ma non potrò rifornire clienti che distino più di 100 km, altrimenti sarebbero troppo lontani; questa permacultura dovrà quindi crescere in franchising in modo che ci siano piccole permaculture di mele sparse in tutto il mondo che forniscano zone di estensioni relativamente piccole. Un’altra attività a cui stiamo lavorando riguarda corsi per supportare principalmente lo sviluppo agricolo della permacultura».
Roland e Landua hanno poi iniziato a contattare aziende interessate a rivedere la loro intera catena di fornitura. «C’è una compagnia di cosmetici internazionale con cui stiamo lavorando che spende ogni anno milioni di dollari per la distribuzione delle materie prime; dai mirtilli al burro di cacao, dall’olio di jojoba alle ananas, attorno al mondo per creare dei prodotti di eccellente qualità. Ecco che finalmente hanno deciso, grazie ai nostri consigli, di destinare fondi a permaculture resilienti, siano queste delle fattorie o delle comunità nel mondo. Così facendo, miglioriamo il capitale umano nei luoghi delle permaculture e contemporaneamente rendiamo più resiliente la catena di fornitura della compagnia, perchè quando arrivano l’alluvione o la siccità o il terremoto, i luoghi e le comunità con capitale intellettuale intatto e pensate secondo la permacultura, resisteranno meglio essendo più resilienti».
Roland e Landua hanno anche articolato principi che possono aiutare a scegliere alcune impostazioni generali. «Credo che il primo sia quello che chiamiamo inter-educazione, una istruzione diversa da quella in cui si è specializzati. Ad esempio, se sei un manager finanziario e sai tutto di mercato azionario ed obbligazioni, potresti fare un corso su flora e fauna oppure cercare di immergerti nella natura oppure potresti fare un corso riguardante attività più fisiche. Oppure potresti anche andare per un anno in una fattoria per capire come l’ecosistema e il capitale vivente funzionino. Invece se sei un attivista bravissimo ad organizzare la gente e stimolare il capitale sociale e culturale, ti sarebbe molto utile un corso di economia. Per questo credo che il passo più importante da fare sia iniziare ad educarsi».
E Roland sollecita la nascita di “imprenditori resilienti”. «Se si riveste un ruolo imprenditoriale, ci si deve relazionare anche col capitale vivente e occorre accrescere la salute degli ecosistemi. Attraverso la permacoltura e sistemi di gestione olistici, occorre riparare la qualità della terra, riparare l’ecosistema e in qualche modo riportare la terra ad una destinazione produttiva».
Si rivolge poi ai giovani: «Vedo questa predisposizione nei giovani e credo di poter dare lloro un avvertimento utile: il capitale finanziario di per sé non è malvagio, è solo uno strumento, è solo il percorso attraverso cui creare il mondo che vuoi. Questo è un argomento fondamentale quando lavoro con le giovani generazioni». «Molte persone intelligenti e brillanti in cima della catena di comando iniziano a prendere coscienza della scarsità di risorse e della minaccia procurata dalla fragilità di molte forme di capitale. Così notiamo sempre più gente in questo mondo imprenditoriale che rapidamente si adatta a ciò che sperimenta e vuole ripensare le proprie attività secondo le logiche della permacultura. Questo è un movimento molto eccitante, sembra un’onda che arriva e io spero che qualcuno di noi possa cavalcarla bene al punto di trasformarla in una bellissima opportunità».

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!